C’è una relazione tra tutela dell’ambiente e benessere mentale? Per quanto possano sembrare due argomenti distanti, in realtà diffondere nelle aziende una maggiore consapevolezza digitale e un’attenzione al digital wellbeing può essere un modo per limitare sia lo stress dei dipendenti che le emissioni di CO2. Un risultato importante in termini di sostenibilità, che può essere raggiunto cominciando da piccoli accorgimenti.
Tecnologia e digitale sono due delle parole chiave del tempo in cui viviamo e sono arrivate a permeare ormai qualunque aspetto della nostra vita: è proprio il loro essere diventati un tratto comune a ogni momento della giornata che ha fatto sì che si perdessero i confini tra vita lavorativa e vita privata. A chi infatti non è capitato di rispondere a un messaggio dei figli mentre è in ufficio o a un’email di lavoro mentre è fuori a cena con il partner?
Se questo da un lato ha aiutato il work-life balance, rendendo flessibile l’orario di lavoro in base alle specifiche necessità di ognuno, dall’altro però ha anche creato un mondo in cui chi lavora resta, in un modo o nell’altro, sempre connesso e quindi, di fatto, rischia di non staccare mai. L’effetto che questo ha sulla salute mentale è ormai evidente, soprattutto tra i più giovani: lo STADA Health Report 2022 evidenzia come in Europa il 59% degli intervistati nell’ultimo anno si sia sentito a rischio di burnout almeno una volta.
E se si guarda a quanto spazio internet e i device che utilizziamo hanno occupato nelle nostre giornate non risulta difficile crederlo. I dati del report annuale curato da We Are Social in collaborazione con Hootsuite, Digital 2021, dice che gli Italiani passano in media 7 ore al giorno online (+4% rispetto al 2020), pari al 42% del tempo che passiamo svegli, controllando il cellulare fino a più di 80 volte al giorno.
Questo significa che una giornata di lavoro si trasforma facilmente in un costante flusso di notifiche, in cui si accumulano messaggi in chat aziendale, email, calendar, telefonate e a cui si aggiungono anche messaggi che riguardano la sfera privata o notifiche sui social network. Se da un lato questo aumenta il livello di cortisolo nel sangue e quindi fa bene all’umore e all’autostima, dall’altro, illudendoci di essere multitasking, ci rende costantemente distratti e stanchi: dopo ogni interruzione, infatti, il nostro cervello impiega circa venticinque minuti a concentrarsi di nuovo a pieno sull’attività in svolgimento.
E quindi come fare per avere collaboratori efficienti, nonostante il mondo digitale in cui siamo immersi?
Demonizzare la tecnologia non è una strada percorribile, sarebbe una lotta inutile e controproducente. La soluzione, come spesso accade, sta nel mezzo: l’obiettivo deve essere trovare un equilibrio che permetta di muoversi nel contesto digitale e tecnologico in maniera funzionale, senza che la salute mentale ne risenta.
La relazione tra benessere e tecnologia: il digital wellbeing
Dopo che, qualche anno fa, hanno iniziato a nascere iniziative (soprattutto in campo turistico) che promuovevano il digital detox, ovvero periodi in cui alle persone viene vietato di utilizzare i propri device digitali, ora si sta diffondendo un concetto più complesso e sfaccettato, ovvero quello di benessere digitale. Lo psicologo Paul Marsden, membro della sezione di cyberpsicologia della British psychological society, sul suo sito ha raccolto trentaquattro differenti definizioni di questo concetto, raccolte da importanti enti o studiosi. Quella che più spesso viene citata è la definizione data dall’UNESCO, secondo cui con digital wellbeing si intende “la valorizzazione e il miglioramento del benessere umano, a medio e lungo termine, attraverso l’utilizzo dei media digitali”.
LEGGI ANCHE: LA TRASFORMAZIONE DIGITALE È TRASFORMAZIONE UMANA: LE SKILL DA SVILUPPARE IN UN MONDO CHE NON SMETTE DI CAMBIARE
Un principio di cui riconoscono il valore anche le organizzazioni che hanno un grande impatto sulla nostra vita digitale, come ad esempio Google, che non solo sostiene che la tecnologia debba essere uno strumento per semplificare le vite delle persone e non una fonte di distrazione, ma ha anche inserito sulla piattaforma Google Digital Training un breve corso specifico sul Digital Wellbeing.
Come afferma Mariek M. P. Vanden Abeele nel suo studio del 2020 e riassunto nell’articolo Digital Wellbeing as a Dynamic Construct, quando un’azienda decide di investire su una tecnologia da mettere a disposizione dei dipendenti, deve tenere presente due fattori:
- la sfera individuale: la tecnologia ha delle conseguenze sul modo in cui le persone gestiscono lo stress, la noia e la preoccupazione, quindi è importante comprendere i benefici positivi e gli eventuali aspetti negativi delle attività digitali, ed essere capaci di gestirli e controllarli
- il contesto: non c’è una tecnologia giusta o sbagliata di per sé, ma ogni supporto o software digitale deve essere progettato e realizzato tenendo conto delle esigenze specifiche di ciascuna azienda.
