AFFRONTARE UN COLLOQUIO DI PROMOZIONE, RIPOSIZIONAMENTO E ASSESSMENT DA PUNTO DI VISTA DELLE SOFT SKILLS

Tra i temi principali di cui un Manager deve tenere conto nell’arco del suo percorso di crescita professionale, rientrano i colloqui di lavoro e gli assessment sia interni alla propria organizzazione sia quelli in fase di selezione, indispensabili per passare da un livello aziendale all’altro o da un’azienda all’altra, ma cruciali anche in situazioni di merger & acquisition in cui le persone vengono riconfermate nel proprio ruolo, riposizionate in un altro oppure indirizzate verso un percorso che le porterà fuori dall’azienda. Gestire questo passaggio con competenza e calma emotiva è una sfida importante per chiunque e richiede senz’altro una buona preparazione. In questo articolo parliamo di come prepararsi a un assessment e colloquio di promozione da punto di vista delle soft skills.

Che cos’è un colloquio di promozione e/o un assessment?

Nei passaggi di crescita professionale all’interno delle organizzazioni le persone vengono spesso valutate utilizzando vari strumenti. Nell’insieme, la finalità di queste diverse modalità di valutazione è quella di far emergere le qualità manageriali, il profilo comportamentale e le potenzialità di sviluppo della persona. 

Gli assessment possono essere condotti sia da consulenti esterni, oppure da assessor e personale interno. Le sessioni di valutazione possono comprendere, per esempio un pre work scritto (cv, biografia, autovalutazione), un’esercitazione di gruppo (role play), test (in basket, test psicoattitudinali e psicometrici) e/o interviste individuali. Questi ultimi in particolare hanno come scopo quello di mettere sotto pressione la persona per vedere come reagisce sotto stress e davanti a provocazioni.

Normalmente non è dato sapere esattamente come si svolgerà il colloquio o gli esercizi a cui si verrà sottoposti, né le domande a cui si dovrà rispondere. Per questo tanti pensano – erroneamente – che non ci si possa preparare a queste sessioni. 

Niente di più falso. L’allenamento fa da maestro. 

Infatti, spesso nel Coaching si sente parlare di palestre, ma in questo caso parliamo di vere e proprie gare che se giocate con competenza, portano al successo. Nel caso opposto, ovviamente, possono anche far perdere il posto di lavoro o la promozione desiderata. 

Serve mettere a fuoco il proprio percorso professionale

Sono tanti gli aspetti da prendere in considerazione di fronte a una sfida di questo tipo. In primis serve raccogliere tutte le informazioni a disposizione sul metodo di assessment, le persone che lo svolgeranno e i possibili criteri di valutazione: che cosa stanno valutando? Che tipo di caratteristiche vengono considerate positive per il ruolo in questione? 

Ci racconta Anja Puntari, Senior Business Coach in Performant by SCOA: «Quando aiuto un manager a preparare un assessment e il colloquio iniziamo sempre dalla sua storia personale. Serve riflettere sul percorso professionale e su come raccontarlo sotto una luce positiva. Quali sono stati i principali passaggi di crescita professionale e manageriale del percorso del Coachee? Cosa ha imparato da questi momenti? Che competenze ha allenato maggiormente?»

«Pensiamo di conoscere la nostra storia, ma in realtà spesso ci fermiamo in superficie. La scorriamo come un capitolo composto da tappe ufficiali senza analizzare che significato hanno avuto per la nostra crescita personale. Se non si ha un Coach a disposizione consiglio caldamente di prendersi un sparring partner con cui riflettere sul proprio percorso. Si tratta di fare un lavoro per leggere la propria storia in profondità e comprenderne le diverse sfaccettature».

Oltre a competenze acquisite, il passaggio successivo consiste nel riflettere sulle emozioni che hanno caratterizzato questi passaggi. Come mi sono sentita nei vari momenti della mia carriera? Che tipo di energia avevo? Una domanda classica posta nei colloqui di assessment si focalizza proprio sui momenti difficili del proprio percorso, ad esempio su come sono stati superati e che leve il candidato ha usato per risolvere questi momenti critici, spesso legati anche ad aspetti emotivi.  

Infatti una delle domande che può aprire il colloquio di assessment, ma che fa parte anche del repertorio di un’intervista di lavoro classica è: parlami di te.

È una domanda che lascia spazio a molte interpretazioni e altrettante risposte, e per questo è decisiva: la risposta a “parlami di te” rientra nello spettro della prima impressione che l’intervistatore ha del candidato, ed è il primo criterio di valutazione esercitato. 

In questa fase preliminare lo scopo è quello di valutare la reazione a una domanda concettualmente ampia e comprendere se l’interlocutore è in possesso di un profilo coerente con la posizione aperta. Risponderà in modo rilassato o si autosaboterà? Elencherà il suo cv come una lista o spiegherà come e perché può essere un grande fit per l’azienda?

Una buona preparazione permette di presentare un’idea chiara di chi si è e della direzione che si vuole intraprendere. È importante sottolineare perché l’opportunità per cui ci si sta candidando sia perfettamente in linea con le capacità e talenti acquisiti nelle precedenti esperienze. In questo senso può essere utile sottolineare esempi specifici e risultati ottenuti nel corso della propria carriera.

Un’adeguata preparazione permette anche una buona gestione del timing e la capacità di sintesi durante il colloquio. È opportuno condividere solo i dettagli sufficienti, in modo breve e conciso senza abbellire o dilungarsi troppo.

