Le sfide dei team internazionali: intervista a Federico Laschet
Team e organizzazioni sempre più internazionali: una ricchezza, certo, ma anche una possibile sfida per chi li gestisce. Abbiamo chiesto a Federico Laschet, ex CEO di CMS North America e con una pluriennale esperienza in contesti formati da persone con background geografici e culturali molto diversi, quali sono le competenze, i motivi di conflitto e le strategie necessarie per svolgere un ruolo manageriale nelle multinazionali. E anche in che modo il Coaching può aiutare a rendere questo tipo di team più efficaci.
- Quali sono le competenze necessarie per lavorare in contesti internazionali? E quali invece sono le competenze che si possono acquisire lavorando in ambienti di questo tipo?
Lavorare in contesti internazionali, a causa della complessità che presentano, richiede un insieme diversificato di competenze. Alcune, nella mia esperienza, ho avuto modo di vedere quanto siano fondamentali e mi riferisco principalmente ad abilità comunicative (comunicazione verbale, non verbale e scritta); collegata a questa c’è la necessità di avere consapevolezza e sensibilità culturale per costruire relazioni e navigare in ambienti diversi, che permette a sua volta di sviluppare una capacità di negoziazione interculturale, per trovare soluzioni reciprocamente vantaggiose. Fanno poi la differenza l’adattabilità, importantissima in contesti in cui le cose possono cambiare molto rapidamente, e le abilità interpersonali come l’empatia, ascolto attivo e gestione dei conflitti. È necessario poi avere capacità di leadership, intesa come capacità di ispirare e motivare, e un senso dei global affairs, che permette di comprendere i mercati globali, le normative del commercio internazionale e le pratiche commerciali. Inoltre bisogna essere dotati di resilienza e pazienza: lavorare in contesti internazionali può essere impegnativo e comportare battute d’arresto o ritardi. La resilienza e la pazienza sono essenziali per superare gli ostacoli e rimanere concentrati sugli obiettivi a lungo termine.D’altro canto, però, lavorare in ambienti internazionali offre opportunità per sviluppare e migliorare queste e altre competenze: come le linguistiche e culturali, lo sviluppo di un networking globale e un più affinato metodo di lavoro di squadra.
- Quali sono le sfide più grandi per un team che diventa internazionale? Quali sono i motivi più frequenti che generano conflitti?
Quando un team diventa internazionale, introduce una vasta gamma di prospettive, background e stili di lavoro. Sebbene questa diversità possa portare innovazione e creatività, presenta anche diverse sfide. Innanzitutto barriere comunicative e culturali: lingue, stili di comunicazione, disparità di fuso, ma anche culture, norme e valori differenti possono generare incomprensioni. Ci sono poi delle questioni pratiche sfidanti, come le complessità logistiche e le limitazioni tecnologiche che possono influire su collaborazione e produttività. È importante anche superare pregiudizi e una mancanza di fiducia, possibili tra persone che non si sono mai incontrate di persona e che comunicano virtualmente, e poi trovare un allineamento su obiettivi e priorità.In questi contesti, le sfide principali riguardano quindi la leadership, che deve garantire che tutte le persone del team si sentano valorizzate e incluse: è proprio la percezione di una mancanza di inclusività, infatti, che può generare conflitti. Una leadership poco attenta a questo tema rischia di causare errori di comunicazione e far percepire quindi disuguaglianze ed etnocentrismo. Se prendiamo ad esempio le differenze culturali tra Italia e Stati Uniti, ci accorgiamo che i rischi di incomprensione sono presenti in diversi ambiti, dal modo di comunicare, al rispetto per la gerarchia, ai processi decisionali fino anche al tema dell’equilibrio tra lavoro e vita privata.
Affrontare queste differenze (a volte ben maggiori quando le distanze culturali sono piu’ ampie, come tra Occidente e Oriente) all’interno delle organizzazioni richiede sforzi proattivi per favorire una comunicazione aperta, creare fiducia, promuovere la consapevolezza culturale e stabilire aspettative e protocolli chiari per la collaborazione.
È fondamentale per questo sviluppare una cultura comune all’interno delle aziende: si tratta di uno sforzo complesso ma cruciale per promuovere l’unità, la cooperazione e l’allineamento tra diverse località geografiche.
- Negli ultimi anni i team internazionali stanno diventando sempre più frequenti nelle organizzazioni. Nella tua esperienza, quali sono le strategie più utilizzate dal Management per promuovere l’unità?
