Come muovere l’energia organizzativa del team

energia organizzativa

Un Sales Director che demolisce l’energia della sua squadra, un AD che deve spronare il gruppo a uscire dalla sua comfort zone: partendo dall’osservazione di due aziende clienti Marianne Fröberg, Business Coach di Performant by SCOA, descrive come l’energia di un’organizzazione può essere studiata e trasformata per migliorare le prestazioni ed il clima di lavoro.

Il Leader Corrosivo

“Perché nessuno parla durante le riunioni del nostro team?” mi chiede il mio Coachee, Sales Director di un’importante agenzia pubblicitaria, al nostro primo incontro. “Non faccio altro che fare domande. Singolarmente hanno tante idee ma quando siamo insieme non aprono bocca. Sono giovani eccellenti, li vorrei far cresce ma non so come”. 

Una situazione non rara questa, dove l’organizzazione e il gruppo finiscono in un dead end senza saper uscirne fuori. Lo vediamo ogni giorno nelle nostre esperienze di Business Coaching. 

Il Sales Director continua: “I Sales Support sono incapaci. Noi creiamo piani eccezionali ma loro non sono in grado di realizzarli”. La situazione è critica. Il team, composto da 6 membri, è esposto a un enorme quantitativo di stress. I risultati attesi non stanno arrivando già da un po’ e la Direzione sta perdendo la pazienza.

L’intenzione di incolpare l’altro gruppo, il Sales Support, inizia a serpeggiare per i corridoi dell’azienda. L’energia sembra compressa, compatta, come una pentola a pressione.  

Il culmine di questa compressione d’energia negativa arriva con una riunione commerciale che finisce male, con accuse e parole dure tra il Sales Team e il Sales Support. “Se dipendesse da noi, sareste tutti senza lavoro”. Questo commento rimane a galleggiare nell’aria. 

“Tante persone capaci e brillanti… come siamo finiti in questa situazione?” si domanda il Sales Director. 

In questa situazione, si è creato un clima energetico che chiamiamo “corrosivo”, che con il tempo probabilmente sbriciolerà il team in fratture interne. Il Team Coaching in questo caso, diventa lo strumento per “rivelare il sistema al sistema”. I due team cominciano a lavorare su se stessi. Poco alla volta grazie al Coaching, si disvela una situazione che trova il suo epicentro proprio nel Sales Director (che nel Coaching ricopre il ruolo di leader del team) e in due membri del suo Sales Team. 

Serve una cultura dell’errore

Il Coaching parte da un processo volto a ricreare un clima di fiducia in cui si attua la sospensione del giudizio: il focus è spostare l’energia e trasformarla in più produttiva. Per fare ciò, durante il Coaching il team si esercita ad aprire la propria prospettiva e a mettersi nei panni dell’altro. Con grande fatica imparano a mettersi in discussione. Inoltre viene introdotta una nuova cultura dell’errore che permette all’organizzazione di imparare da ciò che non ha funzionato, e ne riconosce l’utilità nel percorso di crescita.

Durante il Team Coaching emerge che il Team Leader ha aspettative molto alte per il team e non si rende conto di essere estremamente critico: oltre che ad essere esigente, pretende tanto da se stesso e dal team. L’errore non è mai accettabile, e quando si verifica parte la caccia al colpevole.

Far emergere l’importanza dei comportamenti messi in campo è un processo delicato: in questo senso, diventa essenziale il percorso di consapevolezza e cambiamento che intraprende in prima istanza il team leader.

Successivamente il gruppo migliora l’ascolto attivo, fa emergere le idee, anche quelle più creative. Il permesso di sbagliare lascia spazio alla creatività e al dialogo con l’altro team.

Dopo due mesi di lavoro ci incontriamo per fare un punto della situazione. “Qualcosa sta cambiando, ho iniziato ad ascoltare” dice il mio Coachee, il Sales Director. “Onestamente, prima li volevo solo distruggere… Devo prendere ancora l’abitudine a raccontare al team i miei errori, ma la volta scorsa ho condiviso una mia difficoltà e Francesca [membro del mio team, N.d.E] ha avuto un’idea su come risolverla. Vedo il gruppo più aperto adesso, abbiamo imparato a dare dei feedback invece di stare in silenzio e criticare”. 

