Capo e leader: due ruoli gemellari

Capo e leader: due ruoli gemellari

In occasione del workshop “Leader Perché” io e il mio collega Carlo De Rosa ci siamo chiesti: a quale funzione risponde il capo e a quale il leader? Le risposte: il capo risponde a bisogni di sicurezza, di guida, di direzione in situazioni di forte gap di esperienza e conoscenza. In sostanza quando è fondamentale ricevere la ricetta per fare bene o per risolvere un problema. Il leader viceversa non offre ricette: propone una prospettiva, una visione, incarna un modo di essere che agevola la ricerca di una soluzione appropriata, specifica, che abbia senso in una situazione in forte evoluzione. La ricetta è il percorso, non la soluzione.

Questo è apparso come lo spartiacque fra i due mestieri. Anzi fra diversi mestieri, antichi ma tuttora diffusi (il docente, il consulente, l’avvocato, il medico, il capo) e alcuni nuovi, meno numerosi: il leader, il Coach.

È evidente che non vi è nulla di sbagliato a praticare il vecchio mestiere, a certe condizioni e in certe situazioni.

Ci siamo ancora chiesti: perché il termine capo suscita spesso antipatia, evoca un abuso di autorità, più che il rispetto di una autorevolezza? Forse perché oggi le sfide e i problemi più critici che abbiamo di fronte hanno soluzioni diverse da quelle consolidate, derivano da nuove opportunità e nuove risorse, quindi poco note nel loro funzionamento e nei loro effetti. O forse perché ci stiamo abituando (abusivamente?) a un mondo in cui la conoscenza è distribuita e accessibile a tutti…

In definitiva è richiesta una qualità rara e difficile: duttilità. Saper passare dal vecchio approccio (utile in moltissimi casi) al nuovo, dal ruolo dell’esperto a quello del ricercatore, dal ruolo del decisore a quello del co-decisore. E viceversa: saper passare dal ruolo maieutico del facilitatore a quello di testimone della propria esperienza. Due ruoli diversi ma gemellari.

Difficile ma possibile: purché si accetti un po’ di disagio e incertezza, si attivino capacità di ascolto e attenzione a se stessi e all’altro in proporzione molto maggiore che nella vecchia interpretazione.

Difficile, come ogni cambiamento, ma fattibile con la disciplina e l’allenamento nella pratica. E utile, se non necessario, sempre di più.

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