Assertività: il giusto mezzo per una comunicazione efficace

L’assertività è una competenza fondamentale in ogni forma di comunicazione, perché consente di porsi in maniera costruttiva nei confronti del proprio interlocutore, e al contempo di instaurare uno scambio conversazionale più efficace. Si rivela indispensabile a maggior ragione nei contesti organizzativi: allenare questa competenza nella dimensione lavorativa può fare la differenza sul benessere e sul successo del singolo e dell’intera organizzazione, perché permette da un lato di migliorare le relazioni professionali, dall’altro di raggiungere più efficacemente i propri obiettivi, aziendali o personali.

Il termine “assertività” deriva dal latino “asserere”, che significa asserire, affermare il proprio punto di vista: una persona assertiva infatti esprime con fermezza e sicurezza le proprie idee. Talvolta, proprio per questa sua peculiarità, l’assertività viene confusa con l’aggressività.

Nella mia esperienza da Business Coach, spesso ho incontrato manager, dirigenti e professionisti che riportando episodi in cui pensavano di aver dimostrato buone capacità di leadership, dicevano: «Sono stato assertivo, ho alzato i toni dicendogli in faccia quello che pensavo…», oppure: «Sono andato dritto all’obiettivo sgomitando per arrivarci…». O ancora: «Gli ho fatto capire a chiare lettere chi è che aveva ragione…». Dov’è il problema? Tutti questi casi non descrivono comportamenti assertivi, ma piuttosto aggressivi. Quello che accade è che vengono confuse autorevolezza e autorità: la prima ha a che fare con la capacità di suscitare fiducia e stima negli altri e farsi seguire, la seconda invece, quella a cui fanno riferimento questi esempi, è mera imposizione di potere e forza mal gestita.

Questa tendenza è incentivata dal fatto che sempre di più siamo circondati da modelli pubblici che manifestano uno stile di leadership aggressivo, invece che assertivo: solo quest’ultimo però, a mio avviso, dà luogo ad una leadership davvero efficace, capace non solo di condurre ai risultati desiderati, ma anche di ottimizzare le dinamiche organizzative e relazionali.

Così, diviene ancora più importante chiarire in che cosa consista l’assertività: quali sono i comportamenti che consentono concretamente di assumere un atteggiamento assertivo? E in che modo si rivelano efficaci sul luogo di lavoro?

Praticare l’assertività

Riprendendo la definizione degli psicologi Alberti ed Emmons, autori del libro Essere assertivi. Come imparare a farsi rispettare senza prevaricare gli altri, l’assertività è «un comportamento che permette ad una persona di agire nel suo pieno interesse, di difendere il proprio punto di vista senza un’ansia esagerata, di esprimere con sincerità e disinvoltura i propri sentimenti e di difendere i propri diritti senza ignorare quelli altrui». Gli elementi che emergono da questa definizione sono: il focus sui propri interessi, la gestione delle proprie emozioni, la capacità di esprimere con chiarezza la propria opinione e infine il rispetto di quella di tutti gli interlocutori.

Essere assertivi ha dunque innanzitutto a che fare con l’ottenere il consenso altrui, facendo valere le proprie idee: questo non è semplice, ma richiede una specifica abilità che può essere sviluppata e allenata. È necessario esporre chiaramente e sinceramente il proprio pensiero, mostrandosi sicuri e fermi sulla propria posizione, così da dimostrarsi credibili e trasmettere affidabilità. Questo però non significa imporsi, cercando di annullare l’altro, ignorando il suo punto di vista e le sue esigenze. Anzi. Essere assertivi significa appunto riuscire a non sottomettersi, mantenendosi però sempre aperti nella considerazione e nell’ascolto degli altri. Vuol dire sforzarsi di non trasformare la conversazione in una lotta di forza, ma instaurare uno scambio dialogico davvero profittevole.

L’equilibrio dell’assertività: tra la passività e l’aggressività

Vedo l’assertività come un equilibrio nel modo di comunicare con gli altri, un punto di mezzo tra due opposti: la passività e l’aggressività.

In un opposto abbiamo l’aggressività: possiamo descriverla come l’attitudine a voler far valere le proprie ragioni imponendole sugli altri, con il solo obiettivo di prevaricare l’altro senza preoccuparsi di “fare morti per strada”. All’altro opposto c’è la passività, cioè l’attitudine ad adeguarsi agli avvenimenti esterni e al giudizio degli altri. Si esprime nella tendenza a modificarsi per corrispondere a come ci vorrebbero gli altri, a mettere in secondo piano se stessi e i propri bisogni per soddisfare quelli altrui.

Più ci avviciniamo a uno dei due opposti più la comunicazione diventa disfunzionale. Infatti, l’aggressivo è mosso da una forte determinazione e tenacia ma non tiene in considerazione l’altro, perché troppo concentrato su se stesso e sul suo obiettivo; viceversa il passivo ha un alto livello di ascolto e di flessibilità, ma non fa valere le proprie ragioni e pertanto si annulla nella conversazione.

In caso di conflitto, questi due opposti si esprimono in modo diverso: sono strettamente connessi a due modi differenti di vivere le situazioni conflittuali ma entrambi comportano strategie comportamentali fallimentari, perché incapaci di portare ad una risoluzione reale. Ci comportiamo in modo aggressivo quando rimaniamo legati al bisogno di avere ragione e di individuare il colpevole se la situazione non corrisponde completamente ai nostri desideri ed esigenze, pertanto assumiamo un atteggiamento distruttivo e di prevaricazione. Siamo passivi invece quando, per paura o per comodità preferiamo evitare il conflitto: l’atteggiamento passivo è quello di chi tende a compiacere gli altri e a sentirsi non adeguato se il proprio pensiero viene messo in dubbio.