La differenza più grande che hanno constatato sta nel rapporto con il Sales Support, con il quale avevano condiviso il nuovo piano. E questa volta non hanno litigato, ma si sono confrontati apertamente. 

Dall’energia confortevole all’incontro con il Drago

“Mi sento frustrata, non sento nessuna energia, sono tutti abbattuti”. L’AD di una multinazionale, un’altra mia cliente a capo di un Leadership Team composto da 10 membri, si sfoga con me durante la nostra prima intervista. Mi dice che per ora i risultati sono ancora in positivo, ma la situazione è in lento e costante declino da anni. “Ora il nostro competitor sta rilanciando una nuova strategia e temo che se non stiamo attenti ci mangerà. Siamo troppo sazi, troppo consapevoli del successo che la nostra marca ci ha portato. In più i nuovi proprietari ci stanno chiedendo di estenderci su nuovi fronti con 3 nuovi brand”.  

Questi gli aggettivi che l’AD usa per descrivere il suo gruppo di lavoro: bravi, simpatici, tranquilli e sereni.  Durante la prima sessione di Team Coaching non emerge una singola nuvola sul cielo sereno ma nemmeno una motivazione a cambiare, grinta o spinta al cambiamento. 

Sembra una falsa calma: qualcosa non va. 

Infatti con il procedere delle sessioni di Coaching emerge una totale assenza di “team feeling”. Ognuno fa il suo, manca un senso di “noi” e un obiettivo a cui guardare. La frustrazione dell’AD non si canalizza in una forza propulsiva e, infatti, i membri del suo team la sentono lontana. Il team fa emergere la necessità di una visione, un piano condiviso, un sogno. 

Perciò, il percorso di Coaching iniziato prima del lockdown rende chiara a tutti la situazione. Lavorando sulla auto-osservazione e comunicazione mettono le basi per un’interazione più onesta e diretta. 

Da marzo 2020, blocco totale – il mercato crolla, aumentano le criticità e un canale di vendita dell’organizzazione praticamente sparisce. In poche settimane si arriva ad una situazione nuova che si aggrava nei mesi successivi: si comincia a parlare per la prima volta di tagli, riorganizzazioni, ristrutturazione. 

La sconfitta del Drago

Il team, sotto choc, si trova ad affrontare una nuova sfida: sopravvivere. Obbligati a coordinarsi e a mettere in atto un piano d’emergenza, iniziano a comunicare, ad aiutarsi, a collaborare. L’adrenalina e un po’ di preoccupazione spronano il gruppo a combattere insieme. Affrontano mesi durissimi con una grande incertezza, riunioni in virtuale quotidiane, nuovi piani e strategie da mettere in atto immediatamente. Attivano un secondo canale vendita. Passo per passo la discesa rallenta, il canale alternativo di vendita inizia a prendere velocità e con l’arrivo dell’estate giungono i primi output positivi: la macchina ha iniziato a muoversi. Ora, a inizio autunno, i risultati e l’ottimismo crescono.

Quando ci rivediamo a settembre trovo un team nuovo, con più energia, motivazione e autostima. Sono riusciti a sopravvivere. Ora hanno capito il valore del gruppo e la comunicazione è diventata più onesta. Vogliono crescere, raggiungere risultati migliori. Si lavora con il feedback onesto e diretto, si arriva a discussioni accese, conflitti positivi, e finalmente a un clima di confronto fertile. 

Il team si è ri-formato, con una nuova energia. Insieme hanno imparato come comunicare meglio, ridurre la lentezza nel prendere decisioni ed essere più chiari. Il team ora ha la consapevolezza di aver migliorato la  coesione, e le sessioni di Team Coaching diventano produttive per allenarsi nel decision making. Durante una sessione il team riesce a creare una nuova visione dell’azienda. Si decide insieme che la prossima sfida sarà creare un nuova cultura attorno alla nuova identity. 

