E se la chiave di sviluppo delle organizzazioni fosse nelle relazioni tra persone?

Quando si pensa ai fattori che possono determinare il successo o il fallimento di un’organizzazione, spesso si considerano l’efficienza, la produttività, la velocità, il talento dei collaboratori. Questi elementi, per quanto rilevanti, in realtà possono non bastare. Ciò che è sempre più importante, infatti, è che ci sia un’infrastruttura relazionale che crei legami tra le persone che ci lavorano, per aumentare l’engagement, la motivazione e il senso di appartenenza. Tutte le organizzazioni hanno l’ambizione di crescere e durare nel tempo: che sia la capacità di relazione a fare la differenza?

Negli ultimi 10 anni, entrando in stretto contatto con centinaia di organizzazioni e diverse centinaia di Manager, ho verificato che determinate situazioni che ho vissuto negli anni precedenti, quando io facevo il Manager, sono più diffuse di quanto pensassi.

Le riassumo con i numeri del report Gallup State of the Global Workplace – 2023:

  • La bassa motivazione e il conseguente basso impegno dei dipendenti costano all’economia globale 8.800 miliardi di dollari (9% del PIL mondiale)
  • Il 34% della popolazione aziendale cerca attivamente un nuovo lavoro
  • In Europa la situazione è tra le peggiori:
    • Il 72% dei lavoratori si sentono scollegati dall’organizzazione e dai loro capi, fanno il minimo indispensabile, ma si sentono più stressati dei lavoratori più motivati (fenomeno del quiet quitting)
    • Il 15% dei lavoratori è fortemente demotivato e in conflitto con l’organizzazione che viene svalutata insieme all’importanza dei risultati; la relazione di fiducia è infranta e talvolta sono intraprese azioni che danneggiano l’organizzazione (loud quitting)
    • Solo il 13% dei lavoratori si sentono invece motivati, legati all’organizzazione e trovano significativo il loro lavoro.

In un mondo in cui l’innovazione e i risultati emergono dall’interdipendenza e dalla coesione dei gruppi di lavoro, le relazioni collaborative sono una delle fatiche più grandi in un contesto come questo.

Quanto sarebbe il ritorno economico se i Manager sapessero prendersi cura dell’infrastruttura relazionale delle loro organizzazioni? Purtroppo pochi hanno un percorso formativo ed esperienza su questi temi, che sono complessi e richiedono un investimento di tempo ed energia. I numeri mostrano che il potenziale ritorno economico sarebbe immenso così come lo sarebbe quello sociale. Ci possiamo permettere un mondo in cui lo stress e la rabbia per cause lavorative sono diffusi rispettivamente al 44% e al 21%?

Dalle “persone al centro”…  alle “relazioni al centro”

Quasi tutte le aziende hanno da qualche parte tra i propri slogan e i propri valori il concetto di “persone al centro”. Propongo alle organizzazioni di continuare a porre attenzione alle persone e, nello stesso tempo, di creare un’infrastruttura relazionale solida, una struttura di connessioni costituita da relazioni di reciprocità tra i collaboratori; non si tratta di avere “buone relazioni”, di “volersi bene” o di essere amici. Mi sto riferendo a relazioni professionali, adulte, paritarie, orientate ad uno scopo comune, in grado di rendere l’organizzazione coesa e libera da giochi di potere, giochi psicologici e altri boicottaggi consapevoli o inconsapevoli. Se le persone disinvestono o lasciano così facilmente le organizzazioni significa che i legami che le connettono all’organizzazione sono deboli o di scarsa qualità.

Mi sento spesso dire che le relazioni professionali si indeboliscono perché, a causa dell’aumento del “lavoro ibrido”, non si è più tutti nello stesso ufficio. Si comunica di meno “perché magari prima incontravi le persone nei corridoi o nelle pause caffè e quindi ci si allineava e informava a vicenda…”. In queste affermazioni mi sembra che si confondano le cause con gli effetti. Il problema forse è proprio che, se le comunicazioni e le relazioni professionali dipendono dalla casualità di incontrare i colleghi in giro per i corridoi, probabilmente non c’è una solida infrastruttura relazionale e processi di comunicazione consolidati.

