I benefici di una buona conoscenza linguistica per il lavoro

«Studiare le lingue è importante»  «Conoscere le lingue oggigiorno è fondamentale nel lavoro»: molte volte abbiamo sentito queste frasi, o le abbiamo ripetute noi stessi. Siamo sicuri però di conoscerne davvero il significato? Conosciamo tutto il valore che conoscere le lingue può apportare nel nostro lavoro?

La conoscenza delle lingue nel mondo di oggi è senza dubbio fondamentale, a maggior ragione nella sfera professionale, tanto che non possiamo più prescindere da essa. Questo è evidente a tutti soprattutto al momento di cercare un nuovo impiego: in un certo senso, più lingue si parlano, maggiori opportunità lavorative si hanno. In effetti, non c’è annuncio di lavoro in cui manchi la richiesta di un inglese fluente, la conoscenza di altre lingue oltre quella madre è molto spesso considerata un plus. Padroneggiare un ampio numero di lingue rende senza dubbio più competitivi.

In generale poi sono sempre più frequenti i progetti internazionali, in cui collaborano knowledge workers di paesi e culture anche molto distanti: conoscere altre lingue oltre la propria chiaramente agevola e rende possibile la comunicazione in team di questo tipo.

La conoscenza delle lingue è così molto influente sul successo lavorativo: apre possibilità di carriera, facilita determinati passaggi, agevola la collaborazione tra persone con provenienze diverse. In realtà però il potere delle lingue non si ferma qui. Una buona conoscenza linguistica ha un impatto molto più ampio sulle nostre prestazioni lavorative e può aumentare significativamente l’efficacia e il rendimento professionale, perché permette di sviluppare specifiche competenze funzionali nel lavoro: in questo senso apporta benefici sia a livello individuale sia più ampiamente a livello organizzativo.

Cosa vuol dire conoscere una lingua?

Durante l’infanzia impariamo la nostra lingua madre attraverso l’ascolto e l’interazione con il contesto che ci circonda. A livello individuale, il ventaglio di vocaboli che ciascuno possiede e usa sta in stretta relazione con l’abilità non solo di esprimersi, ma anche di far senso e riflettere su se stessi e sul mondo circostante. Le parole sono letteralmente i mezzi con cui diamo senso e significato a ciò che succede: da un lato esprimono la nostra visione del mondo, dall’altro la influenzano e contribuiscono a darle forma. Questo nella vita privata, come anche nel business: «il modo in cui si parla o si scrive all’interno dell’organizzazione è un aspetto significativo della cultura aziendale, perché da un lato la trasmette, dall’altro la influenza plasmando i valori, le relazioni di potere, la visione, i processi, i comportamenti», dice a tal proposito la Senior Business Coach Anja Puntari.

Il pensiero (razionale) si realizza in un flusso di parole congiunte l’una all’altra. Esso richiede sempre l’uso di una lingua e quest’ultima non è un mero veicolo del pensiero, non consente solo di renderlo condivisibile e comunicabile. Più ampio è il vocabolario, infatti, più spazio abbiamo per elaborare i pensieri, elaborare ciò che sentiamo, comprendere noi stessi nella nostra complessità di individui. Ma non solo. Il modo in cui una lingua è costruita, le sue regole grammaticali e sintattiche, il numero e la tipologia di vocaboli che essa include dicono molto sulla mentalità delle persone che la parlano. Parlare una lingua piuttosto che un’altra non comporta esclusivamente differenze superficiali e formali, ma mette in moto meccanismi e approcci diversi.

Questa complessità appare chiara quando per esempio nella stessa giornata, o anche nella stessa situazione ma con più interlocutori, ci troviamo a dover parlare lingue diverse: passare da una lingua all’altra implica uno sforzo cognitivo notevole, perché richiede di fare un vero e proprio cambio di mindset e settarsi su quello appropriato. Inoltre, nella traduzione da una lingua all’altra spesso siamo costretti a sacrificare parte del significato originario e modificarlo per adeguarlo alla nuova lingua, proprio perché ciascuna lingua fa riferimento ad un bacino specifico di significati e valori che differiscono dalle altre.

