L’introspezione. Una fregatura per la nostra efficacia?

L'introspezione. Una fregatura per la nostra efficacia?

Come si arriva a conoscere meglio noi stessi e utilizzare questa attività di pensiero con efficacia?

Attraverso l’introspezione, la riflessione sul perché agiamo certi comportamenti e sul perché sentiamo certe emozioni.

L’atto di pensare a noi stessi è, quindi, correlato alla nostra auto-conoscenza, intesa anche come conoscenza che dà origine a intuizioni?

No, o meglio, non necessariamente.

Questa tesi è portata avanti da Tasha Eurich, che arriva a una interessante conclusione: l’introspezione attivata attraverso il chiedersi il PERCHÈ noi agiamo/pensiamo/sentiamo in un certo modo non produce insight  ma, piuttosto, conferma convinzioni, abitudini, emozioni che “fissano” il presente.
Per Tasha, chiedersi, invece. il COSA/COME aiuta la persona a scoprire nuove parti di sé .
Il WHY lavora sul passato mentre il WHAT lavora sul futuro e rende possibili nuovi insight.

Aggiungo che, dal mio punto di vista, il WHAT allarga il respiro, “pungola” il nostro coraggio, accende una lampadina su parti di noi che non sono così imbrigliate dalla nostra mente e dalla nostra esperienza soggettiva, esperienza che spesso sentiamo di essere tenuti a difendere, a giustificare.

La consapevolezza e la conoscenza di noi stessi è uno degli elementi alla base dell’intelligenza emotiva (IE) e l’IE è predittiva della performance manageriale.

La self awareness (macro-area dell’IE)  è misurabile sulla base di un’auto-valutazione.
La persona si auto-valuta secondo la propria percezione e rispetto alla sua capacità di fornirsi una risposta ai propri perché.
Il percorso di sviluppo attraverso il coaching sulle competenze dell’IE permette di riconsiderare, in alcuni casi, la stessa auto-valutazione (senza arrivare a correlare automaticamente i risultati come effetto Dunning-Kruger!).
Dal perché la persona pensa di avere una buona IE si passa al come questa IE si esplicita e al come il cliente si rapporta  con essa. Questo processo consente  l’originarsi di nuovi insight e di una IE più “consapevole”

Ultima cosa: la self awareness attivata attraverso il “come” sviluppa la capacità di nominare le nostre emozioni. Saper dare un nome alle nostre emozioni /esperienze ha un effetto importante. La parola attiva il nostro non implicito, la parte di noi che risiede nel nostro corpo (“al di sotto” delle emozioni).
Attivare il nostro non implicito significa attivare un’esperienza corporea, un sentire più olisticamente ampio che attiva il cambiamento.

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