Psicologia di una crisi: attraversare le crisi aziendali in modo costruttivo

Possiamo dirlo: affrontare l'incertezza sarà probabilmente l’unica vera certezza per questo 2021. L’anno che si è appena concluso ha sfidato modelli operativi e messo sotto stress l’evoluzione e la crescita precedentemente definiti dalle organizzazioni. Alcune ne sono uscite vincenti, altre, nonostante lo sviluppo di piani d’azione utili a mitigare i potenziali impatti, stanno attraversando momenti significativi di crisi. In alcuni casi questo può significare un cambiamento totale dell’organizzazione, con nuovi equilibri operativi e comportamentali, con crescente enfasi sui valori e sugli obiettivi.

L’attuale pandemia ha dato risalto e portato al centro delle discussioni termini quali imprevedibilità, incertezza e trasformazione, e i Leader aziendali sono impegnati nella revisione del piano strategico, nella definizione di piani di contenimento e nell’elaborazione di una visione post-crisi, lavorando per scenari ed ipotizzando coerentemente azioni e investimenti utili ad accelerare la ripresa.
Quale che sia la scelta strategica che il Management deciderà di implementare, come già espresso da Roberto Degli Esposti sul tema Post-Merger, il successo del cambiamento dipende dalla capacità di ingaggiare le persone nel percorso di trasformazione.
Se fa parte del linguaggio comune dire che “l’azienda attraversa/affronta una crisi”, è importante ricordare che in realtà ogni singola persona affronta la crisi a modo suo e la attraversa con impatti più o meno forti a livello psicologico ed emotivo.
Lo stesso vale per i Leader, che affrontano queste sfide a livello individuale, essendo anche responsabili del supporto di un’ampia sezione trasversale di persone, che hanno tutte la loro gamma di esperienze, emozioni e risorse per rispondere e che in molti casi stanno pagando in termini di benessere psicologico.

Impatto emotivo e psicologico: come reagiamo durante una crisi?
Partiamo da una riflessione generale: una crisi aziendale comporta per i singoli dipendenti l’esposizione ad uno stress significativo e ad un possibile sovraccarico di informazioni di natura diversa: ufficiali, ufficiose e “da macchinetta del caffè”.
Tutto questo ha un comprensibile impatto a livello individuale e di gruppo, generando stupore, confusione e senso di precarietà. Ma non solo.

Il modo in cui le persone reagiscono durante una crisi aziendale è estremamente complesso e variegato: ciascuno di noi reagisce in modo differente coerentemente con le caratteristiche della crisi stessa, con la posizione lavorativa o il ruolo che ricopre, con l’individuale livello di sensibilità e, ovviamente, in base alla struttura di personalità.
In ogni caso, è possibile rintracciare alcune reazioni psicologiche ed emotive più diffuse, che le persone tendenzialmente manifestano quando si trovano a dover affrontare un periodo di crisi sul posto di lavoro.
Ecco le più diffuse.

  1. Rabbia. Il tema relazionale centrale alla base della rabbia è la percezione di un attacco contro “me” e “mio”. In una situazione di crisi, le persone sentono che l’organizzazione sta mettendo “sotto attacco” il loro benessere e tutti i dipendenti: uno dei pensieri più diffusi è che l’organizzazione è responsabile per le scelte dannose che hanno portato alla crisi e che avrebbero potuto essere controllate o addirittura prevenute.
  2. Paura. Il tema relazionale centrale alla base della paura è affrontare una minaccia incerta ed esistenziale. Il senso di incertezza sul futuro e su ciò che succederà, e l’insicurezza provocata dal fatto che ci si trova in una situazione nuova, in cui fatichiamo a paragonare il qui e ora con situazioni pregresse, necessariamente ci spaventano. Nessuno conosce la portata del cambiamento, il modo in cui evolverà e quali condizioni creerà, pertanto risulta impossibile qualunque tipo di previsione affidabile e di pianificazione.
  3. Ansia. È uno stato emotivo associato a una condizione di allerta a volte eccessiva rispetto alla reale situazione ed è generata da un meccanismo psicologico di risposta allo stress. Nelle situazioni di crisi, per ridurre la propria ansia, le persone cercano informazioni per capire le loro opzioni e confermare o disconfermare le loro convinzioni. Possono scegliere una fonte di informazione familiare rispetto a una fonte meno familiare, indipendentemente dall’accuratezza delle informazioni fornite.
  4. Tristezza. La tristezza è spesso intesa come emozione da rifuggire, indicativa di una sorta di malfunzionamento personale, che impedisce di vivere appieno le opportunità e costruirne di nuove. È importante, invece, considerarla come una condizione che permette, attraverso lentezza e riflessione, di comprendere ed elaborare ciò che sta accadendo. Potrebbe però condurre ad un eccessivo isolamento.
  5. Emozioni positive. Le emozioni positive vissute dai dipendenti durante un cambiamento sono estremamente importanti: sono associate ad una maggiore creatività, spontaneità e reattività agli stimoli e influenzano il modo in cui le persone esplorano nuovi modi per soddisfare le nuove richieste che arrivano dal contesto in trasformazione. Le emozioni positive che vengono sperimentate in queste situazioni sono tipicamente connesse all’area della fiducia (connessa alla percezione positiva di auto-efficacia), dell’ottimismo (di chi guarda ad un futuro migliore in cui credere che le cose andranno per il meglio) e del desiderio (inteso come sensazione di prontezza e di attivazione per qualcosa che verrà).

