Possiamo prepararci all’autunno 2020?

Possiamo prepararci all'autunno 2020?

Da tempo si dice che nel business contemporaneo bisogna prepararsi all'ignoto e al cambiamento. Dobbiamo allenarci su competenze come la resilienza, la creatività, apprendere costantemente, pronti a cogliere il nuovo. Il mondo cambia velocemente e bisogna adattarsi, mettere in pratica uno stile manageriale diverso, appropriarsi di nuovi strumenti tecnologici a disposizione e tanto altro ancora. Chi è troppo rigido o troppo lento rimane indietro. Sempre di più sono i professionisti che vanno in pensione prima del tempo semplicemente perché non riescono più a stare al passo con l'andatura della propria azienda e i requisiti del mercato.

E anche se sapevamo tutto ciò molto prima dell’emergenza del corona virus, questa volta il cambiamento ci ha colti impreparati. Non eravamo pronti né come individui, né come aziende, benché meno come società. Al di là dei drammatici numeri dei decessi, al di là delle immagini apocalittiche di cimiteri e ospedali in caos in varie parti del mondo, la pandemia ha scombussolato la quotidianità di milioni di persone a tal punto che possiamo cominciare a parlare di un cambiamento permanente che tocca – e toccherà – una bella fetta della popolazione.

Il virus lascerà un segno. Non ci sarà un ritorno al passato. Ma la grande domanda che le persone nel loro piccolo, le aziende nelle stanze dei comitati strategici e i governi nei loro gabinetti si pongono in questo momento è: oltre questa crisi immediata, il nuovo futuro come sarà?

Immaginare il futuro

Sitra, il fondo che studia gli scenari del futuro, nel suo report sui trend dominanti questi anni ’20 dichiara che una delle competenze rilevanti nel nuovo decennio sarà l’abilità delle persone e delle organizzazioni di immaginare scenari futuri e diversi. È ovvio che in questa primavera 2020, quando il mondo procede molto più lentamente di prima, non abbia molto senso disegnare panorami che si spingono decenni avanti, ma per chi non accetta di aspettare passivamente cosa porterà il futuro immediato, diventa cruciale fare delle ipotesi. Domandiamoci quindi, fra 6 mesi, come sarà il mondo? In che condizioni lavoreremo? E di conseguenza come ci possiamo preparare, quali competenze ci serve allenare, quali comportamenti mettere in pratica oggi per vivere meglio domani?

In Performant by SCOA abbiamo fatto un lavoro di brainstorming collettivo immaginandoci 3 possibili futuri scenari, che condivideremo in questo articolo. Prima di entrare nel dettaglio di ciascuno possiamo dire cosa accomuna questi tre scenari: il fatto che attualmente, nell’aprile 2020, sembra improbabile che qualcuno riesca a brevettare un vaccino di largo uso per l’autunno. Quindi anche nelle migliori delle aspettative non avremo una cura efficace per Covid -19; forse saranno disponibili delle medicine già in commercio che risulteranno efficaci nel breve termine, ma una cura reale mancherà ancora. Partiamo da questa ipotesi per riflettere su quali possono essere le condizioni di mercato per le aziende e come il cambiamento inciderà sulla vita lavorativa delle persone.

Business as usual

Un possibile primo scenario futuro lo chiamiamo Business as usual. In questo scenario l’andamento del virus rallenta a sufficienza per farci ritornare ad una vita “simile” a quella di prima. Questo scenario ottimistico prevede il ritorno ai nostri posti di lavoro, i nostri figli che frequentano di nuovo le aule scolastiche non virtuali, i ristoranti e i negozi che riaprono.

Probabilmente dopo il lockdown ci sarà un forte desiderio di riappropriazione del contatto umano dal vivo, ma saremo comunque fortemente limitati da una fase “post corona”. Questo potrebbe voler dire che in metropolitana subiremo dei controlli di temperatura corporea oppure una limitazione all’entrata dei pendolari, indosseremo le maschere in (alcuni) luoghi pubblici affollati, gli aerei voleranno con la metà dei passeggeri, i ristoranti saranno più spaziosi perché le distanze tra i tavoli saranno maggiori etc.

Tutto ciò implicherà che la mobilità delle masse sarà molto più lenta e parzialmente più costosa di prima. In questo scenario incidono, oltreché i permessi e normative in vigore, la volontà degli individui di mettersi in moto. Alcuni avranno raggiunto la saturazione dal lavoro da remoto e non vorranno farlo mai più. Per altri potrebbe significare una minimizzazione delle proprie uscite. Probabilmente sarà così per le fasce della popolazione più a rischio, ma ci saranno persone che preferiranno sacrificare la propria mobilità anche se non appartenenti a queste categorie.

