Favorire la coopetition: una riflessione per i Manager che arriva dal Team Coaching

Favorire la coopetition: una riflessione per i Manager che arriva dal Team Coaching

In un team è meglio che ci sia competizione o collaborazione? Durante le giornate di Team Building è impossibile non notare come in realtà ci sia bisogno di entrambe. Per essere a capo di un team efficace, quindi, può essere di valore sviluppare un approccio alla coopetition, un incastro dei due atteggiamenti che riesca a prendere il meglio da entrambi. È possibile riuscirci? Le giornate di Team Building insegnano di sì.

Per iniziare le giornate di Team Building, molto spesso noi di Performant proponiamo un ice breaker: un’attività semplice e divertente che tiri su l’energia (soprattutto quando si ricomincia dopo la pausa del pranzo), faccia entrare i partecipanti in una dimensione, magari quella dell’uso del corpo, che non sono abituati ad abitare sul lavoro e contribuisca ad allentare quelle resistenze che di solito governano le dinamiche di gruppo. 

Un esempio di questo tipo di esercizio potremmo chiamarlo “comandi dritti e comandi rovesciati”: il gruppo cammina nello spazio a disposizione. Quando il Coach dice STOP ci si ferma, quando dice CAMMINA si ricomincia a camminare. Poi il significato dei comandi si inverte: quando il Coach dice STOP si cammina, quando dice CAMMINA ci si ferma. In seguito si aggiungono altri due comandi: NOME, al quale le persone devono dire a voce alta il proprio nome, e APPLAUSO, al quale bisogna battere le mani una volta. E poi anche questi due si invertono. Ultima fase, ultimi due comandi: SALTA e BALLA, prima rispettati nel loro significato e poi a significato invertito.

Recentemente ho notato che quando i partecipanti fanno questo esercizio, come altri simili, sebbene dichiaratamente non sia una gara, succede una cosa molto indicativa: nel momento in cui qualcuno sbaglia, c’è qualcun altro che pubblicamente lo indica esclamando “eliminato!”. 

Eppure non c’è un vincitore, e anzi magari l’obiettivo della giornata di Team Building è proprio mettere il focus sull’importanza della collaborazione tra colleghi.

Questo è indice di un meccanismo che ormai è insito nelle aziende e nelle organizzazioni e che è molto difficile sradicare: la competizione.

Ma la competizione in azienda serve davvero?

La competizione non è da demonizzare, anzi, se è ben gestita può diventare una spinta all’innovazione, al miglioramento personale, ad alzare il livello degli obiettivi che ci si pone. Quando si parla di “sana competizione”, quindi, non si sbaglia. È opportuno però non dimenticare che la competizione può trasformarsi in un’arma a doppio taglio e far diventare un ambiente di lavoro potenzialmente produttivo in uno tossico, causando:

  1. Stress e burnout, forzando i collaboratori a dinamiche di gara
  2. Deterioramento delle dinamiche di squadra, spingendo le persone a concentrarsi sul successo individuale anziché collettivo
  3. Problemi etici, quali il sabotaggio dei colleghi, la compromissione dell’integrità o l’assunzione di comportamenti disonesti per raggiungere gli obiettivi
  4. Squilibrio tra lavoro e vita privata, con straordinari che diventano l’abitudine, aumentando l’insoddisfazione e diminuendo il benessere personale
  5. Soppressione della creatività, perché la paura di fallire o di essere giudicati può limitare l’assunzione di rischi o l’esplorazione di idee non convenzionali  
  6. Scarso impegno, perché una concorrenza che diventa troppo feroce può demotivare 
  7. Riduzione della collaborazione, creando una cultura in cui si esita a condividere informazioni o a collaborare per paura di perdere il proprio vantaggio competitivo.

Se andiamo ad analizzare la competizione (non quella sana, ma quella che genera un ambiente tossico) da un punto di vista emotivo, possiamo dire tende a generare un sentimento che causa e allo stesso tempo alimenta l’esclusione, che isola. Al contrario invece la collaborazione unisce, crea relazioni tra colleghi e collaboratori. Che sia quindi questa la strada da seguire?

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Favorire la coopetition: una riflessione per i Manager che arriva dal Team Coaching

Meno competizione, più collaborazione: vantaggi, ma anche svantaggi

Per chi gestisce un team, gli aspetti della competizione e della collaborazione sono sicuramente due elementi da tenere in considerazione per fare in modo che la squadra funzioni al meglio. Quello che però bisogna ricordare è che non c’è un approccio da demonizzare e uno da spingere. Competizione e collaborazione, infatti, sono spesso messe in contrapposizione: una lavora contro gli altri, l’altra con gli altri; una tiene per sé le conoscenze, elargite top-down, l’altra le condivide e le discute; la prima ha una comunicazione fattuale, incentrata sui task, la seconda emotiva ed empatica; la prima segue obiettivi personali, la seconda obiettivi collettivi, di progetto, da raggiungere superando insieme gli ostacoli che si presentano.