La situazione dunque è stata sbloccata: combattere un nemico in comune, “Slaying the Dragon”, li ha uniti. Il Team Coaching ha portato più consapevolezza su come canalizzare l’energia in modo costruttivo ed è stato un catalizzatore per l’evoluzione del team. 

Cos’è e come può essere classificata l’energia organizzativa

Cosa è successo ai due team che abbiamo descritto? Una lettura possibile parte da una riflessione sui tipi di energia presenti dei vari team e organizzazioni. 

Secondo i professori Heike Bruch e Bernd Vogel l’energia organizzativa è la forza con cui lavora un’azienda (o divisione o team). Lo definiscono come la misura in cui un’organizzazione o divisione o team ha mobilitato il proprio potenziale emotivo, cognitivo e comportamentale per perseguire i propri obiettivi.

LEGGI ANCHE: Fully Charged: an interview with Heike Bruch and Bernd Vogel

Un metodo per classificare l’energia organizzativa è la Matrice Energetica che viene usata per descrivere gli stati energetici misurati. 

La loro ricerca mostra che l’energia dell’organizzazione dipende da due variabili: 

  • l’intensità, che riflette il grado in cui un’azienda ha attivato il proprio potenziale
  • la qualità, che indica il modo in cui un’azienda utilizza la sua energia. Essa considera quanto le persone sono – oppure non sono – costruttivamente allineate con gli obiettivi aziendali generali condivisi. 

La combinazione di queste due dimensioni produce quattro diversi stati energetici potenzialmente esistenti nelle organizzazioni. Questi non si escludono a vicenda: le aziende li sperimentano tutti e quattro contemporaneamente in misura variabile.

La classificazione per aree e argomento permette di identificare aree prioritarie e strategie per trasformare l’energia stessa.

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  1. Energia corrosiva

Il caso del mio cliente, Sales Director, è un esempio chiaro di team con energia corrosiva. Secondo Bruch e Vogel l’energia corrosiva si manifesta come un inganno: l’organizzazione può apparire molto attiva, completamente vigile ed emotivamente coinvolta, ma se si perde il focus condiviso o si abusa della fiducia l’energia sottostante può risultare deviata e utilizzata in modo improprio.

Le forze sono investite in gran parte nell’aggressione interpersonale, nei combattimenti e nelle rivalità interne per promuovere l’agenda dei singoli manager o delle unità aziendali, invece di inseguire lo scopo dell’intera organizzazione. Pertanto, i processi corrosivi consumano l’energia dell’organizzazione.

  1. Energia produttiva

Il cluster dell’energia produttiva è un’altra minaccia all’energia di un’azienda. Nelle organizzazioni altamente energetiche, i leader sono spesso tentati di avviare troppe attività contemporaneamente, dedicando poco tempo alle singole tasks e spingendo i dipendenti inesorabilmente oltre i propri limiti. 

Un’aspirazione iniziale positiva a raggiungere un obiettivo può sfociare in un flusso incontrollato di attività non regolamentato. Alcuni amministratori delegati seguono il motto olimpico “Citius, Altius, Fortius” (più veloce, più alto, più forte) e spingono le loro aziende costantemente al di là delle loro capacità. Il risultato? Dimissioni, stanchezza o addirittura burnout di interi team. 

Come una macchina sovraccarica, l’efficienza dell’organizzazione viene profondamente compromessa dall’accumulo costante delle risorse e del potenziale umano dell’organizzazione. Bisogna trovare abitudini che “caricano le batterie”, introdurre attività che generano energia (i cosiddetti Energy Boost), riflessioni collettive o periodi di recupero, altrimenti mantenere lo stato produttivo non sarà sostenibile a lungo periodo.

  1. Energia confortevole

Nel nostro secondo caso si partiva da un uno stato di energia confortevole. Questa si manifesta quando l’organizzazione non richiede nessuno sforzo ai dipendenti né gratificazioni per i risultati raggiunti. 

Lo stato dell’energia confortevole si ritrova generalmente nelle grande organizzazioni, magari leader di mercato da parecchi anni, che se non rimangono attente possono rallentare o addirittura fermarsi.

