Una nuova normalità è l’occasione per ritrovare l’autenticità

Una nuova normalità è l'occasione per ritrovare l'autenticità

Quando accadono eventi epocali, come una pandemia globale, la "normalità" che ne scaturisce è assai diversa rispetto a quella del passato, di un ante. Nasce una nuova normalità fatta di molte opportunità, per i singoli e per le imprese, in cui proporre una nuova autenticità. In questo nuovo mondo abbiamo tutte le carte per riformulare, ri-editare la rappresentazione di noi stessi nei confronti degli interlocutori, sia prossimi sia remoti, che ci circondano.

La pandemia che ha travolto l’intero pianeta è senza alcun dubbio uno dei fenomeni più clamorosi degli ultimi anni. Ha toccato e sta incidendo profondamente sulla vita di tutti, in tutte le aree del globo, in tutte le dimensioni del nostro essere. Sia dentro che fuori dalla sfera lavorativa.

Oltre alla salute il COVID-19 ha sradicato affetti, ha travolto le frequentazioni familiari, sociali, amicali, ha costretto a riscrivere le prassi del lavoro, i destini e i fattori competitivi di tutti i settori industriali, dei servizi, dell’assistenza. Ha cambiato il vivere quotidiano. 

Questa pandemia rappresenta probabilmente il più pervasivo shock mondiale che la storia ricorderà.

In realtà le cose sono già cambiate ma per vederle con più nitidezza si può restringere l’area di osservazione. Se ci si focalizza su cosa è successo al lavoro, ovvero sulla produzione di valore che le persone esprimono attraverso le proprie conoscenze, le proprie abilità e le proprie competenze comportamentali, alcune cose sono piuttosto chiare.

Il lavoro va dalle persone  – non viceversa

Da Febbraio scorso uno straordinario numero di individui ha trasferito gli spazi di lavoro a casa propria. Quello che tutti pensavamo, ovvero che molte delle attività svolte normalmente in ufficio si sarebbero potute realizzare anche in remoto, era vero e i fatti lo hanno dimostrato. 

La connessione digitale è diventato un bene primario – e conoscere i rudimenti delle principali applicazioni è essenziale 

Potersi collegare possibilmente con una rete veloce è oggi imprescindibile tanto quanto l’energia elettrica, l’acqua corrente ed il gas. I territori, le aree non coperte da una connessione risultano per esclusione i nuovi “sud” del mondo. Stesso discorso vale per le digital skills: saper leggere, scrivere, fare di conto e …condividere il video durante una call rappresentano il minimo delle conoscenze indispensabili per lavorare in modo efficace

I confini territoriali, culturali, di genere e di religione evaporano nelle prassi del lavoro in remoto 

Le interazioni tra le persone avvengono in uno spazio digitale privo di barriere culturali e di limitazioni geografiche e spesso (troppo?) privo di fusi orari. Questo comporta a volte che i tempi di lavoro si estendano al di là del normale orario d’ufficio.

I confini tra vita privata e vita professionale si sono dissolti di fronte alla webcam

Ciascuno ha dato più o meno volontariamente accesso ad alcune dimensioni personali proprie quali la casa, la famiglia, i figli, dimensioni pressoché sconosciute fino a pochi mesi fa anche tra persone che si frequentavano professionalmente da anni.

Queste sono le realtà che abbiamo vissuto durante questi primi mesi di pandemia e che continueremo a vivere.

L’emergenza Covid ed in particolare il lockdown hanno suscitato una reazione istintiva, sia a livello sociale sia a livello individuale. Come d’incanto in brevissimo tempo abitudini fino a poco fa consolidate si sono dissolte per lasciare spazio a nuove prassi. I nostri alloggi si sono trasformati da luoghi di svago e riposo, a improvvisati co-working space dimostrando spesso una scarsa abitabilità se vissuti tutto il giorno, tutti insieme, tutti i giorni.

Dall’inizio del lockdown l’agenda si è immediatamente riempita di attività in remoto, di call, il fiume di email si è addirittura ingrossato (anche se sembrava impossibile o ci aspettavamo il contrario) e abbiamo imparato a convivere con gli auricolari per almeno una decina di ore al giorno. Abbiamo moltiplicato il numero di canali attraverso cui sviluppiamo e manteniamo le nostre relazioni aggiungendone di nuovi a quelli che già usavamo abitualmente.

Questo cambio epocale accaduto da un giorno all’altro ha trovato una risposta altrettanto repentina in una larga fetta di persone e organizzazioni. 

Con il passare dei giorni e delle settimane la reazione istintiva all’incertezza portata dalla diffusione del virus, ha lasciato spazio e tempo alla riflessione, all’elaborazione, spesso accompagnata dalla fatica, dalla preoccupazione, dalla frustrazione e dalla difficoltà ad immaginare una nuova formula, un nuovo orizzonte.

Ed è questo il tempo in cui ci troviamo ora: nel tempo del riordinare le cose dopo un’alluvione che ha spazzato via il tutto. Ed in questo tempo la risorsa che siamo incontra le sue fatiche più severe, i dubbi più profondi, rischiando di inibire la capacità di esprimere le sue abilità.

Ma questo momento è anche quello delle opportunità, delle possibilità che possiamo cogliere e delle energie che possiamo chiamare a raccolta. Possiamo lavorare per diventare consapevoli di quelle che sono le nostre caratteristiche e prenderne il dominio. Questo è il primo possibile passo che ci aiuta nella rivisitazione in divenire, nel processo di crescita, in un momento storico in cui mancano tante certezze, per ciascuno. 

A ben vedere però non sempre siamo stati in grado di offrire una rappresentazione corretta, o meglio, veramente autentica di noi stessi anche in epoca pre-COVID. I ruoli, i processi, le pratiche organizzative in qualche modo hanno interferito su questa proiezione, su come si viene percepiti e letti dagli altri.

La rivoluzione delle variabili che definiscono il contesto in cui operiamo, lo stravolgimento delle regole e le prassi post-COVID offrono quindi un’occasione formidabile per riformulare la propria autenticità, per farla evolvere verso un equilibrio tra fedeltà all’originale e una “nuova” autenticità che si offre agli altri. In questo nuovo mondo abbiamo tutte le carte per riformulare, ri-editare la rappresentazione di noi stessi nei confronti degli interlocutori, sia prossimi sia remoti, che ci circondano.

E questo vale tanto per le persone quanto per i gruppi e le organizzazioni. Ciascun sistema può riscoprire e riproporre le proprie caratteristiche fondanti per darne un’interpretazione più efficace e consona alle novità.

Non ci sono, per una volta, avvantaggiati e svantaggiati in questo esercizio. Ci sono solo apprendisti sia a livello individuale sia a livello organizzativo che si cimentano in un nuovo scenario e possono riuscire a rappresentare un migliore equilibrio tra ciò che sono e come intendono proporsi.

In fondo vivere quest’epoca di trasformazione costituisce un premio per tutti quegli individui e quelle organizzazioni che usciranno da questo processo evolutivo, avendo colto l’occasione di utilizzare nuovi strumenti e nuove pratiche, per risultare più fedeli a se stessi.

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