Il ruolo dell’ego, nell’approccio collaborativo, viene completamente messo da parte lasciando spazio al noi.

I vantaggi sono molteplici: c’è sicuramente un aspetto relazionale che diventa più forte, così come l’engagement dei membri del team, ma anche dal punto di vista della performance l’approccio collaborativo può generare dei miglioramenti. Nei contesti collaborativi, infatti, come dimostrava una ricerca dell’Harvard Business School già nel 2008, si riconosce un incremento dell’organizzazione e della divisione equa del lavoro, un maggiore scambio di idee e anche una sicurezza psicologica nell’esprimere ciò che si pensa, che favoriscono la creatività e la generazione di nuove soluzioni. Questo, inevitabilmente, porta ad un miglioramento nell’output generato.

Anche in questo caso, però, la medaglia ha due facce.

La collaborazione, infatti, può anche portare a:

  • maggiori conflitti interni causati dai diversi modi di lavoro che possono scontrarsi
  • pigrizia da parte di persone meno coinvolte, che affideranno la propria mansione ad altri
  • ambiguità e poca chiarezza nella definizione dei ruoli
  • un maggior tempo richiesto per prendere decisioni

Tenendo presente i pro e i contro di entrambi gli approcci, quindi a cosa un Manager può spingere il suo team: collaborare o competere?

Coopetition: la quadratura vincente (come insegnano i Team Building)

C’è una parola coniata oltre trent’anni fa che potrebbe dare uno sguardo rivoluzionario sul binomio competizione-collaborazione, ma su cui, però, ci si è ancora fermati poco a riflettere e studiare l’enorme portata che potrebbe avere. 

Si tratta di coopetition (cooperation + competition). 

Come spiegato nello studio Coopetition, Where Do You Come From? Identification, Categorization, and Configuration of Theoretical Roots of Coopetition, pubblicato nel gennaio del 2023, il termine è nato per indicare la tendenza delle aziende competitor, soprattutto nel settore del tech, ad allearsi per unire le forze (anche economiche) nello sviluppo di strategie e soluzioni da adattare ciascuna ai propri prodotti in modo diverso.

Se all’inizio, quindi, coopetition indicava una dinamica inter-aziendale, sempre di più il suo significato si sta spostando verso i contesti intra-aziendali: unire approccio collaborativo e competitivo, infatti, condensa i vantaggi di entrambi, dando spazio a chi ha più intenzione di fare carriera, ma allo stesso tempo lasciando la possibilità anche per la crescita degli altri collaboratori, per di più senza rovinare l’ambiente di lavoro.

L’aneddoto che ho raccontato all’inizio traccia in maniera molto chiara la trasformazione a cui si può mirare, e i risultati, per i Manager e per chi osserva le giornate di Team Building, saltano subito all’occhio: all’inizio i partecipanti hanno una visione individuale, competitiva, del gioco e delle attività proposte, ma nel corso degli esercizi questo modo di pensare, di comportarsi e di stare in gruppo cambia.

Se da un lato la competizione tra diversi sottogruppi gruppi resta attiva, è vero anche che allo stesso modo iniziano a svilupparsi pratiche di aiuto reciproco, di feedback e di supporto; contemporaneamente all’interno dei gruppi la collaborazione diventa preponderante, mostrando anche il lato più divertente del lavorare insieme per raggiungere un obiettivo comune. 

E le riflessioni che scaturiscono a fine giornata dimostrano quanto questo passaggio abbia fatto la differenza.

Allo stesso modo, anche nella vita lavorativa di tutti i giorni, chi guida i team può prendere spunto da queste osservazioni per favorire la transizione: dall’iniziale dito puntato con conseguente esclamazione “eliminato!” arrivare a trasformare, attraverso la collaborazione, il processo di esclusione in uno di inclusione, spingendo a riconoscere anche negli atteggiamenti più diversi il valore intrinseco.

Probabilmente in ciascun team ci sarà sempre qualcuno che spicca, “un vincitore”, ma aiutare a sviluppare un approccio affine alla coopetition significa anche e soprattutto far passare il messaggio che aver vinto come singolo è utile, ma non è la cosa più importante della giornata.