Il nostro modello di comportamento inconsapevole

In molte situazioni quotidiane tendiamo a cadere in uno dei due estremi tra passività e aggressività, soprattutto al lavoro. Raramente teniamo davvero il punto di mezzo, che amalgama entrambi gli opposti in una comunicazione allo stesso tempo autorevole e generativa di consenso. Rischiamo, un po’ per carattere e un po’ perché influenzati dall’ambiente esterno, di sbilanciarci sempre verso un atteggiamento aggressivo oppure passivo: spesso ci troviamo coinvolti in conversazioni delicate, in cui sono in ballo interessi molto elevati, e non possiamo permetterci di rischiare; oppure, siamo sommersi dagli impegni professionali e privati: quello che accade è che non dedichiamo tempo all’ascolto degli interlocutori e scegliamo la strada dell’imposizione e della forza. O, ancora, abbiamo paura di esporci di fronte ai nostri superiori, e preferiamo fuggire piuttosto che affrontare un possibile scontro o un confronto aperto. Così, rimaniamo troppo ancorati alle nostre esigenze a discapito di quelle altrui, per paura di “perdere” o per orgoglio, oppure eccessivamente orientati a soddisfare i bisogni altrui, rinunciando a far valere i nostri interessi.

In quest’ottica, possiamo pensare all’assertività, come equilibrio tra due opposti: la capacità di comunicare dando lo stesso peso ai propri bisogni e a quelli degli altri. L’assertivo esprime al contempo forza e sensibilità, dove nella forza c’è la determinazione, il coraggio, il decision making, la passione, mentre nella sensibilità troviamo l’empatia, l’ascolto attivo, la flessibilità, la compassione, l’altruismo.
Raggiungere e mantenere il punto di equilibrio è possibile mediante un lavoro costante di ricerca nella relazione con l’altro, e un continuo allenamento, imparando ad attivare comportamenti assertivi.

La gestione delle emozioni e l’assertività

La grande abilità dell’assertivo, proprio considerando la tendenza naturale a sbilanciarsi verso i due opposti, è innanzitutto la consapevolezza nel “qui e ora”, per accorgersi quando il proprio atteggiamento e i propri comportamenti non sono più funzionali alla comunicazione. Come fare? L’indicatore emotivo è sempre un grande maestro. Di solito, emozioni quali la rabbia, l’irritazione, la rigidità nel nostro modo di vedere le cose ci fa diventare aggressivi nella relazione con l’altro, alzando il volume della voce, o utilizzando il sarcasmo, o ancora voltando le spalle (passivo-aggressivo).

Quando ci rendiamo conto che sorge in noi questo stato d’animo, è importante fare un passo indietro, aprirsi all’ascolto dell’altro e, solo in un secondo momento, esprimere le proprie ragioni, allo scopo di ritrovare il punto di mezzo dell’assertività. Quando, invece, ci sentiamo dominati dalla preoccupazione o dal timore di entrare in conflitto, è quello il momento di fare un passo avanti, trovare il coraggio di esprimere il proprio punto di vista e far sentire la propria voce con forza, manifestando le proprie esigenze o difficoltà, senza dover biasimare l’operato dell’altro.

Il primo aspetto fondamentale è quindi quello di porre attenzione al proprio sentito emotivo, indagando ciò che si prova e ciò che la situazione suscita in noi. Questo ci permette di sottrarci consapevolmente a determinati impulsi, che si rivelano inefficaci e controproducenti, e mettere in atto invece strategie comportamentali migliori, attivando l’ascolto oppure la determinazione.

In secondo luogo, impegnarsi a far emergere e comprendere il sentito emotivo altrui, ci consente di gestire con serenità eventuali espressioni di ira, irritazione o prepotenza dell’interlocutore, e mantenere la fermezza e l’equilibrio senza lasciarsi sopraffare.

In questo modo, mantenere uno sguardo ampio, capace di esplorare al contempo sia il proprio che l’altrui punto di vista, mostrare un sincero interesse per l’interlocutore sforzandosi di comprendere, attraverso domande esplicite, le sue emozioni, i suoi obiettivi e le sue esigenze, senza però subirlo passivamente, fa la differenza sull’esito dell’incontro.

Ecco di seguito alcuni comportamenti che se praticati permettono una comunicazione assertiva e così efficace:

  • Ascoltare mettendosi nei panni dell’altro, senza incalzare e mettendo da parte in un primo momento le proprie ragioni.
  • Fare domande per capire il bisogno dell’interlocutore e considerare il suo punto di vista.
  • Porre le condizioni affinché anche l’interlocutore possa esprimere il proprio pensiero.
  • Accettare le argomentazioni contrarie alle proprie, prendendole come critiche costruttive e cogliendone gli eventuali aspetti utili.
  • Manifestare apertamente e in modo diretto le proprie esigenze e i propri obiettivi.
  • Essere determinati e fermi nel comunicare il proprio pensiero, facendo richieste senza biasimare l’altro.

Vi lascio con una citazione finale, che a mio avviso sintetizza benissimo l’argomento trattato:
«Se tendi la corda oltre misura, si spezzerà, e se la lasci troppo lenta, non suonerà.» (Buddha)

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