A volte la ripartenza necessaria potrebbe essere stancante, e per questo è necessaria una ripresa: Steve Jobs sintetizzava questa volontà di non rimanere nel “limbo” con la sua famosa frase “Stay hungry, stay foolish”. Spesso richiede un intervento misto, un’attività fortemente motivante abbinata ad un cambiamento interno organizzativo, o come nel nostro case study, un cambiamento del contesto di business che crea un nuovo livello di energia. 

  1. Energia rassegnata

L’energia rassegnata richiama i concetti di inerzia e di immobilità. Senza una carica positiva e senza intensità energetica le persone perdono la speranza e la fiducia. Per uscire da questo loop di energia negativa serve capire il motivo della rassegnazione per poter ricreare la fiducia e un clima produttivo.

Detox e slaying the dragon: strategie per trasformare gli stadi dell’energia

Oltre che rappresentare un’esemplificazione dell’energia corrosiva, il nostro primo caso ci consente anche di esplicare la strategia che Bruch e Vogel chiamano Detox. Questa consiste in un passaggio di de-escalation dei conflitti interni tramite l’introduzione di elementi sani, nell’eliminazione di comportamenti altamente tossici mediante l’introduzione di una nuova buona dieta comportamentale. 

Nel nostro primo caso, la nuova dieta comportamentale era data dalla sospensione del giudizio, dalla cultura dell’errore e dalla comprensione del punto di vista dell’altro: elementi da cui è partito il processo di “disintossicazione”.  

Nel secondo caso, abbiamo invece un chiarissimo esempio di un’azienda che si è trovata a fronteggiare un “nemico” in comune, grazie al quale le persone sono uscite dalla loro comfort zone e si sono unite per combattere una battaglia che richiedeva un livello energetico più elevato. Ciò è accaduto durante l’emergenza COVID-19 che ha ribaltato e distrutto le zone di comfort che facevano “ristagnare” l’energia. Questo effetto viene chiamato “Slay the Dragon”, come descrivono i due professori. 

Come lavorare con l’energia e con la consapevolezza

Lavorando con i team mi stupisco ogni volta di quanto i membri che lo compongono già possiedano la loro miglior medicina, senza esserne consapevoli. 

Mi raccontano quasi subito il problema, rassegnati da uno stato che credono non si possa cambiare. Sentono di non essere in possesso degli strumenti necessari per risolvere la situazione: le dinamiche tra le persone vengono percepite come statiche, ma questa è una contraddizione in quanto sono, appunto, dinamiche. 

Con gli strumenti giusti si può invece cambiare una situazione, una dinamica distruttiva o poco motivante.

Un altro tema è che spesso non vediamo la mancanza di consapevolezza dei nostri stessi automatismi e delle nostre stesse reazioni. Invece, continuiamo a riconoscere e a lamentarci dei comportamenti degli altri. A un determinato comportamento aggressivo del collega abbiamo un risposta intuitiva di difesa, o di attacco, senza renderci conto che stiamo cadendo nella stessa trappola giorno dopo giorno: ci manca la comprensione dell’altro e di noi stessi.

Non siamo consapevoli delle nostre azioni, dei loro effetti o il motivo perchè scegliamo di averle. 

Vorrei pertanto invitare chi gestisce un team ad introdurre momenti di riflessione collettiva sul processo, sul COME avviene l’interazione nel team. Spesso parliamo solo di cambiare i comportamenti, ma se non sappiamo quali benefici e costi hanno non troveremo mai una motivazione per cambiarli. Diventa il classico “dopo natale mi iscrivo in palestra”.

Nel lavoro dello sviluppo dei team, essere consapevole della prospettiva dell’energia può essere di grande aiuto. Aggiungere una riflessione attenta al livello di energia, rendendo i membri del team consapevoli su dove si trovano, aiuta ad agire attivamente per spostarla. Tutto ciò per agire sulla produttività, per creare maggiore valore e dulcis in fundo, aumentare il benessere del team.

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