Ne parliamo la prossima settimana

Al centro del lavoro di un team c’è il dialogo. Attraverso il dialogo, il Team e i suoi componenti condividono obiettivi, aspettative, problemi, possibili soluzioni e decisioni e si organizzano tra di loro. Il dialogo è l’architrave attraverso cui far evolvere le relazioni con gli altri e renderle fruttuose, ma nei Team è anche la traslazione della pratica riflessiva individuale in una pratica sociale. Al dialogo siamo dunque abituati e ne facciamo uso quotidiano. Oppure...

Qualche tempo fa, durante una giornata di Group Coaching dedicata allo sviluppo della Comunicazione Interpersonale, in un un gruppo di Partner e Senior Manager di una prestigiosa società di consulenza strategica, abbiamo attivato un role play tipo “intervista di selezione”. A turno, i Partner intervistavano i Senior e viceversa, per osservare in primis come costruivano la relazione e poi come e se le domande formulate avessero in qualche modo la capacità di rilevare le competenze comportamentali dell’interlocutore.

Mentre l’esercizio si stava svolgendo ho potuto assistere all’esercitazione di un Partner che intervistava un Senior con cui lavora quotidianamente da alcuni anni. Il Partner, esaurite le domande sui business case con relativi challenge assai poco fruttiferi in termini di rilevazione delle competenze comportamentali, ha indovinato una domanda a suo dire originale:
“Anna, raccontami qualcosa della tua più grande passione al di fuori del lavoro”
“Della mia più grande passione? Del découpage?”
“Come del découpage?”
“Sì, mi hai chiesto della mia più grande passione. Il découpage è la mia più grande passione!”
“Ma come? Il découpage? è anche la mia passione! Possibile? Davvero? Non lo sapevo!”
“Neanche io! Ma tu pensa! Non c’è mai stata occasione… sì, in fondo non c’è mai tempo per parlare di queste cose… insomma con tutto quello che c’è da fare”.
“Eh certo! Proprio così! Ma un giorno di questi dobbiamo parlarne assolutamente! Incredibile! Il découpage!”

Non so quanto siano frequenti queste situazioni, in cui due o più persone si frequentano quotidianamente per anni, ma quello che presentano l’uno all’altro (l’una all’altra nella nostra storia) è solo l’immagine professionale, nient’altro. E, su questa immagine che si scambiano tra loro, costruiscono relazioni che durano per anni senza sviluppare alcun dialogo.

Dov’è il distinguo? Non siamo forse tenuti ad esercitare un ruolo sul lavoro ed una volta concluso quello, realizzati i nostri obiettivi, e dopo aver corrisposto alle aspettative, altro non dobbiamo né dare né ricevere da alcuno? Cos’altro ci può essere chiesto oltre a questo?

Su questa limitazione, anche condivisibile, si schianta la possibilità di trasformare il dialogo in un’opportunità di crescita, crescita che può avvenire solo in termini personali e può tradursi in una serie di soluzioni comportamentali e professionali atte a svolgere in modo più efficace e soddisfacente il nostro lavoro.

Perché questo confine diventa il muro contro cui si schianta il dialogo?
Perché il dialogo è lo strumento attraverso cui prende forma e trova senso quello che siamo e facciamo rispetto all’ambiente e alle relazioni che ci circondano. È grazie al dialogo che possiamo comprendere cosa, di quello che facciamo, arriva oltre i confini delle nostre intenzioni e come quelle intenzioni diventino il percepito di ciò che siamo agli occhi degli altri.

Nulla è più ovvio, evidente e complesso di un dialogo profittevole con gli altri e niente è più plasticamente riconoscibile quando lo si ricerca come indicatore di efficacia di un Team. In un Team, così come in una relazione a due, le persone trasferiscono attraverso le parole il senso delle cose che fanno, dei comportamenti che adottano, delle emozioni che li muovono, e riconoscono e si nutrono delle parole degli altri per comprendere ciò che effettivamente arriva.

Nei Team ancor più che nelle relazioni individuali il dialogo è il filo conduttore dello sviluppo e dell’apprendimento collettivo. La modalità di interazione tra le persone, l’assunzione di ruoli e di responsabilità all’interno del Team e verso gli attori esterni passa attraverso il dialogo, magari schietto, a volte ruvido, ma vivo e a cui le persone si affidano. I conflitti, il renderli espliciti e la strada per risolverli passano dal dialogo.

Il dialogo nei Team è un’arma tagliente, efficace, che i Team sanno maneggiare. Tagliente perché deve squarciare la superficie dei non detti, deve puntare a sanare gli elefanti nella stanza che nessuno vuole vedere o di cui nessuno si vuole curare. Efficace perché porta risultati, conclude i dibattiti, eleva la capacità decisionale e spreme il miglior contributo da ciascuno dei partecipanti. E per maneggiare quest’arma i Team performanti adottano la più ovvia delle soluzioni: praticano. Poi praticano ancora. E continuano a praticarlo.

Al dialogo siamo strutturalmente impreparati e costantemente esposti. Anche domani troveremo il modo di trovarci insoddisfatti per come siamo riusciti a rappresentare le nostre idee, a cogliere il punto di vista degli altri, a formulare soluzioni o anche semplicemente indicazioni davvero fungibili per chi ci ascolta.

Oppure domani potremmo appuntarci di guardare al dialogo per quello che è e scoprire un mondo disposto a dialogare con noi, per aiutarci a capire chi veramente siamo o come ci riesce la rappresentazione di noi che vogliamo dare.

Oppure possiamo rinviare alla prossima settimana, quando avremo più tempo libero.

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