Tutte queste emozioni sono naturali ma è importante sapere che potrebbero costituire risposte disadattive alla crisi, laddove impedissero di attuare quei comportamenti necessari per affrontare il cambiamento in modo ottimale, per stare nelle nuove condizioni esterne cogliendone gli aspetti vantaggiosi e le opportunità di sviluppo e di crescita, sia professionali che personali.
Tutto questo con un impatto positivo non solo per il singolo ma anche per la performance aziendale.

Già qualche anno fa in “Crisis management: the psychological dimension” (Doepel, 1991) e in “Trauma, crisis intervention and psychological debriefing” (Hodgkinson e Stewart, 1993) si è proposta l’idea che la gestione delle crisi aziendali sarebbe più efficace se fossero sviluppate strategie per affrontare lo stress del Management e dei dipendenti a seguito di eventi traumatici.
Oggi tutto questo è ancor più impattante e diventa fondamentale capire come gestire queste reazioni diffuse e favorire le condizioni affinché le persone riescano ad assumere un atteggiamento diverso che consenta di attraversare la crisi con una buona percezione di autoefficacia e con una chiara attenzione al benessere individuale.

Leggi anche l’articolo di Tim Bright:
Guidare te stesso e gli altri durante una crisi

Gestire una crisi significa gestire le emozioni
Le varie reazioni psicologiche si manifestano nelle persone in modo naturale, automatico, ma anche imprevedibile: l’impatto psicologico ed emotivo, come abbiamo detto, dipende fortemente da molti fattori, che si influenzano a vicenda e non sono sempre chiaramente identificabili. Per questo è molto probabile che nello stesso momento o di fronte alla stessa difficoltà persone diverse reagiscano in modi diversi, manifestando comportamenti ed emozioni anche opposte.

La gestione ottimale di una crisi è allora primariamente gestione delle persone che affrontano questa crisi e delle emozioni che esse provano.
Occorre dunque che i Leader assumano un atteggiamento di apertura nei confronti del team, riservando un’attenzione vivida e costante all’aspetto emotivo e psicologico, e dunque umano, di questo. Diviene fondamentale che il Leader si impegni in un ascolto attivo dell’altro, mosso cioè dall’intenzione di conoscere e riconoscere ciò che l’altro prova, per poterlo comprendere e affrontare in modo adeguato. In quest’ottica è importante che il Leader ricerchi un contatto intimo e personale con ciascun membro del team, instaurando e coltivando una relazione genuina.

Questa comprensione profonda richiede tempo ed energia da parte del Leader, ma è un elemento funzionale ad una buona gestione di un team, che diviene indispensabile durante una crisi e che può fare davvero la differenza sulle modalità e sulle tempistiche di ripresa di un’organizzazione. Consente infatti di prendere decisioni e attuare comportamenti più consapevoli e quindi efficaci, e inoltre di fornire ai lavoratori stessi gli strumenti concreti per cambiare mindset.

