Essere Business Coach. Sei domande a Alessandra Venco

Essere Business Coach. Sei domande a Alessandra Venco

A cosa serve il Business Coaching? Come orientarsi tra i tanti modi di esercitarlo?

Per sanare queste curiosità, continuiamo la rubrica che, attraverso brevi interviste ai Business Coach di Performant by SCOA, indaga sul tema anche a livello esperienziale. Oggi tocca a Alessandra Venco che ha sviluppato la sua esperienza di coaching appassionandosi sempre più agli ambiti inerenti a HR Transformation, Intelligenza Emotiva, Career Coaching, passaggio da Professional a Manager.

Che cosa ti appassiona del Business Coaching ?

Del Business Coaching mi appassiona il fatto che soluzioni, idee, risposte vengano dal coachee che passo dopo passo, domanda dopo domanda arriva all’insight! Questa è una magia: la mia del coaching dal mio punto di vista. 

Che cos’è per te il Business Coaching e a cosa serve?

Io intendo il Business Coach come un allenatore di competenze e comportamenti che funzionano nel contesto in cui la persona è inserita: il Business Coach allena il coachee, il quale poi prova e riprova nella sua palestra che è l’azienda; di conseguenza il Business Coaching è un allenamento di nuovi comportamenti che portano ad un cambiamento e ad una trasformazione del coachee per essere più performante nel suo contesto. Vedo il Business Coaching come un acceleratore  e un facilitatore del cambiamento nelle persone, che riescono a scaricare a terra più velocemente le loro risorse utili alle sfide che si trovano ad affrontare quotidianamente.

Qual è il taglio che vuoi dare, con le tue competenze e idee, nel mondo del Business Coaching?

Ciò di cui sono convinta perché lo vedo nel lavoro quotidiano con i miei coachee è che la performance eccellente è il risultato di una serie di comportamenti che le persone mettono in campo con i giusti interlocutori, nel momento giusto e con la modalità più funzionale: non conta solo ciò che faccio ma come lo faccio, con chi e quando! Questo è il taglio che voglio dare al Business Coaching molto concreto e funzionale: ascoltare, ascoltare e ascoltare ancora le persone, fare le domande potenti per aiutarle e trovare le loro risposte, sfidarle quando serve per muoverle perché è difficile uscire dall’area di comfort ma per cambiare è necessario ! 

Dalla tua prospettiva di Business Coach, quali sono le competenze da allenare per rimanere in equilibrio e organizzazione nel 2018?

Non è nuovo il fatto che molti lavori verranno sostituiti dalla tecnologia, ma altri non potranno esserlo perché richiedono competenze che la tecnologia non può sostituire, almeno nel breve termine. Queste competenze dal mio punto di vista sono tutte quelle che riguardano la sfera relazione e di lavoro di squadra da un lato e dall’altro quelle che riguardano il pensiero critico nel senso di creativo: una sorta di problem solving creativo. Secondo me sarà sempre più importante per le persone lavorare anche sulla resilienza e sulla flessibilità: vediamo che i cambiamenti nelle aziende ormai sono l’ordinario non lo straordinario (lo straordinario è il contrario) di conseguenza “sopravvive” chi riesce prima ad adattarsi al cambiamento. Prendendo in prestito quanto scrive Darwin, che rappresenta anche il mio motto, “…non è la specie più forte a sopravvivere e nemmeno la più intelligente. Sopravvive la specie più predisposta al cambiamento.” Pensiamo al Dodo: era uno degli uccelli più forti con zampe grosse e con la capacità di correre più veloce di tutti gli altri uccelli, ma si è estinto perché l’adattamento al cambiamento è stato troppo lento. Non ha sviluppato le ali (e quindi la capacità di volare) prima che arrivassero i predatori e non è stato in grado di sopravvivere nonostante la sua forza e potenza.

C’è un libro (o anche articolo, film ecc.) che ti senti di consigliare e che affronti, in modo implicito o esplicito, il tema del Business Coaching? In che modo lo affronta?

La scelta è veramente difficile: ci sono tanti spezzoni di film come tanti libri che proponiamo nei nostri percorsi di Team o one-to-one Coaching . Ciò che mi ispira molto e in cui credo fortemente è tutto quanto scrive Richard Boyatzis sul cambiamento intenzionale (ci sono tanti articoli in merito) dove sostiene che il vero cambiamento parte dall’individuazione del proprio Sé ideale (ciò che vogliamo diventare), dalla consapevolezza del proprio Sé reale (dove sono ora) e dalla definizione di un percorso di sviluppo volto a colmare il gap. Io sono dell’idea che qualsiasi processo di vero cambiamento debba partire da dove voglio essere: il che non è semplice da individuare. È un percorso esso stesso. 

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