Costruire una relazione sana tra la propria azienda e la tecnologia è quindi un metodo per ridurre quindi i livelli di stress dei dipendenti, ma soprattutto può essere efficace per aumentare la produttività: diversi studi, tra cui uno proveniente dall’Università della California, provano come il mito del multitasking sia in realtà fallimentare e come le continue interruzioni, date anche dalle notifiche, ci rendano in realtà più distratti e quindi aumentino le possibilità di errore.
Ma c’è anche un altro aspetto che vale la pena sottolineare quando si parla di un uso più consapevole della tecnologia che è l’impatto ambientale.
Overload di notifiche e impatto ambientale
Quando pensiamo agli effetti della tecnologia sull’ambiente, molto spesso ci si sofferma, giustamente, sulla dismissione di computer e telefoni e sull’importanza di acquistare device ricondizionati e non sempre nuovi (nel mondo di sono 29.964 tonnellate di rifiuti derivanti dai telefonini). Un pensiero giusto, ma che va accompagnato anche da un’altra domanda: qual è il costo ambientale delle nostre abitudini digitali?
Il problema infatti non sono solo i rifiuti fisici: ogni notifica, ogni giga di dati utilizzato ha un impatto sull’ambiente.
Secondo i report AGCOM, tra il 2016 e il 2020 il traffico dati è aumentato del 52,7% con un traffico medio per utente di 9.47GB al mese (+441% rispetto al 2016): un aumento esponenziale che è causa di un altrettanto notevole dispendio di energia e quindi della generazione di emissioni di CO2. Per dare un’idea più chiara di quanto le nostre abitudini digitali impattino sull’ambiente, la filiale italiana di Papernest, startup francese fondata nel 2015 e parte della French Tech 120, ha creato un tool con cui ognuno può calcolare quanta CO2 emette con uno smartphone in mano.
Dal punto di vista di un’azienda, se si moltiplicano le emissioni di una persona per il numero totale di collaboratori, si fa in fretta a mettere in luce quanto inconsapevolmente le organizzazioni possono impattare. Ma anche quanto, attraverso semplici accorgimenti, è possibile migliorare.
Obiettivi ESG e salute mentale
Adottare abitudini orientate al benessere digitale quindi, è positivo sia per la salute mentale di chi lavora che per l’ambiente. Significa diventare più sostenibili, un concetto da cui le aziende ormai non possono più prescindere.
Se si prendono come riferimento i parametri ESG (environment, society, governance), si può osservare come una maggiore consapevolezza digitale può aiutare a raggiungerli e di come sostenibilità e digital wellbeing siano strettamente collegati.
- Environment & digital wellbeing: l’overload di notifiche genera stress, distrazione e di conseguenza ha un effetto negativo sulla produttività, ma crea anche un dispendio di energia. Inviando un numero inferiore di messaggi non solo si tutela la salute dei dipendenti, ma si limita anche il quantitativo di emissioni di CO2
- Society & digital wellbeing: creare un ambiente in cui la tecnologia viene utilizzata con più consapevolezza significa promuovere un luogo di lavoro in cui le relazioni personali hanno un’importanza maggiore, in cui è più facile ascoltare e farsi ascoltare senza distrazioni
- Governance & digital wellbeing: la tecnologia deve essere uno strumento per semplificare la vita, anche quella lavorativa. Imparare come utilizzarla nel modo giusto e per gli scopi giusti ha degli effetti positivi anche sulle performance aziendali.
LEGGI ANCHE: GREEN SHIFT – FARE BENE, FACENDO BENE
Considerando quindi sia l’attenzione alla salute mentale, diventata prioritaria con l’emergenza da stress che stiamo vivendo a livello globale, sia la tutela dell’ambiente, è evidente come sia importante diffondere una consapevolezza e una cultura riguardo al benessere digitale. Anche attraverso percorsi di Coaching dedicati, è possibile migliorare le performance dell’azienda mettendo in atto piccoli cambiamenti alle abitudini in ufficio, come l’introduzione di “no fly zone”, ovvero orari in cui non si mandano email e non si inviano messaggi per permettere a tutti di concentrarsi, limitare le videochiamate per evitare la cosiddetta “zoom fatigue” e fare formazione sull’uso corretto di workplace digitali: gli effetti positivi saranno molteplici, da una migliore gestione del tempo, alla diminuzione dei casi di burnout e, soprattutto, a una tutela maggiore dell’ambiente che ci circonda.