Intelligenza emotiva: un fattore chiave nell’apprendimento dell’adulto

Intelligenza emotiva: un fattore chiave nell'apprendimento dell'adulto

Nell’estate tra il primo e il secondo anno di liceo ho cominciato il mio primo lavoro estivo in un punto vendita di una catena finlandese, R-Kioski, che vende giornali, tabacchi, lotteria e caramelle. Come ogni primo posto di lavoro full-time, quell’esperienza mi ha insegnato un bel po’ di cose nuove. Il turno di mattina e la chiusura serale venivano gestiti con la presenza di un unico operatore, mentre nelle ore centrali della giornata, ovvero il momento di maggiore afflusso, eravamo sempre in due dentro la tabaccheria.

Una dei colleghi con cui condividevo la mezza giornata dietro al bancone era arrivata quasi alla soglia della pensione. Aveva lavorato in azienda per più di trent’anni stando sempre diligentemente alla cassa a servire i clienti. Proprio quell’estate quando ho cominciato io, l’azienda ha deciso di cambiare le casse, passando da quelle analogiche, dove il prezzo del prodotto era battuto a mano, ad un sistema computerizzato con il lettore del codice a barre. Se qualcosa andava storto o il cliente cambiava l’idea a metà acquisto, bisognava saper operare in modo da risolvere il problema con una serie di operazioni sul computer di cassa. Per la mia mente giovane dell’epoca, imparare a gestire quel processo, cioè arrivare con una relativa facilità a saper usare il nuovo sistema casse, ha comportato circa due giorni in affiancamento e forse altri due giorni per farci l’abitudine. Per tutta l’estate ho invece assistito la collega più anziana che provava in tutti i modi a diventare padrona del nuovo mezzo. La cosa che mi è rimasta impressa era il livello di ansia (e a volte di rabbia) con cui affrontava il sistema della cassa. Al termine di quella lunga estate, eravamo tutti giunti alla medesima conclusione: meglio che lei andasse in pensione con qualche mese di anticipo.

Questo episodio non credo sia così insolito. Viviamo in un epoca in cui l’ambiente che ci circonda è in costante cambiamento. La crescita e la trasformazione fanno parte dell’evoluzione e della natura dell’uomo, ma la differenza della nostra epoca in confronto alle precedenti è la velocità del cambiamento. Durante il nostro percorso lavorativo, dobbiamo adattarci a sistemi e mezzi tecnologici che cambiano, ma anche a dei modelli comportamentali e organizzativi con logiche diverse. Quello che funzionava ieri, non necessariamente funzionerà domani. Facciamo spesso fatica a stare in quel processo di trasformazione che ci viene richiesto dalla nostra organizzazione e dal mercato affamato di innovazione. E più passano gli anni, più avanti siamo nel nostro percorso lavorativo, più facciamo fatica a cogliere il cambiamento.

Il mercato dell’innovazione richiede quindi creatività e abilità ad imparare. Da vent’anni si parla di Lifelong Learning, cioè l’acquisizione di conoscenza che accade durante tutto l’arco della vita. Ci serve quindi sapere come stare nel costante apprendimento.

L’adulto costruisce su un bagaglio di esperienza di vita vissuta

Imparare in età adulta funziona diversamente da quando si è bambini. L’adulto spesso non impara mimando, è fortemente condizionato dalla motivazione e connette il proprio apprendimento a un portato di vissuto e sapere esistente. Non è un “secchio vuoto” come il giovane o il bambino. Ogni cosa nuova viene inserita in un esistente che già occupa lo spazio della mente. E’ come se la stanza in un certo senso fosse già piena e quindi inseriamo cose nuove più lentamente.

Imparare nel caso dell’adulto vuol quindi dire costruire su un qualcosa di esistente e spesso consiste nel mettere quell’esistente in discussione. Apprendere per un migliore risultato di business vuol dire effettuare un cambiamento comportamentale. Più di successo è l’individuo in questione, più fa fatica a mettere in questione i modus operandi che l’hanno portato alla vertice. Perciò quell’esistente spesso porta a un “giudizio” che ne impedisce l’apprendimento.

Il giudizio ci condiziona in due diversi casi:

  • Un approccio iniziale del tipo: “Questa nuova cosa non mi piace. Era meglio come facevamo prima”.
  • In un secondo caso l’ostacolo può essere un pensiero di tipo: “Non so fare questa cosa. Non sarò mai capace!”.

