L’esercizio disfa il potere (nei team)

L'esercizio disfa il potere (nei team)

Seduti in cerchio, senza ostacoli fisici che si frappongono, i componenti di un Team si cimentano spesso nell'esercizio di dis-fare il potere che praticano tra di loro e con altri, in quasi tutti i momenti professionali (e non?) della loro giornata.

L’esercizio del dis-fare il potere prende il via  da una componente che rappresenta la base stessa del potere. La relazione.

Per la messa in esecuzione  di qualsiasi forma di potere l’elemento essenziale è che esista una forma di relazione tra due o più attori. Senza  questa relazione il potere non può essere azionato. Di fatto non esiste.

La relazione in essere può avere  varie frequenze  e diversi gradi di prossimità e intensità. Spesso sono sufficienti relazioni puramente formali determinate dalla collocazione organizzativa tra un attore e l’altro per far sì che si attivi una dinamica di potere. Per esempio il capo di una struttura internazionale, distribuita su molti territori, pur senza conoscere molti dei suoi collaboratori può esercitare potere, ovvero indurre comportamenti ad altri attori facendolo da “remoto”. 

Questa modalità “organizzativa” dell’esercizio di potere può essere ricondotta alla disponibilità di risorse che al capo vengono attribuite appositamente per questo esercizio. Sono risorse materiali (denari, strutture etc) ma anche immateriali (sistemi di valutazione, di ricompensa, di promozione etc).

Invece nelle relazioni frequenti, dirette e reciproche, le modalità comportamentali di uno o più attori possono indurre comportamenti più o meno prevedibili negli altri. E viceversa. Ecco così che la pratica il potere può assumere una modalità di gioco e di rimessa, di botta e risposta che si appoggia comunque su una forma di relazione più intensa, ripetuta anche se non necessariamente diretta ed esplicita.

Ci sono anche forme di applicazione del potere sostenute e, perché no, determinate da condizioni di ambiguità e/o di incertezza. La mancanza di informazioni affidabili sulle risorse disponibili oppure di un modello certo e condiviso di relazione causa-effetto lascia spazio ad un ampio e spesso corposo esercizio di potere.

Ma nei Team – i cui componenti sono sono appunto soggetti a dinamiche di potere – come prende corpo e quale ruolo svolge l’esercizio del potere? È compatibile ed in che forma con l’efficacia e l’efficienza del Team?

In ogni percorso di Team Coaching che ho avuto la fortuna di guidare tutte le forme di potere sommariamente descritte in precedenza erano non solo presenti, ma addirittura plasticamente visibili. Lo erano nella disposizione fisica delle persone in ragione delle distanze che ciascun membro di assicurava di avere rispetto all’altro. Lo era nel verbale, attraverso la costruzione della propria rappresentazione e la rielaborazione, la sottolineatura, la contestazione/confutazione dell’opinione altrui. E lo era nella ricerca del consenso fatta attraverso lo sguardo o il mancato sguardo, attraverso il gesto o attraverso forme di ironia assai poco ironiche.

La lettura di queste dinamiche è determinante per valutare lo stato evolutivo del Team. La migliore approssimazione di quanto lavoro ci sia da svolgere nella fase iniziale di  un progetto di Team Coaching è rilevare quanto sia (in)consapevolmente frequente ed assiduo l’esercizio del potere. E per farlo oltre a conoscere attraverso gli incontri individuali preliminari e lo studio della documentazione organizzativa, serve l’osservazione attenta del non verbale, del verbale e del paraverbale messo in campo da ciascun componente del Team.

Dipendente dalla relazione, il potere è come se diventasse visibile una volta che il processo avanza. Diventa quasi fisico, riconoscibile e progressivamente riconosciuto da un numero crescente di componenti del Team. Quando questo accade lo si può finalmente dis-fare, trasformandolo in oggetto di dialogo all’interno del Team.

Anche qui come nell’intero processo del Team Coaching, gli attori protagonisti sono solo ed unicamente i componenti del Team ed il Team stesso mentre il ruolo dei Coach è quello di stimolare il dialogo. Esso diventa lo strumento di vero e proprio “dis-facimento” dell’esercizio di potere.

L’attivazione del dialogo sui temi che rendono praticato il potere ha l’effetto del sole sulla neve: lo scioglie e rende gli elementi relazioni sottostanti visibili e dunque finalmente gestibili in un’ottica evolutiva. Elementi che per altro sono di grandissimo valore in termini di investigazione ed elaborazione da parte del Team. 

Attraverso questo processo vengono resi espliciti non solo i modelli comportamentali in essere, ma anche le loro determinanti sia organizzative che personali. Si aprono i confronti costruttivi sulle fonti di ambiguità ed incertezza che condizionano l’esercizio comportamentale dei membri del Team e del Team nel suo insieme. Si disvela quanto e come gli stessi modelli comportamentali consolidati siano cause determinanti di esercizi di potere, quanto invece sia fruttifera la ricerca comune di modelli alternativi spesso già presenti e sperimentati nell’esperienza collettiva del Team. 

Più il processo di dis-facimento delle dinamiche di potere prende piede all’interno del Team, più lo sviluppo delle competenze comportamentali diventa agile e finalizzato agli obiettivi comuni. Si alleggerisce, si sgrava  del peso dell’esercizio del potere e rende funzionale la rete di relazioni all’interno del Team allo sviluppo di nuove soluzioni finalizzate e all’apprendimento che nasce dalla loro messa in opera.

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