Se saranno numerosi i lavoratori che preferiranno il lavoro da remoto a lungo termine, per le organizzazioni questo tipo di scenario porterebbe ad agire su tre fronti diversi:

  1. Aggiornare l’infrastruttura per il lavoro da remoto. Ciò vuol dire avere computer e software adatti, una connessione internet solida e un piano di sicurezza per la gestione dei dati a lungo termine. Distinguiamo ciò dalla situazione attuale in cui le aziende e le organizzazioni stanno spesso operando con mezzi che erano in loro possesso, ma che non erano stati pensati per le condizioni attuali. Dato che il lavoro da casa diventerebbe la normalità bisognerebbe trovare dei modi per aiutare le persone ad arredare l’ufficio in casa in modo adatto. Servirà affrontare domande come: che tipo di mobili servono per lavorare al meglio e l’azienda ne finanzia una parte?
  2. Fare formazione o/e pratica riflessiva e di Coaching che permettano alle persone di avere dimestichezza con questo nuovo approccio al lavoro. Come organizzarsi quando il lavoro da casa non è soltanto una conseguenza dell’emergenza ma una modalità di lavorare? Come gestire il tempo, evitare burn out, rimanere in contatto con l’azienda e la sua dimensione collettiva o sociale? Come gestire al meglio le riunioni in call, il knowledge exchange tra persone? Qual è il vademecum comportamentale che l’azienda vuole che venga seguito con il lavoro da remoto? Chi lo scrive e come viene comunicato all’interno dell’organizzazione?
  3. Cambiare il mind set di Management. Non conteranno la presenza o le ore in connessione, ma l’abilità delle persone di creare valore e risultati per l’organizzazione indipendentemente dal tempo richiesto. Chi gestisce persone deve dunque fare i conti con il come metterle nella condizione di performare al meglio anche a distanza.

All’interno di questo scenario positivo siamo in un mondo “post covid” dove possiamo cominciare a sanare i traumi che la quarantena e il cambiamento subìto nei mesi precedenti hanno causato. Sarà il momento in cui la tensione calerà e guarderemo indietro per imparare da tutto ciò che abbiamo vissuto. Sarà il momento in cui la ricostruzione potrà iniziare.

Apertura a fisarmonica

In un secondo scenario viviamo in un mondo fortemente condizionato dal coronavirus. Lo chiamiamo riapertura “a fisarmonica”. Questo vuole dire che oltre ai vari scenari di condizionamento elencati nel caso 1 come l’uso delle maschere e la mobilità più lenta, gli Stati ed enti decideranno di chiudere e riaprire le attività “a fisarmonica”, sempre in relazione ai dati relativi al contagio e al tasso dei decessi. Rimarremo aperti per 2 mesi e chiusi un altro mese, per assurdo, finché una soluzione più permanente per la cura della malattia non sarà trovata.

In questo scenario le organizzazioni si devono preparare a una condizione di lavoro estremamente flessibile. Cruciale diventa un nuovo tipo di Business Acumen totalmente focalizzato sul bisogno del cliente. Come posso essere agile ed offrire un servizio dal vivo, se nelle condizioni idonee, ai clienti in modo efficace? E come continuo a vendere i miei prodotti e i miei servizi quando ci sono i periodi di chiusura? Parliamo di un nuovo Business Model, molto più complesso di prima, che si attiva in momenti e in modi diversi agendo anche su competenze eterogenee.

Se entriamo in un scenario di apertura e chiusura “a fisarmonica”, la tensione data delle incognite “non risolte”, presente nelle persone, rimane forte. Come sappiamo, l’essere umano è capace di fare sforzi incredibili in momenti circoscritti. Rimanere chiusi in casa, vivere l’insicurezza del mercato o la paura di perdere il proprio posto di lavoro hanno un effetto di un certo tipo se permangono per un paio di mesi. Se invece la chiusura si ripete più volte, entriamo in uno sforzo di lungo termine di cui la dinamica è diversa da quella del breve periodo. Vuol dire trovare delle strategie più o meno permanenti di gestione dell’incertezza e della dimensione emotiva in forte stato di tensione.

Totalmente disruptive

E se nell’autunno 2020 si rivelassero delle dinamiche totalmente inaspettate?

In una visione apocalittica rimarremo a tal punto condizionati dalla presenza del virus che non ci sarà un ritorno alla normalità finché non avremo trovato un vaccino effettivo contro questa malattia. Questo scenario, certamente poco probabile, significherebbe rimanere in quarantena e portare avanti il lavoro da remoto per lunghi periodi, almeno fino all’estate del 2021 quando ragionevolmente ci si aspetterà di poter avere il primo vaccino pronto per il mercato. In questo scenario molte aziende chiuderebbero per sempre e molte persone dovrebbero radicalmente reinventarsi dal punto di vista professionale.

Possiamo anche immaginarci una disruption positiva, dove l’esperienza del Covid-19 ci porterebbe saggezza, ci insegnerebbe ad agire in un modo più costruttivo, a gestire le nostre emozioni in modo migliore. In questo scenario impareremmo moltissime cose nuove su noi stessi, costruiremmo una collaborazione internazionale in cui la cooperazione e l’IA sarebbe d’aiuto per migliorare la condizione ambientale – e non solo – in una direzione sostenibile. In questo scenario i valori si spostano dal consumo frenetico al vivere la singola esperienza.

Nessuna di queste ipotesi si realizzerà in un blocco unico. Sarà più probabile che l’autunno del 2020 porterà una commistione delle tre e forse anche di altre variabili, ma riflettere su come possiamo prepararci a questi outcome può essere utile a tutti. Ciò che è un dato di fatto è che il Covid-19 è tra di noi ed ha sconvolto il nostro mondo, non solo quello del business. Come in ogni crisi ci sono quelli che ne escono vittoriosi e quelli che rimangono schiacciati sotto gli ingranaggi del cambiamento. Proviamo ad usare questa occasione per creare un futuro migliore per tutti noi.

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