La presenza e la distanza sono concetti psicologici ed emotivi, oltre che fisici: possiamo avere una persona nella stanza e sentirla assente e distante o avere una persona in videocall dall’altra parte del mondo e sentirla presente e vicina. Sono la presenza e la vicinanza mentale ed emotiva, la sicurezza psicologica, l’empatia, i feedback, il senso di interdipendenza, il rispetto, la fiducia e il riconoscimento reciproco che nutrono le relazioni professionali, non solo la semplice presenza e vicinanza fisica.

Le comunicazioni e le relazioni informali e in presenza sono importanti e hanno una loro funzione così come lo sono le relazioni professionali solide con l’intenzione di cooperare e co-creare verso uno scopo condiviso (M. Korpiun, 2021): queste costituiscono i tessuti connettivi che tengono unite le organizzazioni e le rendono solide.

Dallo sviluppo manageriale allo sviluppo organizzativo relazionale

Così come la durezza di un materiale dipende dall’intensità dei legami tra gli atomi più che dalla solidità degli atomi stessi, anche le organizzazioni sono solide quando sono solidi i legami, le connessioni tra gli individui al loro interno.

Per questo motivo negli ultimi anni ho applicato sempre di più un approccio relazionale allo sviluppo manageriale e organizzativo, progettando interventi che agiscono sul rapporto individuo-organizzazione, due realtà interdipendenti e la cui relazione è presupposto per la performance, lo sviluppo e l’apprendimento individuale e organizzativo.

D’altra parte l’essere umano è un’entità relazionale che si sviluppa nella relazione con l’altro e quindi l’intervento di sviluppo è tanto più efficace quanto più consente all’individuo di stabilire questa relazione di crescita e apprendimento nell’interazione con l’organizzazione.

Molte aziende implementano decine o centinaia di percorsi di sviluppo individuale dei propri Manager e, a volte, anche dei team di lavoro. Quanto potrebbe essere più potente l’investimento fatto se si intervenisse anche sullo sviluppo delle connessioni tra questi individui e questi team e tra loro e il resto dell’organizzazione? Occorre creare la mentalità, le mappe e gli strumenti affinché le persone sappiano prendersi cura della rete di relazioni.

Il processo di sviluppo delle relazioni è strategico in quanto gli individui prima o poi possono lasciare l’organizzazione, ma l’infrastruttura relazionale rimane un patrimonio dell’organizzazione che le permette di continuare a svilupparsi autonomamente e, agli individui, permette di continuare a crescere e svilupparsi in quelle relazioni.

Inoltre, se l’organizzazione è caratterizzata da una rete di relazioni coesa e di qualità, è poco probabile che le persone pensino di lasciarla in quanto, oltre al sostegno economico, percepiscono la propria crescita continua oltre a ricevere e restituire nutrimento emotivo e psicologico.

Infrastruttura relazionale e longevità delle organizzazioni

Il modello e la qualità delle interazioni all’interno delle organizzazioni contribuiscono in modo più significativo alle prestazioni elevate rispetto alle personalità, all’esperienza, alle abilità e all’intelligenza individuale dei membri dell’organizzazione messi insieme.

 Una ricerca effettuata su quasi 200 imprese ultracentenarie di successo in Italia (Cugno, Buchi, 2015), ha messo in luce come “la corretta gestione degli aspetti relazionali incide profondamente sulla fisiologia della realtà imprenditoriale, condizionando l’economicità e la durabilità stessa. Molto spesso le organizzazioni prosperano e falliscono più per ragioni umane e sociali che per cause di natura strettamente economica”.

In altre parole, una ricerca condotta da economisti ha fatto emergere fattori di successo che sono nell’area delle competenze umanistiche, sociali e relazionali.

La robusta infrastruttura relazionale di queste imprese è una delle caratteristiche che ha permesso loro di sopravvivere a due guerre mondiali, a recessioni, crisi globali, cambiamenti di contesto e tecnologici. Inoltre ha garantito loro la continuità attraverso le diverse generazioni, oltre all’innovazione e l’evoluzione dei propri prodotti e servizi attraverso le relazioni con il territorio, con il contesto internazionale, con i clienti e con gli stakeholder.

 Se pensiamo che la vita media delle imprese è intorno ai 12 anni e il 30% non supera i 6, ci sono buoni motivi per iniziare a lavorare sull’infrastruttura relazionale delle organizzazioni come fondamenta su cui costruire imprese che sappiano essere robuste, innovative, sostenibili e longeve. Imprese in grado di essere luoghi di crescita, innovazione e motivazione per le persone, in grado di prosperare dal punto di vista economico ed avere un impatto positivo dal punto di vista sociale.