Ce ne sono diverse che stanno dando buoni frutti. Intanto il punto di partenza è stabilire una missione, una visione e un insieme di valori chiari che risuonino in tutti i rami dell’azienda. Questi dovrebbero essere comunicati in modo efficace e coerente a tutti i dipendenti, indipendentemente dalla loro ubicazione, per diventare un vero collante. Come è già emerso dalle domande precedenti, la comunicazione è un aspetto cruciale, e anche l’utilizzo di vari canali per diffondere informazioni, condividere storie di successo e rafforzare le norme culturali aiuta a creare un senso di appartenenza e unità tra i dipendenti. Migliore comunicazione significa anche maggior coinvolgimento, perché incoraggia la partecipazione ai processi decisionali, riconoscendo il singolo contributo e offrendo opportunità di feedback e dialogo. Da non dimenticare è la formazione, per sviluppare consapevolezza sulla cultura e i valori aziendali, ma anche sulle diverse sensibilità culturali presenti, per favorire l’integrazione delle culture locali e dei processi di socializzazione, formali e informali.La tecnologia, gli strumenti e i sistemi di gestione possono rivelarsi utili mezzi di coesione, per incorporare i valori e i comportamenti desiderati nelle metriche, nelle valutazioni e nei premi, ma anche per favorire la collaborazione e creare team building virtuali utili a superare le barriere e favorire un senso di comunità.
Per far sì che tutto questo avvenga, però, la base deve essere una leadership allineata: i leader infatti fungono da modelli per i comportamenti desiderati e quindi è essenziale che i leader a tutti i livelli dell’organizzazione promuovano attivamente la cultura aziendale nei loro comportamenti e nei processi decisionali.
Che sia possibile farlo ce lo dicono le esperienze di notissime multinazionali, come Google, McDonald’s Corporation, Microsoft, IKEA e Unilever: tutte aziende che hanno dimostrato che si può raggiungere una cultura comune enfatizzando i valori fondamentali, promuovendo la collaborazione e implementando pratiche coerenti.
- Quale immagini sia il futuro nelle aziende dal punto di vista della costruzione della diversità culturale? Come sarà la situazione da qui a cinque anni?
È probabile che il futuro delle aziende in termini di costruzione della diversità culturale continui ad evolversi in una direzione positiva. Man mano che andiamo avanti, c’è un crescente riconoscimento del valore che la diversità apporta alle organizzazioni, non solo in termini di promozione dell’innovazione e della creatività, ma anche nel miglioramento della soddisfazione e del coinvolgimento dei dipendenti.Tra cinque anni, immagino che la diversità culturale sarà ancora più profondamente radicata nel tessuto delle aziende.
Le aziende possono implementare programmi di diversità e inclusione più solidi, comprese iniziative per attrarre e trattenere talenti diversi, fornire formazione sui pregiudizi inconsci e promuovere le competenze culturali tra i dipendenti. Inoltre, potrebbero essere compiuti maggiori sforzi per diversificare le posizioni di leadership, garantendo che il processo decisionale rifletta un’ampia gamma di prospettive. Tuttavia, l’ascesa di governi nazionalisti e conservatori potrebbe avere un impatto sulle comunicazioni interculturali, ostacolandole, ma per fortuna la comunicazione interculturale è resiliente e adattabile. Anche in ambienti influenzati da polarizzazioni ideologiche, individui, organizzazioni e movimenti di base possono promuovere la comprensione, l’empatia e la cooperazione.
Anche i progressi tecnologici possono svolgere un ruolo, facilitando il lavoro a distanza e la collaborazione oltre i confini geografici, il che può migliorare ulteriormente la diversità consentendo l’accesso a talenti provenienti da diverse regioni e culture.
Nel complesso, il futuro delle aziende in termini di sviluppo della diversità culturale sembra promettente, con un’attenzione continua alla creazione di luoghi di lavoro inclusivi che celebrino e sfruttino la ricchezza della diversità.
- In che modo un approccio Coaching può aiutare a gestire le differenze all’interno di un team o un gruppo?
Il Coaching può essere un approccio potente per gestire le differenze all’interno di una squadra o di un gruppo favorendo la comprensione, la comunicazione e la collaborazione tra i membri del team. I vantaggi sono vari: fa apprendere come facilitare un dialogo aperto e costruttivo tra i membri del team per aiutarli a comprendere le prospettive, i background e le preferenze reciproci, riducendo così le incomprensioni e i conflitti derivanti dalle differenze. Aiuta a costruire empatia e a comprendere le ragioni delle differenze tra persone apprezzando il valore che ogni individuo apporta al team. Permette di identificare i punti di forza dei singoli e del team, spostando l’attenzione sulle competenze complementari. Promuove l’inclusione, crea un senso di appartenenza e fornisce tecniche e strategie per gestire i conflitti in maniera efficace. Contribuisce a creare un obiettivo comune e, quando i membri del team sono allineati verso una visione condivisa, è più probabile che collaborino in modo efficace. Supporta poi nello sviluppo dell’autoconsapevolezza, allenando la comprensione dei pregiudizi e la gestione delle proprie reazioni, e promuove un mindset rivolto alla crescita.Nel complesso, un approccio Coaching può aiutare davvero i team a sfruttare le differenze come punti di forza piuttosto che come passività, portando a maggiore creatività, innovazione e prestazioni complessive del team.