Essere un Team: il confine sottile tra alleanza e rivalità

"Le graduatorie servono a farvi capire a che punto siete, non chi siete." (David Foster Wallace)

La linea che separa la cooperazione dalla competizione è sorprendentemente sottile.

La seconda guerra mondiale fu un conflitto terribilmente intenso. Tra i vari episodi drammatici che hanno caratterizzato questo tragico evento della nostra storia, è interessante osservare nel dettaglio quello tra gli Stati Uniti e il Giappone. Dopo bombardamenti feroci da ambo le parti, culminati con il lancio di due bombe atomiche, quando alla fine i giapponesi si arresero, il conflitto si trasformò subito in cooperazione. Per esempio, il Generale McArthur rese illegale per qualsiasi americano colpire una persona giapponese e, addirittura, c’era una tale carenza di cibo che vietò agli statunitensi di mangiare qualcosa di diverso dalle loro razioni. Da lì in avanti si cominciarono a ricostruire fabbriche e a creare partnership, arrivando infine a firmare ufficialmente una “dichiarazione di cooperazione”.

Ma cosa succede nel Business, che ci fa passare rapidamente da alleati ad avversari e viceversa?

Ci sono fondamentalmente tre princìpi che innescano il passaggio tra questi due territori sociali.

Il primo è la scarsità. Nella foresta amazzonica, alcuni gruppi di scimmie formano dei collettivi per condividere le informazioni legate alle migliori riserve d’acqua, in modo tale che tra i vari gruppi non possa nascere nessun conflitto associato a questa risorsa. Nella savana, la situazione è molto diversa e i comportamenti legati alla ricerca dell’acqua sono ben più conflittuali rispetto a quelli adottati nella foresta pluviale ! Le risorse nel nostro ambiente possono essere limitate o abbondanti e questo è il primo impulso che ci sposta da “compagni” ad “contendenti”.

Il secondo principio è la socievolezza. Gli esseri umani desiderano la compagnia e, in effetti, una delle peggiori forme di punizione è l’isolamento. Le neuroscienze ci insegnano che dopo pochi giorni di solitudine forzata la mente umana inizia a decadere, le persone provano spasmi di rabbia, malessere e apatia e dopo un isolamento prolungato provano addirittura allucinazioni. Tutti desideriamo ardentemente il contatto umano, la mente ha bisogno di essere socialmente connessa. La socievolezza spesso evolve in partecipazione, il grado con cui le persone si percepiscono in una relazione, si preoccupano e si fidano l’una dell’altra. La partecipazione ha un beneficio tanto psicologico quanto fisiologico, sia per il donatore sia per il ricevente, ecco perché questo principio aiuta spesso a portare i “battitori liberi” ad entrare in squadra.

Il terzo principio è l’instabilità dinamica. Il mondo intorno a noi è aleatorio. Cambia. È mutevole. Mentre stiamo collaborando con i nostri colleghi per raggiungere traguardi comuni, in qualche misura stiamo anche gareggiando per cose come il riconoscimento, una promozione o un’opportunità di sviluppo. Proprio come il mercato azionario, mentre le cose intorno a noi stanno cambiando anche noi abbiamo bisogno di cambiare rapidamente, muovendoci tra cooperazione e competizione in modo funzionale ai nostri obiettivi.

L’idea è che per la maggior parte del tempo, all’interno delle stesse relazioni, stiamo sia cooperando sia concorrendo e abbiamo bisogno di capire come gestire questa tensione, come vivere questo equilibrio.

Se cooperare è una sfida, come facciamo a persuadere i nostri colleghi a collaborare con noi anche quando per loro potrebbe essere meglio fare da soli? Come facciamo a invogliarli ad aiutarci anche quando non è totalmente a loro vantaggio? Individualmente abbiamo incentivi per fare ciò che è nel nostro stesso interesse e allo stesso tempo, collettivamente, vorremmo che tutti facessero il meglio per l’azienda: questi sono definiti “dilemmi sociali”. Come li risolviamo? Un buon Leader cerca costantemente di realizzare questo obiettivo: spingere le persone a collaborare anche quando potrebbero essere naturalmente attratte in direzioni opposte. Ecco alcune idee per facilitare la cooperazione.

In primo luogo, favoriamo la costruzione delle relazioni. Se abbiamo esperienze di squadra abbiamo una storia condivisa, questo ci unisce e crea la sensazione di essere tutti insieme.

Secondariamente, possiamo sostenere la costruzione del concetto di “identità condivisa”: mi vedo come parte di questo gruppo? Mi vedo come parte di questa organizzazione? Più forte è il senso di identificazione, maggiore sarà la cooperazione. Infine, un contributo è quello che alcuni sociologi chiamano “shadow of the future”: per quanto tempo è probabile che interagiremo in futuro? Se so che la mia relazione con le altre persone del Team è a lungo termine, allora aiutarle ora è molto più facile perché ritengo che probabilmente ci sarà un tempo in cui anche loro aiuteranno me.

Un paio di altre cose sono importanti per il sostegno reciproco. Prima di tutto, una comunicazione faccia a faccia chiara e trasparente in cui possiamo esprimere quello di cui abbiamo bisogno e il perché ne abbiamo bisogno: migliore sarà questo scambio, più efficace sarà la nostra collaborazione. Infine, un allineamento delle aspettative. Chiunque di noi, nella relazione con gli altri, ha della aspettative comportamentali (mi aspetto che tu faccia delle cose e tu te lo aspetti da me) e ha delle reazioni emotive dovute a quante conferme o delusioni riceve nel processo.

Come racconto nel mio articolo “Allineare le Aspettative“, diminuendo più possibile il margine di delusione, aumentiamo al massimo il margine di fiducia.

Con il talento si vincono le partite, ma è con il lavoro di squadra e l’intelligenza che si vincono i campionati. (Michael Jordan)

Articolo di Davide Merletto, Senior Business Coach

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