I comportamenti generano valore e le emozioni ne sono il motore.
Eppure, tra i più diffusi pregiudizi del mondo degli affari, c’è quello secondo cui le emozioni vadano lasciate fuori dalla porta dell’ufficio, in attesa di essere recuperate a fine giornata.
Noi siamo dei Business Coach e, dal nostro osservatorio quotidiano, possiamo affermare tutt’altro. Appena si entra in un’azienda, in un ufficio o in uno studio, le emozioni che ci abitano si sentono, così come si sentono quelle delle persone che incontriamo per lavoro e sul lavoro. Senza dubbio, a noi, arrivano copiose le emozioni dai nostri Coachee durante le sessioni di Coaching.
David McLelland, sin dalle prime ricerche degli anni ’50 sui temi comportamentali, attribuisce alle emozioni la dimensione causale più profonda dei comportamenti.
Daniel Goleman ha spalancato la porta non solo a questa lettura, ma anche alle dimensioni applicative che può avere, nello spiegare i livelli di performance individuali e collettivi(1). Eppure, neanche autori e teorie di questo calibro hanno fatto davvero breccia nelle prassi quotidiane delle organizzazioni; o almeno non in termini di diffusione della conoscenza o di vendita nelle librerie.
Questo perché, tra la teoria e la pratica, come sempre, occorre un’impegnativa transizione fatta di comportamenti individuali e collettivi da consolidare nel tempo.
Il Business Coaching è una professione di supporto a favore di individui e organizzazioni, per dare sostegno al processo di crescita, trasformazione e sviluppo. Risulta particolarmente efficace quando viene utilizzato a sostegno dei passaggi più significativi dell’evoluzione organizzativa.
Nella nostra esperienza, quando il cambiamento organizzativo viene imposto soprattutto da circostanze estreme (merger, fusioni, ristrutturazioni, etc), il management pone abitualmente molta attenzione nel creare una buona strategia e un solido processo di implementazione pratica. Minor cura viene, invece, data alla dimensione emotiva e comportamentale delle persone, i veri protagonisti di questo cambiamento.
Eppure, la trasformazione avviene sempre lungo un percorso temporale nel quale si susseguono emozioni ricorrenti che possono essere riconosciute, governate e accolte a favore del successo della transizione.
Su questo, Bengt Renander, Business Coach ed esperto di creatività svedese, ha sviluppato una teoria sul susseguirsi delle emozioni in un processo di cambiamento, che ci piace citare come utile riferimento. Secondo questa teoria, il cambiamento viene paragonato alla metafora di un film suddiviso in tre parti: primo, secondo e terzo atto.
Nel primo atto vengono introdotti il protagonista e il suo ambiente. Si fanno conoscere e succede qualcosa che darà una spinta al cambiamento. Nel secondo atto, il protagonista si “allena” per imparare a stare nella nuova dimensione. Nel terzo atto il protagonista affronta la sfida finale.
