Essere Business Coach: Sei domande a Roberto Degli Esposti

Essere Business Coach: Sei domande a Roberto Degli Esposti

Roberto Degli Esposti, laurea in economia e commercio all'Università Bocconi di Milano, ha sviluppato il suo percorso professionale in ruoli consulenziali, manageriali e imprenditoriali. Ha iniziato la sua carriera come consulente per poi passare in azienda dove ha ricoperto il ruolo di Direttore Risorse Umane per importanti aziende come Il Sole 24 ore e Autogrill. Nel 2001 diventa direttore finanziario e VP Operation di Sector Group, azienda leader nel settore degli orologi. Dal 2004 ricopre la carica di Amministratore Delegato e Direttore Generale per importanti aziende di diversi settori, dallo sport, alla moda, passando dalla ristorazione. In SCOA dal marzo del 2013 come Managing Partner e Executive Coach, Roberto allena Executive e Imprenditori e aiuta le imprese nello sviluppo di start up, diversificazione e new business. Pragmatico come ogni buon romagnolo, il motto che lo accompagna nella vita è "se quello che ho imparato serve è perché serve agli altri".

Che cos’è per te il Business Coaching e a cosa serve?

Il Business Coaching è stata per me una scoperta ed è stata la risposta a molte domande che non riuscivo a formulare con chiarezza. Durante la mia fortunata esperienza manageriale e imprenditoriale ho potuto osservare da vicino persone capaci di risultati straordinari senza però riuscire ad individuare il nesso tra di loro, il tratto comune che ne spiegasse il successo. Il Business Coaching me lo ha fatto capire: la forza consistente e comune tra tutti coloro che si collocavano solidamente al di sopra della media era data dai comportamenti  intesi come indicatori osservabili delle competenze di cui disponevano. Sull’onda di questa “rivelazione”, le domande si sono fatte tutte più chiare e si sono indirizzate sul  come abilitare le competenze degli altri. Questo per me è il Business Coaching: una metodologia dedicata ad abilitare le competenze delle persone, delle squadre e delle organizzazioni per creare valore attraverso prestazioni di livello superiore.

Il tuo percorso lavorativo è costellato da parecchie esperienze professionali. Che tipo di valore porta questo percorso ai tuoi clienti ora che sei un Business Coach?

Il principale valore è la possibilità di entrare facilmente in sintonia con loro. E, allo stesso modo, entrare in una relazione costruttiva con i Coachee. La mia esperienza professionale veste le domande che pongo, le rende riconoscibili in termini di linguaggio e favorisce la creazione di una relazione di fiducia nell’ambito del percorso di Coaching.

Nel tuo approccio al Business Coaching un tema a te caro è quello della sfida. Perché è importante nel mondo lavorativo o professionale contemporaneo?

La sfida nel mondo del lavoro ci viene continuamente proposta, non fosse altro perchè è un concetto che ha a che fare con la competizione. A proporci nuove sfide sono le condizioni di mercato, le organizzazioni all’interno delle quali lavoriamo, ce le propongono i nostri capi, i nostri collaboratori. Siamo circondati da sfide e abbiamo l’opportunità di scegliere quali affrontare, con quale obiettivo, con quali risorse, con quali alleanze, con quale energia. Questo passaggio di individuazione consapevole delle sfide da affrontare è indispensabile per ottenere risultati di valore.  Scegliere le sfide da affrontare, per un manager o un imprenditore, ha la stessa importanza che ha per un giocatore scegliere il tavolo da gioco.

Come vedi lo sviluppo del settore del Business Coaching in Italia e nel mondo?

Tra l’Italia e il resto dell’Europa non ci sono differenze significative. I paesi più evoluti sono senz’altro l’Inghilterra, la Francia e i paesi scandinavi; ma il livello di evoluzione è comunque comparabile con quello Italiano. Gli Stati Uniti, invece, non sono tanto in uno stadio evolutivo più avanzato, ma su un solco evolutivo diverso da quello Europeo. Le radici del Coaching americano sono molto diverse da quello europeo e riflettono una cultura e dei valori molto specifici. Complessivamente quella del Business Coaching è un’industria che sta entrando in una vera e propria fase di sviluppo sia in termini di diffusione degli strumenti più noti, come il Coaching 1:1 sia in termini di applicazione a più ampio spettro. La cultura  del Coaching sta cominciando a permeare molti processi di crescita delle risorse umane e di sviluppo organizzativo. Ciò sta sempre più avvenendo grazie alla diffusione di metodologie quali il Team Coaching, il Competency Based Recruitment, i programmi di Mentoring, fino a sistemi di qualificazione delle competenze individuali.

Come vedi lo sviluppo della disciplina del Business Coaching e che tipo di contaminazioni con altre discipline (per es. arte, mentoring, sport ecc.) osservi attualmente sul mercato? Che tendenze future prevedi?

Il Business Coaching è una disciplina giovane nell’ambito della quale c’è un crescente movimento di ricerca realizzato in collaborazione con molte prestigiose università ed enti dedicati come EMCC (European Mentoring and Coaching Council). Il Business Coaching, inoltre, è molto permeabile alla contaminazione di altre discipline tra cui lo sport e sicuramente, per quanto ci riguarda, l’arte contemporanea. Ha, in più, una vicinanza storica e metodologica con il Mentoring. C’è una crescente interazione con le neuroscienze. Ma la cosa a mio avviso più entusiasmante è il collegamento con l’economia comportamentale, ovvero la rivisitazione delle logiche organizzative e di transazione con il mercato. Logiche non più basate sui compiti, sulle responsabilità e sulle valutazioni razionali del valore di un bene o di un servizio, ma sulla generazione di valore che i comportamenti possono determinare, sull’impatto che questi hanno nei confronti del mercato e sul valore percepito agli occhi di chi usufruisce del servizio o di chi  acquista il bene.

Quali sono le competenze da allenare nel 2019?

Ci sono un paio di competenze che richiedono un allenamento quotidiano e valgono anche per l’anno in corso. Si chiamano ascolto e comunicazione interpersonale. Sono questi i mattoncini con cui si costruiscono le interazioni tra gli individui, nei gruppi, all’intero delle organizzazioni.

Oltre a queste ce n’è una che passerà dall’essere importante a risultare essenziale: la resilienza. Dato che i sistemi sono sempre più complessi e con un tasso di cambiamento sempre maggiore la resilienza individuale e sociale diventa un fattore competitivo essenziale.

Infine ce n’è una che è già oggetto di un profondo ripensamento e di una radicale rilettura: la leadership.

Questa rilettura chiarirà la differenza sostanziale tra leadership e leader, tra leader e capi. Farà emergere per complementarietà la rilevanza della followership e introdurrà definitivamente il concetto di team come sua dimensione critica di applicazione.

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