La difficoltà cognitiva e la potenziale perdita di significato che sperimentiamo in questi casi raccontano che l’apprendimento di una nuova lingua non è un mero processo meccanico, ma implica un lavoro molto più profondo, che necessariamente amplia la nostra visione del mondo: ci modifica, costituisce un arricchimento non solo a livello linguistico, ma più ampiamente personale. E questo è visibile anche a livello neurologico: imparare una lingua comporta infatti lo sviluppo di specifiche aree cerebrali e di conseguenza influisce sul modo in cui percepiamo e stiamo nel mondo.

Gli effetti della lingua sullo sviluppo del cervello

Una ricerca del 2012 ha analizzato l’effetto che studiare una nuova lingua ha sulla plasticità del cervello. I partecipanti sono stati sottoposti per 3 mesi allo studio intensivo di una lingua diversa dalla propria. Dalla ricerca è emerso che l’acquisizione di una lingua straniera provoca un aumento del volume dell’ippocampo e dello spessore corticale di determinate aree cerebrali. Questi cambiamenti inoltre sono direttamente proporzionali alla competenza manifestata dai soggetti nella lingua parlata. Studiare una lingua quindi cambia anche fisicamente il cervello.

Tutto ciò poi ha importanti conseguenze nello sviluppo o nel potenziamento di specifiche competenze. Recenti studi neurologici indicano che i bambini bilingue hanno uno sviluppo diverso del cervello che risulta dall’aumento dell’abilità di mantenere l’attenzione e di focalizzarsi su task impegnativi, e dall’incremento della flessibilità cognitiva e della creatività: i bambini bilingue infatti ottengono risultati migliori nei compiti che richiedono un alto livello di immaginazione.

Per questo le persone che parlano più di una lingua manifestano una maggior capacità di passare repentinamente da un task all’altro. Inoltre, proprio perché tendono a mantenere più facilmente e per più tempo l’attenzione sul medesimo task, riescono anche ad elaborare soluzioni più creative ed innovative e presentano una spiccata propensione alla risoluzione dei problemi, anche complessi.

Gli studi dimostrano inoltre che parlare con elevata frequenza due o più lingue stimola il cervello anche in età adulta favorendo l’elasticità e la plasticità di questo organo. A questo proposito, l’Accademia Americana di Neurologia ha dichiarato che parlare più di una lingua aumenta i collegamenti neuronali nel cervello, facilitando il passaggio delle informazioni attraverso più canali diversi. Questo si collega alla scoperta per cui il bilinguismo può rallentare fino a 5 anni lo sviluppo di malattie degenerative quali l’Alzheimer e la demenza senile, con un’efficacia maggiore addirittura dei farmaci.

Tutte queste ricerche mostrano chiaramente come la conoscenza linguistica abbia degli effetti significativi sullo sviluppo cerebrale degli individui, che a sua volta comporta un potenziamento di specifiche competenze e capacità.

La lingua agevola il pensiero astratto e l’apprendimento

I bambini bilingue o multilingue crescono fin dall’infanzia con l’idea che la parola e il soggetto rappresentato non sono la stessa cosa, perché da subito associano il medesimo oggetto a parole diverse. Così, parlare più di una lingua fin da piccoli non solo agevola l’abilità del bambino di pensare in astratto, ma fin dall’inizio apre anche la mente ad alternative, all’idea che esistono modi diversi per dire e riferirsi alla stessa cosa. Da questo consegue anche una maggiore predisposizione all’inclusione, alla considerazione di culture e approcci diversi, e al superamento delle barriere e delle differenze culturali.

