Da Coachee a Coach: ritratto di Francesco Solinas

Ma come scriviamo un ritratto su di me? Mi risponde Francesco, mentre gli propongo di scrivere un articolo che parli della sua storia, di come è diventato Coach e che racconti dei suoi interessi e passioni. Sarò sincero, non mi piace molto parlare di me pubblicamente! Facciamo solo due chiacchiere, rispondo.

Va bene, dai! Da dove iniziamo?

Così hanno inizio le nostre chiacchiere e il racconto della sua storia di come è diventato Coach.

Francesco Solinas è Executive Business Coach e Partner di Performant by SCOA.

Il mio percorso ha avuto inizio in azienda. Tra la metà degli anni Novanta fino ai primi anni Duemila ho fatto il mio piccolo percorso di carriera, arrivando a ricoprire ruoli manageriali con crescenti responsabilità.

Mentre racconta, Francesco si guarda intorno, come se i ricordi fossero nascosti in giro per la stanza. A un certo punto, forse ha trovato il momento che stava cercando, il suo sguardo si fa più serio.

Avevo anche delle grosse responsabilità, dovevo prendere delle scelte complicate per risolvere problemi importanti. Insomma, mi sentivo un po’ solo. Per questo un mio collega e amico mi ha consigliato di farmi sostenere da un Coach.

Ecco, in questo modo Francesco si è avvicinato al mondo del Coaching, prima come Coachee e poi come Coach. D’altronde, non troppo tempo fa, è stato proprio lui che, nello spiegarmi il ruolo del Coach mi ha detto prima di essere Coach, bisogna lavorare su se stessi ed essere Coachee: un Coach che non ha lavorato su se stesso non potrà essere d’aiuto!

Bisogna lavorare su di sé, poi ognuno trova il suo meccanismo. Bisogna avere curiosità verso se stessi… È bello aiutare gli altri, se c’è una forte motivazione a prendersi cura di se stessi.

Il passaggio

A un certo punto, le cose in azienda sono cambiate e Francesco si è trovato davanti a una scelta: proseguire la sua carriera come dipendente d’azienda, oppure iniziare qualche cosa di nuovo che lo mettesse in gioco completamente.

Ero rimasto così contento e soddisfatto della mia esperienza di Coaching unito alla voglia di rimettermi in gioco professionalmente che era nato in me il desiderio di investire in questo tipo di mestiere.

Così, Francesco ha deciso di fare un salto nel buio e lasciare il proprio mestiere, decidendo di diventare Coach.

Il Coaching mi aveva dato tanto, perché non dare una mano agli altri?

Senti che la tua esperienza in azienda sia importante per fare il Business Coach? domando.

Fondamentalmente sì. Poi, ogni realtà aziendale è diversa dalle altre. Per quanto una persona possa conoscere il mondo delle organizzazioni, non potrà mai avere la presunzione di comprendere la quotidianità dell’altro.

Tuttavia, è possibile parlare la stessa lingua, capire i temi da affrontare e le eventuali problematiche. Ma la mia esperienza non mi sarebbe bastata per fare questo mestiere…

Infatti, in quegli anni Francesco si è avvicinato anche a un’altra disciplina che lo potesse aiutare a crescere come persona: la Mindfulness.

Avevo bisogno di trovare uno spazio, una strada che mi permettesse di evolvere, spiega, per cui quando ho lasciato l’azienda, ho iniziato a praticare e studiare la mindfulness che mi ha aiutato a mantenere il benessere durante le sfide che stavo affrontando.

La Mindfulness

Esistono tanti modi per lavorare su se stessi, quello che ha scelto Francesco è la Mindfulness.

La Mindfulness è diventata parte di me: il mio modo di muovermi verso l’esterno.

Francesco mi racconta di questa pratica e dei suoi benefici, ma io ho bisogno di avere qualche chiarimento alla base Ma quando parliamo di Mindfulness di che cosa stiamo parlando? Mia sorella fa yoga è la stessa cosa?

Si mette a ridere, non tanto per la mia impreparazione, ma quanto per il luogo comune in cui sono cascata anche io.

Mindfulness vuol dire consapevolezza ed è una pratica che viene fatta normalmente stando seduti. Lo yoga come la mindfulness aiuta a mettere in sintonia corpo e mente.

Non ho mai praticato lo yoga ma mi sembra di poter dire che mentre la Mindfulness è statica, lo yoga ha uno sviluppo più dinamico. Entrambe sono antiche discipline orientali che detengono grande saggezza, credo molto utile al mondo occidentale di oggi.

Stiamo parlando di una pratica personale che utilizza la meditazione come palestra di allenamento. Vuol dire allenare la mente a non fuggire dal momento presente ma rimanere nel qui e ora, con mente il più possibile aperta e non giudicante.

In pratica, significa sedersi una mezz’ora al giorno piuttosto che un quarto d’ora e meditare. Si tratta di una pratica costante per familiarizzare con la propria mente e il proprio corpo, utile per gestire al meglio l’emotività e in generale i nostri schemi reattivi. Questo tipo di esercizio fa parte ormai della mia routine quotidiana, racconta Francesco.

Ad esempio, io ho sempre avuto un problema con le aspettative e il giudizio, sia su di me sia sugli altri. La Mindfulness mi aiuta ad essere un po’ più distaccato e sereno con ciò che non ho e vorrei, apprezzando di più quello che c’è.

Tra Occidente e Oriente

Sarai un appassionato del mondo orientale? Chissà quanti viaggi avrai fatto!! Domando, sempre più affascinata da questo mondo tra il meditativo e il mistico.

No! Tanti si appassionano e fanno viaggi in Oriente, io per ora non sono attirato ad un viaggio di questo tipo.

La Mindfulness è per me l’occasione di guardare la realtà in un certo modo, è qualcosa di molto pratico.

Non deve essere necessariamente un percorso spirituale. Per me si tratta innanzitutto di far tesoro di consigli pratici per vivere una vita serena.

Francesco mi spiega come studi scientifici abbiano evidenziato come una certa area del cervello, chiamata Default Mode Network, dove si sviluppano i pensieri del “rimuginio mentale”, con la mente impegnata o verso il passato o verso il futuro, sia molto meno stimolata in coloro che praticano la Mindfulness.

Ovviamente il “rimugino mentale” è un modo di vedere le cose in un’altra prospettiva… La Mindfulness non deve togliere la nostra parte passionale o del piacere, è bello avere delle aspettative!

Il problema è quando l’emotività prende il sopravvento sulla riflessione, allora praticare è un modo per trovare un giusto accordo tra emotività e razionalità, perché la passione non diventi totalizzante.

Si tende troppo ad andare con il pilota automatico e a me la Mindfulness insegna ad ammorbidire un po’ tutto questo.

Durante questa una lunga chiacchierata sull’importanza della gestione del sè e dell’io, inizio a dimenticarmi dell’articolo. Faccio tante domande sulla sua esperienza, sul Coaching e tanto altro…

A un certo punto mi casca l’occhio sull’orologio in alto a destra del mio desktop, è passata ormai quasi un’ora Francesco, scusami forse ti sto rubando troppo tempo?! domando, No no, non preoccuparti, però adesso devo andare!

Ci salutiamo. Spengo la call di Zoom mentre penso a come impostare l’articolo. È proprio bello fare due chiacchiere e basta!

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