Nell’ultimo anno le discussioni sulle emozioni e la resilienza psicologica sul lavoro sono state legittimate in un modo che avrebbero dovuto essere decenni fa, ma ora spetta alle singole imprese e ai Leader mantenere vivo il dialogo.

Quali comportamenti adottare come Leader aziendali?
I Leader di un’organizzazione in crisi affrontano importanti sfide: come gestire il proprio senso di impotenza, come motivare gli altri, come pianificare un numero qualsiasi di scenari probabili, come pensare strategicamente pur gestendo la quotidianità, come gestire la sfida del tempo e la sfida della gestione di sé.
Sebbene sia ben chiaro a livello razionale che la comunicazione durante una crisi è fondamentale, nella mia esperienza come Executive Coach in queste situazioni il Management tende a focalizzarsi -comprensibilmente- sulle sfide di business, mettendo in secondo piano il dialogo con i dipendenti.
La tendenza spontanea e molto diffusa, di proteggere i membri del proprio team, con l’obiettivo di contenere il panico e mantenere invece un clima di apparente tranquillità, è controproducente. Nei momenti di crisi, quello che occorre è invece rendere il più possibile consapevoli tutti i membri di un team relativamente a quelle che sono le condizioni attuali, i rischi e i probabili cambiamenti.

I Leader che comunicano con urgenza, trasparenza ed empatia, aiutano le persone ad adattarsi alle condizioni in continua evoluzione che le crisi comportano.
Come scrive Gianpiero Petriglieri nell’articolo The Psychology Behind Effective Crisis Leadership, un Leader efficace non è colui che rassicura il proprio team sul futuro, dando speranze irrealistiche e necessariamente poco fondate in tempi di incertezza: la strategia corretta è invece quella di sostenere in modo concreto il team, aiutando le persone ad analizzare il contesto e la situazione, identificando le criticità, mettendo a fuoco possibili soluzioni, obiettivi e strade percorribili.
Questo contribuisce a generare un senso di appartenenza e di vicinanza reciproca, creando coinvolgimento e coesione: consente di stabilire e mantenere il contatto, che è bene che sia supportato per esempio da feedback e interazioni frequenti.

Questi comportamenti contribuiscono in modo sostanziale a stemperare la paura, perché consentono recuperare parte della percezione di controllo e di possibilità di incidere sul contesto con un impatto positivo sull’energia e sulla motivazione dei collaboratori.

Oltre ad un confronto continuo sullo stato dell’arte, mi sento di ricordare l’importanza di dare il giusto spazio alle emozioni e allontanarci dalla tentazione di negarle per non sostare in un terreno complesso da gestire, soprattutto nelle fasi di crisi.
L’abbiamo detto: le crisi organizzative sono esperienze altamente emotive per tutte le parti in gioco. Eppure, le situazioni di crisi spesso si traducono in una comunicazione tra le due parti emotivamente carica ma che non parla di emozioni.

Nei percorsi di Business Coaching lavoriamo spesso sulle competenze di Gestione di Sé, Resilienza ed Intelligenza Emotiva. A questo scopo abbiamo anche creato uno strumento chiamato flowknow, che contiene un dizionario delle emozioni, un vero e proprio supporto per aiutare le persone nel percorso di ciò che chiamiamo alfabetizzazione emotiva, ovvero l’abilità di riconoscere e dare un nome specifico al sentito nostro ma anche altrui.
Ritengo che l’allenamento costante dei comportamenti connessi a queste competenze possa fare realmente la differenza nelle situazioni di crisi.
I Leader sono infatti chiamati a ricercare costantemente quell’equilibrio che consentirà loro non solo di occuparsi efficacemente del business, ma soprattutto di essere empatici e compassionevoli con il proprio team, sostenendo energia, engagement e modalità di azione compatte e focalizzate verso l’obiettivo aziendale.

Se in un contesto imprevedibile ed instabile non abbiamo certezza dei risultati, non possiamo tuttavia rinunciare ad un costante lavoro sulle persone, un lavoro fatto di ascolto, accoglienza e comunicazione aperta e trasparente.
Le crisi pongono al centro la reciprocità della relazione Leader-Dipendenti, evidenziando da un lato l’importanza dell’esercizio di una leadership empatica e diffusa, dall’altro l’imprescindibilità del coinvolgimento delle persone perché visione e strategia aziendale diventino modelli e piani operativi di successo.

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