Selezione HR e competenze comportamentali: Intervista a Monica Ferrario

Selezione HR e competenze comportamentali: Intervista a Monica Ferrario

Quanto contano le competenze tecniche? Quanto contano le competenze comportamentali nel processo di selezione del personale? L'abbiamo chiesto a Monica Ferrario, Head Hunter in Kilpatrick Group SA.

Nella scelta delle dei profili da presentare alle aziende quanto contano secondo lei competenze tecniche e quanto le competenze comportamentali?

Le aziende, nel tempo, sono diventate molto esigenti nella scelta dei candidati e ciò è dovuto alla crescente complessità del mercato e del business negli ultimi anni. L’attenzione, quindi, verso le competenze comportamentali cresce e va di pari passo con le competenze tecniche. L’attenzione superiore verso le une piuttosto che le altre dipende dalla tipologia di profilo ricercato. È importante riconoscere che le competenze comportamentali assumono un peso determinante nella scelta dei candidati, dando per sodato che ci siano solide competenze tecniche. 

Negli ultimi anni si nota la tendenza da parte delle organizzazioni, coinvolte in processi di ristrutturazione o innovazione dal punto di vista digitale, a concentrarsi sullo sviluppo e ad attrarre candidati che possiedano uno spirito imprenditoriale, un forte orientamento all’innovazione, curiosità e coraggio, perseveranza e una predisposizione allo sviluppo tecnologico e al “digital mindset”. Queste ultime sono competenze che in parte si “allenano” e che in parte si acquisiscono grazie allo sviluppo e la formazione. 

Dalle organizzazioni multinazionali ai contesti imprenditoriali fino alle start-up, per continuare a crescere richiedono che le competenze comportamentali sia più evolute rispetto a quelle tecniche. Si pensi all’assunzione del rischio e la presa di decisioni. Anche l’intelligenza emotiva in futuro avrà un peso preponderante nella scelta dei candidati. Susan David parla nel suo ultimo libro di Agilità Emotiva, termine che sintetizza l’evoluzione dei nostri tempi.

Quali sono secondo lei le connessioni tra il lavoro del Business Coach e quello dell’Head Hunter?

Esiste una sottile connessione tra il lavoro del Business Coach e quello dell’Head Hunter. L’HH cerca un profilo che possieda determinate competenze, mentre il Business Coach punta ad allenare i comportamenti che determinano certe competenze su obiettivi prefissati. Di fatto, però, sono pochi i casi che conosco di stretta collaborazione tra società di Head Hunting e Business Coach. È auspicabile che in futuro potenziali alleanze si strutturino maggiormente con programmi di sviluppo e sinergie funzionali allo sviluppo del business di un’organizzazione.

Quali sono dal suo punto di vista le competenze comportamentali più ricercate per i ruoli manageriali e di Executive? 

Le competenze comportamentali rilevanti per ruoli manageriali ed executive, oltre alla leadership, si evidenziano competenze cruciali quali:

•Creatività

•Orientamento all’innovazione e all’internazionalizzazione

•Pensiero critico

•Capacità di problem solving strategico

•Empatia e influenza sociale

•Intelligenza emozionale

•Flessibilità e adattabilità 

•Coaching e sviluppo dei collaboratori

•Senso etico

Tali competenze sono necessarie per rispondere a un mercato in rapida evoluzione e costituito da business che evolvono anche a livello internazionale. Le aziende hanno bisogno di persone capaci di tollerare l’incertezza e di far fronte a cambiamenti organizzativi di business in costante evoluzione. Il cambiamento non deve spaventare ma essere colto come una sfida e opportunità di crescita per le persone.

A ciò si affianca anche la consapevolezza per le persone di “dover” far fronte al cambiamento e per affrontarlo è fondamentale scegliere il coraggio piuttosto che il comfort e scegliere ciò che è realizzabile.

Le aziende devono iniziare a porre una forte attenzione nei confronti dei collaboratori dal loro inserimento in azienda, con specifici programmi di induction, fino al loro sviluppo nel corso della carriera professionale.

Il successo delle organizzazioni viene determinato dalle persone che le compongono e dalle opportunità di crescita personale nel corso della loro vita professionale.

Nel mondo lavorativo contemporaneo, con il progredire tecnologico, quali sono le competenze da tenere d’occhio?

La tecnologia e la digitalizzazione sono temi che le organizzazioni, modernamente strutturate, non possono trascurare.

Si parla molto di competenze digitali e di come sviluppare tali competenze una volta “mappate” all’interno di un contesto aziendale.

Nel mondo lavorativo contemporaneo si assiste da un lato a un’accelerazione dei processi di digitalizzazione e dall’altro si evidenziano dei gap individuali da colmare.

La tecnologia da sola non basta per ottenere vantaggio competitivo, ma occorre sviluppare competenze digitali per integrarla con le pratiche di lavoro e la cultura aziendale. 

Se pensiamo alle competenze digitali tecniche vengono prese in considerazione:

1- big data e analytics, l’insieme delle competenze nella gestione e nell’analisi di grandi volumi di dati;

2- digital security, l’insieme delle competenze nella progettazione di sistemi di cyber security per la protezione dei dati aziendali; 

3- mobile application, l’insieme delle competenze nello sviluppo di applicativi mobile per i consumatori o per i dipendenti;

4- progettazione  piattaforme web, l’insieme delle competenze grafiche di web design;

5- intelligenza artificiale, l’insieme delle competenze nel cognitive computing, nel natural language processing e nel machine learning;

6- user experience design, l’insieme delle competenze nella progettazione di nuove esperienze di navigazione e di fruizione dei contenuti.

Mentre per quanto riguarda le digital soft skill è interessante capire come l’evoluzione tecnologica stia rivoluzionando il modo di concepire alcune competenze:

digital mindset ,da intendere come l’attitudine allo sviluppo un mindset disponibile ad adattarsi ai frenetici ritmi imposti dalla trasformazione digitale;

digital literacy, ossia la confidenza nell’uso dI strumenti digitali per lo svolgimento del proprio lavoro. 

•pensiero agile, l’attitudine ad adattarsi a mercati fluidi e dinamici. Il pensiero agile implica la propensione al sapersi adeguare in strutture organizzative flessibili;

•knowledge networking, ossia l’abilità nell’identificare, recuperare, organizzare, capitalizzare e condividere il patrimonio di informazioni all’interno di reti e comunità virtuali;

digital team working, ossia la capacità di lavorare in modo produttivo, di stimolare l’engagement tra colleghi e di prendere parte attiva a un team anche da remoto;

•problem solving, da intendere come la capacità di risoluzione di problemi complessi attraverso l’utilizzo di strumenti digitali;

•digital creativity, ossia l’abilità nella creazione e nella modifica di nuovi contenuti digitali, integrando ed elaborando anche conoscenze pregresse;

•approccio all’errore, da intendere come l’abilità di saper  reagire agli errori e al fallimento, intesi come momenti costruttivi per la strutturazione di nuovo know-how;

•abilità sociale e digital influence, l’abilità nel saper influenzare il pensiero e il comportamento altrui attraverso l’utilizzo dei canali digitali.

Anche se non si è “nativi digitali” è fondamentale allenare un mindset digitale e per fare ciò tornano in campo le classiche competenze comportamentali. Per realizzare tutto ciò è bene che le giovani generazioni diventino dei Mentor nelle organizzazioni.

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