Può una diga essere bella? Il movimento dello scavatore può raccontarci poesie?

Può una diga essere bella? Il movimento dello scavatore può raccontarci poesie?

Lo scorso Maggio, Salini-Impregilo è tornata al Triennale Design Museum con una mostra chiamata "Cyclopica". In esposizione animazioni straordinarie, installazioni immersive e foto dal grande impatto estetico che immortalano il lavoro di costruzione della compagnia prese dall'archivio storico dell'impresa composto da 1.200.000 foto e 600 video.

La mostra è stata già la seconda esibizione che il mega costruttore di infrastrutture realizza all’interno degli spazi della Triennale. Ho già raccontato come queste mostre risiedono in un’interstizio interessante tra il pensare artistico ed il comunicare un impresa. “Il racconto espositivo non avviene con opere d’arte ma con l’aiuto della disciplina artistica chiamata curatela, cioè l’allestimento fisico e concettuale di una mostra che permette, attraverso l’atto del rendere visibile, di percepire la storia, l’identità complessa e l’intangibile dell’impresa, nelle sue vari fasi di trasformazione. – Una rappresentazione visiva magnificamente costruita crea un link emozionale tra lo spettatore e l’oggetto rappresentato. Per la compagnia, questa è la base per la creazione del brand equity”. 

Il bello come stimolo

Al di la dell’utilità diretta di business queste mostre permettono di vedere un “bello”che va oltre il pensare tradizionale che abbiamo su questo concetto e da cui possiamo cogliere preziosi insegnamenti. Nelle mostre di Salini Impregilo il bello è nel grezzo, nel fare industriale, nel macchinario da costruzione, ma mostrato attraverso la lente del fotografo racconta una poesia che si trasforma in una canzone. 

La mostra di Salini Impregilo espone proprio questa parte, tutt’altro che accessoria, in cui l’incanto, lo stupore, l’emozione permea i manufatti, così come la materia allo stato grezzo. Rappresenta un valore intrinseco che si fa estrinseco nel momento in cui, opere di grande impatto visivo riescono a muovere sentimenti che, abitualmente, vengono elicitati da oggetti cui più comunemente si attribuisce la bellezza, come le opere d’arte, la natura, l’essere umano.

Il “bello” è in questo caso espressione della passione che sublima l’ordinario elevandolo al rango di straordinario, in cui alle formule ingegneristiche, ai calcoli e alla fatica di chi lavora, si sovrappone l’impronta esclusivamente umana della potenza creativa. Ed allora un ponte, ad esempio, non è più solo una lingua di cemento che unisce due estremi, ma diventa arredo, simbolo, monumento, espressione costruita dall’uomo e rappresentato come bello attraverso la lente del fotografo.

Che cos’è il bello?

Il concetto di bello è tutt’altro che facilmente definibile essendo di per sé un una sorta di contenitore linquistico al cui interno sono depositate innumerevoli sfumature. A rendere la definizione ulteriormente complicata, se non impossibile, intervengono aspetti di carattere fortemente soggettivo e culturale, tanto da fare dire che la bellezza sta negli occhi di chi guarda. Dostojevskij ci viene in soccorso attribuendo un potere salvifico alla bellezza: salvezza dalla caducità, dal grigiore, dalla finitezza da cui l’uomo da sempre tenta di sfuggire non solo contemplando il bello, ma anche creandolo, rubando un briciolo di divinità come un novello Prometeo. 

Per me il bello ha a che fare con due aspetti diversi. Uno è l’armonia. Che si parli di una persona, di un quadro o di paesaggio mozzafiato, l’immagine che vediamo di fronte a noi è composto da linee e colori che insieme esprimono armonia. Il secondo aspetto è la risposta emotiva che suscita in noi il soggetto “bello”. Proprio per questo l’uomo è cosi alla disperata ricerca del bello, si sente attratto e gratificato davanti al bello. Davanti al bello esiste veramente. 

E nell’alveo della tensione verso l’eterno si iscrivono anche le organizzazioni a cui l’uomo da vita per garantirsi la sopravvivenza, non esclusivamente economica, semmai esistenziale. Il bello quindi assume nell’ambito del lavoro umano una potente leva di attrazione ad appartenere, a riconoscersi per essere riconosciuto. 

Il bello e i comportamenti

In finlandese (la mia lingua madre) si dice ai bambini “comportati in modo bello”. Non si dice come in italiano “Fai il bravo ” o “Comportati bene”. Il comportamento non viene quindi collegato a un aspetto “morale” ma a un azione osservabile dall’altro. Il bambino deve imparare a stare nel mondo e nella società insieme agli altri e questo accade attraverso un comportamento gli altri vedono e sentono. 

Non entro in questa sede su cos’è l’ideale comportamentale da seguire secondo la norma culturale finlandese. Interessante invece è riflettere sull’estetica del nostro fare. Siamo eleganti nel come ci poniamo verso il prossimo? C’è armonia nel come portiamo il nostro corpo o nel come ci avviciniamo all’altro? Com’è il ritmo delle parole e delle frasi che pronunciamo, com’è il tono di voce che usiamo?

Tutto ciò ovviamente ha un’effetto sull’altro. Un effetto di attrazione o di repulsione nei confronti di chi abbiamo intorno.

In questo senso, quindi, la consapevolezza di noi, del nostro agire e dei nostri comportamenti è una risorsa primaria che ci aiuta nell’esercizio delle nostre azioni e, perchè no, anche nel renderle esteticamente di valore.

Cyclopica Salini-Impregilo at Triennale Design Museum from Grasp network on Vimeo.

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