Ambedue gli approcci rappresentano chiusura e, ovviamente, sono un grande impedimento all’apprendimento.

Evitiamo l’errore perchè arriva insieme a un bagaglio di emozioni scomodi

Un mantra ripetuto in non poche conferenze e articoli sull’innovazione, apprendimento e creatività è che l’errore fa parte del processo di creare qualcosa di nuovo. Bisogna permettere alle persone di fare errori per poter fare passi in avanti. A parte che questa lode dell’errore è ingenua perchè poi in termini pratici sono poche le organizzazioni e pochi i capi che desiderano che le persone che guidano facciano errori, anzi, tutt’altro, se vogliamo guardare dentro il concetto dell’errore, quello che occorre comprendere è come gestire l’emozione che ne deriva, poiché nell’adulto, a differenza del bambino, l’errore genera una gamma di emozioni difficili da gestire.

Perché? Perché veniamo da un percorso scolastico che è stato fortemente cognitivo e mnemonico. Il modello di apprendimento che abbiamo acquisito è “memorize and check”, “reward and punish”, invece che trial and error. Abbiamo imparato che esiste un modo giusto, una risposta giusta e miriamo con i nostri comportamenti a quello.

L’apprendimento in età adulta non è più focalizzato sulla risposta giusta e sul memorizzare. Implica invece uno sforzo di riflessione sulle diverse possibilità; per poi sceglierne quello che si ritiene la migliore. Non sempre la risposta è unica, ma semplicemente è quella su cui intendiamo di orientarci. La vastità di possibilità comporta con sé anche un’aumentata probabilità di errori.

Imparare significa, quindi, in primis avere il coraggio di provare, andare al di fuori della nostra zona di comfort. ? in questo luogo, in questo preludio all’apprendimento, che le nostre emozioni si accendono. Ecco perché è troppo semplicistico affermare: “impara dai tuoi errori”. Imparare dagli errori significa, nella maggior parte dei casi, affrontare una varietà di sentimenti: dalla vergogna al dolore, dall’ansia alla paura (che onestamente si affrontano ben poco volentieri).

Le emozioni della nostra zona di comfort

Se da un lato il pericolo di entrare in contatto con emozioni poco piacevoli diventa impedimento nell’uscire dalla nostra zona di comfort, dall’altro a volte vogliamo rimanere nell’emozione che abita la nostra zona di comfort. C’è un’assuefazione confortante alle emozioni delle situazioni a cui siamo abituati, paradossalmente anche quando esse non sono né confortevoli né piacevoli. L’area di comfort è piena di emozioni che siamo abituati a frequentare. Che le consideriamo piacevoli o no, sono diventate parte di noi e, la maggior parte delle volte, anche quando ci rendiamo conto che diventano distruttive, non riusciamo ad uscirne lo stesso. Si tratta di innamorarsi del proprio sequestratore. In primis, siamo vittime di noi stessi.

Dis-addomesticazione come comportamento

L’artista contemporanea Ivana Adaime Makac realizza, in un progetto intitolato Réeducation, un’attività di disaddomesticazione dei bachi da seta. Questi insetti, nel corso del tempo, hanno perso la loro capacità di volare in funzione al processo di addomesticazione fatto dall’uomo per produrre i bozzoli di seta. Nella sua opera utopistica, l’artista argentina mette a disposizione la possibilità ai bachi di nutrirsi dalle foglie di gelso e propone loro strutture alternative a quelle usate solitamente. Qui, i bachi possono inserire i loro bozzoli per poi mutare in farfalle. Imparare in età adulta significa disaddomesticarci dalle nostre abitudini solite e metterle in discussione con la probabile conseguenza di dover frequentare un territorio di emozioni nuove. Imparare non è, quindi, solo la capacità di pensare al nostro fare in termini razionali, ma significa anche applicare un livello avanzato di intelligenza emotiva, cioè la capacità di riconoscere, nominare e trasformare le emozioni che sentiamo. Ma se ci riusciamo possiamo prendere il volo.

In copertina | Ivana Adaime Makac – Rééducation, 2009 – presente, Bachi da seta, gelso, legna, plexiglas, dimensioni variabili

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