Le competenze da agire e su cui allenarsi prima degli esercizi di assessment e intervista

Gli assessment e le interviste di promozione rivolti verso profili aziendali ‘alti’ servono per valutare l’idoneità della persona di occuparsi di aspetti gestionali del lavoro che va a svolgere. Infatti nel percorso di crescita di ogni manager arriva un momento in cui la persona non si occuperà più di aspetti tecnici o di dettaglio. 

Diventa importante saper trainare la propria squadra nella direzione voluta e considerare le emozioni come una fonte di energia che permette alle persone di contribuire pienamente al lavoro comune. Questo significa comprendere come gestire le persone con cui si lavora e come stare nella relazione con loro. L’assessment e i colloqui pongono spesso grande attenzione sulla parte emotiva, cioè valutano da un lato la capacità della persona di creare un contatto empatico, dall’altro la gestione costruttiva della propria dimensione emotiva anche in situazioni di forte pressione e stress. 

Al di là dei singoli contenuti, in un incontro di questo tipo vale la pena di soffermarsi su tre competenze che, se agite bene in questi contesti di lavoro, possono incidere sul risultato finale.

Assertività

L’assertività si traduce nella credibilità che gli interlocutori percepiscono su ciò che stiamo dicendo. È un contatto arcaico quasi animalesco, attraverso cui l’altro percepisce che noi o ‘siamo sul pezzo’ oppure no. 

Per essere assertivi dobbiamo avere grande consapevolezza della gestione del nostro corpo: che effetto ha il mio sguardo sull’altro? Risulto dominante oppure in difesa? Che energia riceve l’altro da me? 

I comportamenti di una persona che viene percepita come assertiva dagli interlocutori sono per esempio: 

  • esprimere apertamente i propri punti di vista e ascoltare con serenità argomenti contrari, 
  • rimanere in equilibrio di fronte ad attacchi, divaricazioni o aggressioni altrui.

«Agire in modo assertivo richiede molta energia. Credo sia opportuno prima di incontri importanti come questi, di prepararsi in maniera adeguata anche da un punto di vista energetico. Per esempio mangiare bene per non avere un calo di zuccheri in un momento critico, arrivare riposati e carichi all’incontro», dice Puntari.

Intelligenza emotiva

L’assertività è strettamente collegata ad una seconda competenza fondamentale da padroneggiare in un’intervista e/o esercitazione di assessment, che è la già sopra nominata intelligenza emotiva. Come rimanere in uno stato di equilibrio emotivo in questa situazione stressante? 

Possiamo influire sul nostro sentito emotivo attraverso canali diversi sia con il nostro pensiero che attraverso esercizi fisici. «La respirazione è uno degli strumenti più semplici ed efficaci che abbiamo alla nostra portata per influire sul nostro sentito. Ai miei Coachee consiglio di fare esercizi di respirazione pochi minuti prima dell’incontro, magari accompagnati da musica che dà loro la giusta carica. Per qualcuno può essere un brano di musica classica, per altri l’heavy metal; l’importante è che aiuti ad alzare il livello di energia per ‘esserci pienamente’».

Per sapere cosa può aiutarmi in una situazione stressante devo innanzitutto essere consapevole del ‘cosa funziona per me’ in una situazione normale, ma anche in situazioni particolari, come quelle date da un colloquio. Devo imparare ad ascoltare me stesso e chiedermi che cosa mi è utile fare in questo momento per essere in un buon equilibrio emotivo. 

Serve anche trovare uno spazio dedicato per raccogliersi e prepararsi, in quanto è importante trovare un luogo protetto dove caricarsi prima della partita. 

Oltre agli esercizi di respirazione o l’ascolto della musica possiamo influenzarci anche dal nostro portamento. Infatti vari studi ci riportano che assumere una posizione ‘aperta’, che occupa molto spazio, ci fa anche sentire più potenti. Mentre rannicchiarsi e farsi piccoli ad esempio incurvando le spalle, ci mette sulla difensiva e alimenta emozioni come paura, irrequietezza e incertezza che non ci permettono di performare bene. Per ciò nel momento del colloquio serve avere focus anche su questa parte del nostro essere e della nostra corporeità.

Creatività, Problem Solving, Flessibilità 

Proprio perché non ci è dato sapere esattamente cosa ci chiederanno e cosa ci faranno fare in un test o in un assessment, ha senso prepararci all’imprevisto.

Come per tutte le competenze comportamentali, la consapevolezza di agire in maniera creativa, l’essere flessibili, funzionano come base del proprio agire. 

Come posso pensare a questa situazione, task, sfida in maniera diversa? Come guardarla da un’altro punto di vista? Come individuare alternative pratiche senza lasciarsi influenzare da regole o procedure convenzionali?

«Incoraggio i miei Coachee ad allenarsi nella propria quotidianità ad un approccio creativo e flessibile verso il fare. Ricordiamoci che la creatività ha bisogno di un frame, una cornice all’interno di cui essere liberi. Nel caso di un assessment bisogna prepararsi a situazioni inaspettate e proposte non convenzionali: stanno testando come reagisci davanti a delle difficoltà. Se già entri in stanza con un mindset creativo hai un punto a tuo favore, perché questo approccio ti aiuta a trovare delle leve e delle soluzioni inaspettate».

La chiave per affrontare questi passaggi di carriera, spesso determinanti per lo sviluppo e la crescita professionale, è mettere in luce la consapevolezza del proprio agire, il governo delle soluzioni comportamentali disponibili, la pratica rispetto ad un modello di apprendimento proprio e replicabile.

Si potrebbe dire che questa chiave in fondo è la stessa per ottenere qualsiasi tipo di successo professionale. Forse lo si potrebbe dire proprio perchè probabilmente è così.

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