La riunione di lavoro? Dovrebbe essere l’eccezione

La riunione di lavoro? Dovrebbe essere l'eccezione

Zygmunt Baumann, brillante sociologo polacco, parlava di società liquida, che nel mondo delle relazioni può essere ripresa con il termine "comunicazione liquida", in cui tutto è veloce, utilitaristico, dettato dalla fretta e da un'omologazione passiva di usi e consuetudini, che priva le relazioni di un reale valore di scambio.

Sul lavoro, noto l’abitudine a promuovere una cultura dell’informazione e della condivisione che Baumann chiamerebbe appunto liquida, centrata sulla consuetudine di avere tutto e tutti sotto controllo. E così, oltre alle email che aumentano a dismisura (parecchie persone in azienda ricevono più di 100 email giornaliere), le chat che ci tengono collegati 24 ore su 24 come fossimo un pronto soccorso, anche le riunioni (in presenza, skypecall, call conference e quant’altro) tendono a seguire lo stesso principio: le persone devono essere sempre informate e tutto va condiviso.

Ci tengo a precisare che la comunicazione è un principio sacrosanto, il problema, come sempre, è l’abuso di ciò che in partenza è buona cosa.

Tralasciando l’abuso delle email, per le quali basterebbe un pò di buon senso prima di fare un “rispondi a tutti” o riflettere qualche secondo prima di inviare al mondo intero un messaggio, mi concentrerò sulle riunioni.

Ci sono due ordini di problemi a mio parere in merito a questo argomento:

  1. L’eccessiva quantità di riunioni che si fanno.
  2. La bassa qualità delle riunioni che si svolgono.

Sul primo punto, mi vengono in mente alcune frasi ricorrenti che sento in azienda: “l’ennesima call che mi farà perdere tempo”, “la mia giornata passa da una riunione all’altra”, oppure la solita frase “scusa non posso, sono in riunione”. Insomma, siamo sempre in riunione! 

I motivi per cui si fanno troppe riunioni credo siano riconducibili a tre timori principali:

  • Il timore di prendere decisioni in autonomia.
  • Il timore di scegliere coraggiosamente solo alcune persone (i reali portatori di interesse sull’argomento) da convocare ad una riunione.
  • Il timore di dire di no quando si è convocati a una riunione ritenuta non necessaria o non chiara.

Le persone che gestiscono bene il numero di riunioni superano questi timori facendosi poche e importanti domande: “E’ una decisione che posso prendere in autonomia e mi basta informare delle decisioni prese? Se ho bisogno di condividere, chi sono le persone davvero necessarie da coinvolgere? E quali pochi argomenti metto all’ordine del giorno della riunione in un tempo ristretto (1h è di solito più che sufficiente) che mi impegno a rispettare?”

Chi invece viene convocato ad una riunione deve a mio parere trovare il coraggio di dire di no quando non si sente necessario o chiedere preventivamente spiegazioni se l’oggetto della riunione non è chiaro, o ancora peggio manca.

Se si rispondono a queste domande si nutre in azienda una comunicazione focalizzata, che taglia il superfluo e dà valore al tempo e ai bisogni reali delle persone.

Le riunioni efficienti a cui ho partecipato hanno avuto sempre alcuni principi presenti: 

  • L’ordine del giorno era chiaro e per pochi punti
  • A inizio riunione venivano dichiarati gli obiettivi e date priorità di discussione.
  • Il tempo è stato rispettato in un tempo contenuto.
  • In riunione c’era un team leader che regolava il traffico, legittimato a interrompere chi non aveva il dono della sintesi o quando ci si allontanava dall’obiettivo.
  • A fine riunione veniva sempre messo nero su bianco “chi fa e che cosa” (piano d’azione).

Ecco dunque alcuni consigli pratici che derivano dalla mia esperienza in azienda, spero utili per ridurre le riunioni superflue e dare qualità a quelle che vengono svolte.

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