Management relazionale nell’era digitale – una riflessione

Management relazionale nell’era digitale - una riflessione

Management relazionale nell’era digitale - una riflessione

Tecnologia e competenze relazionali: due dimensioni che all’apparenza possono sembrare molto distanti e invece sempre di più, in un mondo del lavoro in costante cambiamento, è necessario che si intersechino. Alberto Camuri, Executive Coach, nella sua riflessione mette in luce come proprio nel momento in cui le relazioni interpersonali all’interno delle aziende sembrano diventare più rarefatte è opportuno, per mantenere alto l’engagement delle persone, fare in modo che le relazioni e l’essere umano diventino il motore di tutto ciò che succede all’interno dell’organizzazione.  

Stiamo vivendo un momento storico estremamente dinamico e caratterizzato da una sempre più forte e pervasiva diffusione delle tecnologie digitali, che certamente stanno pesantemente impattando sul mondo del lavoro, delle organizzazioni, direi del vivere quotidiano.

Il Management, dovendo affrontare questa evoluzione, a volte la vive in modo estremamente polarizzato: da una parte coloro che ricordano i bei tempi andati, dall’altra coloro che sono proiettati nel futuro esaltandone i benefici e le positività. Questo senza però soffermarsi a riflettere e connettere passato, presente e futuro e quindi senza valutarne con attenzione positività e rischi.

Accogliere i cambiamenti e cavalcare le opportunità connesse implica consapevolezza. Implica essere attenti, curiosi, osservare, ascoltare, saper cogliere i segnali, anche quelli deboli. Vorrei soffermarmi a condividere alcune riflessioni su un punto la cui consapevolezza ritengo sia strategica in questo momento.

Sembra che oggi l’evoluzione delle tecnologie digitali, la loro diffusione, stia oscurando o quanto meno riducendo l’attenzione, presi dal gorgo del fare e dal gorgo tecnologico, nei confronti della centralità dell’essere umano per il successo o meno di una organizzazione, nel suo percorso di sviluppo e di crescita.

Nulla di più sbagliato, a mio avviso.

Oggi più che mai, se vogliamo sfruttare la tecnologia, il Management deve porre attenzione alla valorizzazione dell’elemento umano, alla creazione di ambienti di lavoro che, pur diventando sempre più virtuali, stimolino un forte senso di engagement, che siano ambienti nel quale realizzare quella pienezza di vita che non può prescindere dal legame profondo con gli altri, dal riconoscimento reciproco, dall’avere mete e fini in grado di dare senso alle vite nel mondo del lavoro, ambienti in cui si possa “respirare” fiducia e sicurezza psicologica.

Management relazionale nell’era digitale - una riflessione

L’engagement è il livello con cui una persona si sente coinvolta nel proprio lavoro e nell’organizzazione cui appartiene. Le persone “engaged” lavorano con passione, si sentono connesse con l’organizzazione, sono proattive, contribuiscono al miglioramento organizzativo e a quello della propria esperienza sia dal punto di vista personale che professionale, sono orientate all’innovazione e al futuro.

Essere orientati all’innovazione e al futuro è un atteggiamento fondamentale in un momento in cui i cambiamenti sono continui, meno prevedibili, l’obsolescenza è veloce. La complessità è tale che richiede il contributo di tutti e non più di poche teste pensanti: richiede ambienti caratterizzati dalla collaborazione, dal confronto e condivisione delle conoscenze e idee, dalla voglia di sperimentare senza paura dell’errore.

Se guardiamo i dati relativi all’engagement nel mondo del lavoro Italiano, vediamo che ci troviamo di fronte ad un problema.

In base allo “State of The Global Workplace 2023” della Gallup il livello di engagement al lavoro in Italia è il più basso in Europa, solo un 5% di chi lavora risulta engaged. Questo significa che il 95% non è coinvolto.

Altro indicatore che ci deve far riflettere è il fenomeno sempre più diffuso del quiet quitting, l’abbandono silenzioso, la tendenza a fare il minimo indispensabile: indicatore che il mondo del lavoro è cambiato, le priorità sono cambiate.

Senza perder tempo nel disquisire troppo sui numeri, sulle percentuali, dobbiamo riconoscere che è una area da affrontare con urgenza, che da problema può diventare una grande opportunità se si sanno coniugare e armonizzare le ricadute dell’evoluzione tecnologica con le ricadute di una managerialità attenta alla relazionalità, a valorizzare e costruire relazioni solide, vere e basate sulla fiducia con i collaboratori.

Serve costruire relazioni solide con la consapevolezza che il virtuale non sostituisce il reale, ma lo può arricchire. E l’arricchimento è conseguenza della sensibilità e attenzione manageriale.

Dobbiamo quindi riconoscere che sempre di più, oltre alle hard skills, le soft skills fanno la vera differenza nel Management. Le competenze e capacità emotive e relazionali sono richieste per un sano governo nell’era digitale, che ha bisogno di grande proattività e flessibilità da parte dell’organizzazione tutta.

Le persone hanno bisogno di sentirsi riconosciute, ascoltate, di sentire che ci sono, hanno bisogno di sostegno nel dare risposte alle domande di senso, di condividere e intrecciare i loro progetti di vita con i progetti dell’organizzazione e tutto questo richiede attenzione relazionale, un’attenzione ancor più “attenta” se consideriamo il fatto che nelle organizzazioni convivono ormai molti cluster generazionali, ognuno con la sua specificità, con valori e visioni del mondo diverse.

La comunicazione, i canali, le modalità di interazione digitale sono importanti, ma non possono e non devono sostituirsi alla relazione in persona. In un mondo che corre, che non ha mai tempo, bisogna e si deve trovare il tempo per essere “umani”.

La consapevolezza non basta, si deve poi assumere la responsabilità di lavorare su di sé e si deve passare all’azione. Consapevolezza, responsabilità, azione: il tutto sostenuto dalla pratica della riflessività e dell’apprendimento esperienziale.

Questo implica, nel gorgo del vivere quotidiano, darsi delle priorità e dedicare dello spazio per potenziare e agire le proprie competenze e capacità emotive e relazionali.

Un Management attento è un Management che sente la sua responsabilità sia gestionale sia esistenziale verso i propri collaboratori.

Se pensiamo alle varie competenze comportamentali relazionali certamente la competenza della comunicazione interpersonale (in particolare dell’ascolto), della sensibilità interpersonale, del senso del team, risultano prioritarie per poter costruire legami forti,  per poter interconnettere, stimolare il senso di appartenenza valorizzando il contributo di ognuno.

Le persone più soddisfatte del proprio posto di lavoro hanno evidenziato una relazione con il Management caratterizzata da contatti frequenti in persona, dal reale interesse a conoscersi, coinvolgere tutti e aiutarli nello sviluppo nonostante tutte le cose da fare, nonostante il tempo che sembra non bastare mai.

Concludendo, mettiamoci periodicamente allo specchio, interroghiamoci su come governiamo le nostre competenze comportamentali relazionali e lavoriamo per mantenerle e potenziarle in modo ciclico e continuo. Sempre di più queste sono e saranno richieste nel mondo digitale e ci permetteranno di non dimenticarci mai che le risorse umane sono persone, ognuna con le sue specificità, valori, sogni, con i suoi bisogni di  relazione. 

La tecnologia è strumento e non può sostituirsi a noi.

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