In generale, la lingua influisce poi fortemente sulle varie dimensioni dell’apprendimento. Viviamo in una knowledge society, il lavoro di tanti si basa sulla conoscenza che arriva a noi attraverso una o più lingue. La lingua è il mezzo attraverso cui acquisiamo, elaboriamo e concettualizziamo l’informazione necessaria per svolgere il nostro lavoro. Attenzione, però: conoscere una lingua non vuol dire necessariamente saperla parlare o scrivere. A volte serve semplicemente saper leggere e interpretare un significato, serve l’abilità di cercare una fonte ed estrarne il contenuto essenziale. Al di là quindi del livello di competenza, conoscere più lingue significa avere un accesso più facile ed immediato ad un numero più grande di fonti e informazioni, e quindi anche ad un bacino di conoscenza più ampio. Inoltre, un maggiore grado di confidenza nelle lingue agevola e velocizza il processo di ricerca e selezione delle informazioni necessarie, di comprensione, rielaborazione e assimilazione.

Maggior rendimento e produttività

In questo senso, numerosi sono gli studi che dimostrano esplicitamente la diretta connessione tra competenza linguistica e prestazioni lavorative. Parlare una lingua diversa dalla propria sul lavoro, per esempio, aumenta significativamente la probabilità di incomprensioni tra collaboratori e questo influisce negativamente su rendimento e produttività.

In generale, una scarsa conoscenza della lingua parlata nel proprio team non solo ostacola le dinamiche relazionali e collettive, ma provoca un basso livello di performance: più è alta la confidenza linguistica, maggiore è la velocità e l’efficacia con cui gli individui raggiungono gli obiettivi. Questo accade – abbastanza intuitivamente – perchè avere una buona conoscenza della lingua permette una comprensione più veloce e completa del contesto, uno scambio più fluido e immediato con gli altri membri del team, e uno sforzo cognitivo molto minore che consente di concentrare le energie sugli obiettivi da raggiungere.

In aggiunta però, come abbiamo visto dagli studi precedentemente citati, la capacità di parlare più lingue, indipendentemente dall’utilizzo effettivo di esse sul lavoro, costituisce di per sé un vantaggio: le skills che i soggetti multilingue presentano molto spesso in modo potenziato rispetto agli altri sono proprio quelle cruciali per le organizzazioni contemporanee, che si esplicano in comportamenti che il contesto e il mercato richiedono per affrontare le sfide professionali attuali.

In particolare:

  • creatività e innovazione. Aumenta l’apertura mentale, la predisposizione al pensiero laterale e all’osservazione di dinamiche e problematiche da punti di vista insoliti: questo a sua volta si connette ad un più forte orientamento al problem-solving, perché incentiva da un lato la capacità di decision-making, dall’altro l’elaborazione di strategie e soluzioni nuove, di idee originali e soluzioni brillanti.
  • flessibilità, non solo cognitiva, come capacità di cambiare velocemente mindset e affrontare prontamente situazioni mutevoli, ma anche come spirito di adattamento e apertura al nuovo e al diverso. Come scrive l’Executive Business Coach Francesco Solinas, «la vera sfida professionale oggi è sapersi muovere tra un cambiamento e l’altro senza perdere energia e spirito positivo, e tutto questo richiede necessariamente flessibilità».
  • inclusione della diversità
  • capacità di collaborazione e di dialogo, indipendentemente dalle differenze culturali.

Gli effetti positivi dell’apprendimento linguistico si osservano a qualsiasi età. Certo, più si è giovani maggiore è la facilità con cui l’apprendimento avviene e più alto è il grado di confidenza raggiungibile. Ma in ogni caso decidere di imparare una nuova lingua e di metterla in pratica con regolarità genera i medesimi benefici, incentivando lo sviluppo di queste competenze.

Iscriversi a corsi più o meno strutturati di altre lingue, leggere libri, guardare film e serie tv nel tempo libero, in generale esporsi a lingue diverse dalla propria può dunque fare la differenza sul successo di una persona: allenare le competenze linguistiche significa allenare anche altre competenze, molto utili nella sfera professionale. D’altro canto, le aziende possono incentivare questo allenamento, consapevoli del fatto che i benefici che ne derivano hanno un impatto sistemico, non solo sugli individui ma anche più ampiamente sulla cultura organizzativa e sulle dinamiche collettive.

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