What’s happening next? Il futuro della vita

Come sarà il nostro futuro? Quali opportunità ci offrono gli attuali cambiamenti globali per costruire una società, un’economia e in generale una vita migliore?

Su questi temi si è svolta la giornata “Il futuro della vita” di giovedì 13 gennaio, condotto da Rania Fernandes, studentessa di medicina all’Università di Dundee: il primo di tre incontri interattivi, all’interno del Symposium “The future of life, work and education”, organizzato in occasione di EXPO Dubai 2021/2022 dall’associazione The GRASP Network, fondata da Anja Puntari, Artista e Senior Business Coach, Professor Gunter Koch e John Favaro, Computer scientist.

Obiettivo: portare le persone a riflettere, in modo creativo, su alcune delle tematiche più urgenti di oggi attraverso lo stimolo delle diverse prospettive dei partecipanti – esperti e professionisti provenienti da molteplici ambiti.

Un dialogo interdisciplinare dunque, specchio della complessità del mondo attuale, in rapida trasformazione e in cui le diverse dimensioni della vita non solo si sovrappongono, ma diventano immateriali, virtuali, rischiando di sfuggire al nostro controllo e alla nostra comprensione.

La digitalizzazione dà infatti luogo a nuove opportunità ma anche a nuove domande e nuovi pericoli, che devono essere considerati e affrontati affinché lo sviluppo tecnologico produca tutto il valore di cui è capace per la società e per l’umanità.

Proprio a questo proposito il filosofo tedesco Julian Nida-Rümelin parla di ‘Umanesimo Digitale’ (Digital Humanism), in cui diventa cruciale capire come gestire la libertà che il virtuale ci offre. Come possiamo non solo salvaguardare, ma valorizzare la nostra umanità, mantenendo una comunicazione e un’interazione il più libere possibili senza però perdere il controllo, senza lasciare che la tecnologia ci domini e venga utilizzata come strumento di manipolazione? La domanda che vale la pena di porsi è “cosa possiamo fare per potenziare le persone attraverso gli strumenti tecnologici e digitali, utilizzandone le potenzialità per ‘scopi umani’?” e quindi come possiamo potenziare le persone affinché mantengano un controllo consapevole di questi strumenti.

La proposta, avanzata dal filosofo, è quella di mirare alla costruzione di un’infrastruttura digitale non basata su interessi e logiche commerciali e non posseduta da compagnie private, ma di responsabilità pubblica, condivisa.

La digitalizzazione si inserisce poi in un contesto di trasformazioni ben più vasto, che ci portano inevitabilmente a riflettere sul nostro rapporto – in quanto esseri umani – con l’ambiente esterno inteso in senso ampio e sull’impatto che abbiamo su di esso.

In quest’ottica Daniel Dahm, esperto di scienze e di sostenibilità, suggerisce l’urgenza di passare dall’idea di poter conoscere e governare la natura a quella di esserne parte integrante. In questo contesto rafforzare la vita del pianeta – dice Dahm – può essere considerato il vero e proprio benchmark del business, il criterio per valutare un’economia di successo. A livello tecnocratico è certamente complesso, si richiede un ripensamento dell’economia forse quasi in ogni sua parte, nelle sue regole, nei suoi obiettivi, presupposti e fondamenta. Proprio questa però, forse, è la grande opportunità che la crisi ambientale offre all’economia – suggerisce Santiago Espinosa de los Monteros Harispuru, CEO di Toroto, azienda che opera per lo sviluppo di industrie sostenibili.

La riflessione è in realtà più profonda che coinvolge molteplici ambiti della nostra esistenza come anche la salute, di cui ha parlato Gareth Presch, CEO World Health Innovation Summit.

Riguarda in generale l’impatto, spesso negativo, che come esseri umani abbiamo sul vivente nella sua interezza: l’inquinamento, la deforestazione, l’urbanizzazione, l‘estinzione di numerose specie animali. Riprendendo l’idea della filosofa e artista Joanna Zylinska, Gabriela Galati, Docente presso NABA Nuova Accademia di Belle Arti e Direttrice della Galleria Ipercubo, propone a questo proposito di abbandonare la prospettiva strettamente individualistica, limitata alla ricerca di una soluzione per la sopravvivenza umana (pensiamo ad esempio ai progetti di fuga dalla Terra per costruire una nuova vita su altri pianeti), per passare ad una prospettiva etica, che tenga in considerazione tutto il vivente – umano e non umano. Come spunto sul paradossale e poco definito rapporto tra umano e non umano, tra vita e morte, Gabriela Galati propone le opere di Ivana Adaime Makac e di Axel Straschnoy, in cui vitalità, morte, conservazione ed estinzione si mischiano e confondono.

Assumere il punto di vista degli altri, partendo dalla consapevolezza che siamo tutti interconnessi e che il futuro è comune ma che non è uguale per tutti, e cominciare ad agire, non aspettando passivamente ma assumendosi la responsabilità dell’azione, prendendo ispirazione dall’arte per costruire significati nuovi e generare nuove intuizioni e idee: questi i principali spunti emersi dunque durante l’evento, evidenziati in ultimo anche dai contributi di Fiia Nurminen, Geophysicist & Environmental Engineer, Peter Weibel, figura centrale nell’interstizio tra arte e scienza, ed Erich Prem, Research and Technology Strategy Consultant.

In questo scenario, come saranno le nuove condizioni del lavoro? Quali cambiamenti e quali opportunità nascono dalle trasformazioni attuali?

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