L’espressione “cultura del feedback” sta diventando sempre più ricorrente all’interno delle organizzazioni, ma siamo in grado di metterla in pratica davvero? È molto più complesso di quanto sembri, anche per una serie di falsi miti che il feedback si porta con sé nella nostra cultura. In più, parlare solo di feedback è riduttivo se si vuole dare ai collaboratori la possibilità di crescere e sviluppare il proprio talento: ed è qui che interviene il feedforward, uno strumento nettamente meno conosciuto. Ma quali sono i vantaggi di dare (e ricevere) dei buoni feedback e feedforward?
Quando si cerca di capire il significato di un termine, risalire alla sua etimologia può essere utile per svelarne il valore più intrinseco, facendo percepire in maniera ancora più forte, magari attraverso un’immagine mentale, perché quella data parola può nascondere al suo interno qualcosa di prezioso.
È proprio il caso del nome di due strumenti che, per quanto spesso poco noti e usati nei contesti lavorativi, sono in realtà fondamentali per sviluppare il potenziale dei singoli collaboratori e, di conseguenza, del team: feedback e feedforward. Prima di descrivere nello specifico che cosa sono, proviamo a soffermarci sulla parte della parola che li accomuna, ovvero quella iniziale, il verbo inglese to feed, nutrire. Che sia rivolto indietro (back) o in avanti (forward), quello che entrambi questi strumenti fanno è nutrire, alimentare, non solo la persona, ma anche l’organizzazione per cui lavora. Attraverso feedback e feedforward, quindi, si danno delle informazioni preziose che sono cibo per la crescita e che proprio come i nutrienti migliori hanno la funzione di costruire e sviluppare l’autocoscienza e la percezione di come si appare agli altri. Se ben gestiti, quindi, possono essere uno strumento di crescita per l’intero sistema organizzativo.
Cosa differenzia feedback e feedforward e perché è così difficile darli
Partiamo dal feedback.
Dare un feedback significa comunicare a una persona un’osservazione sui suoi comportamenti, sulle performance, sull’efficacia al lavoro, sul modo di relazionarsi con gli altri. Quindi significa imparare dall’agito e dare la possibilità di “aggiustare il tiro” su alcuni aspetti che si sono già verificati per migliorare e crescere.
Il feedforward, invece, ha una prospettiva diversa ed è quella per cui la componente del verbo to feed diventa ancora più rilevante. Con il feedforward, infatti, vengono affrontate le aspettative future per la performance della persona. Per sviluppare a pieno la potenzialità di questo strumento bisogna effettuare un passaggio, ovvero trasformare la prospettiva da individuale a collettiva. Chi lo dà chiede: “che cosa possiamo fare insieme per farti migliorare? Come posso aiutarti?” ed è da questo mindset collaborativo che si fa nascere il vero nutrimento, creando un commitment collettivo. Lo sguardo qui è quindi rivolto al futuro, alla crescita olistica della persona come singola e della sua professionalità all’interno dell’azienda, perché non tiene in considerazione solo ciò che è stato fatto in passato per valutare il presente, ma lavora soprattutto sul presente per realizzare ciò che sarà.
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In entrambi i casi si tratta di un lavoro di estrema importanza, ma tutt’altro che semplice. E a renderlo ancora più complesso ci sono alcuni “falsi miti” da cui bisogna guardarsi:
- il feedback è una critica: molto spesso, in azienda, quando si dice “ti do un feedback” questo si trasforma in “ti dico una cosa che hai fatto che non mi è piaciuta”. In situazioni di questo tipo, però, quello che viene veicolato è un giudizio, un’opinione che può essere presa sul personale e generare malumori anziché valore. Il feedback, invece, nasce dall’osservazione costante e attenta e fa riferimento ai comportamenti intrapresi in relazione al task svolto: non parla della persona, ma mette in luce come la persona ha gestito l’attività, come si è relazionata con gli altri. Ben diverso dal limitarsi a dividere il giusto dallo sbagliato. È importante quindi, quando si dà un feedback, mettere in atto alcune skill come l’ascolto, la comunicazione interpersonale e l’intelligenza emotiva: è opportuno scegliere un momento e un luogo adeguati e anche fare caso a come ci si sta ponendo, alla comunicazione non verbale, che può aiutare a recepire il messaggio come costruttivo e non infastidire.
- il feedback viene dato dal capo al sottoposto: immaginare il feedback come qualcosa di gerarchico, che va solo dall’alto verso il basso, contribuisce alla creazione di un ambiente lavorativo che non viene percepito come libero, in cui non si può esprimere in sicurezza il proprio parere. Questa idea, infatti, crea un muro invalicabile che lascia lo spazio solo per indicare ciò che non va in chi sta “subendo” il feedback. In un’organizzazione efficiente, invece, la possibilità di dare feedback deve essere trasversale e transgerarchica: anche il percepito di una persona che è in azienda da poco, se tenuto in considerazione e ascoltato sia da persone dello stesso livello che di un livello più alto, può creare valore.
- il feedback è unilaterale: la caratteristica principale di un buon feedback sta proprio nel suo essere dialogico. Il dialogo è al centro dello scambio ed è utile a costruire insieme le aree di miglioramento. Tra chi dà e chi riceve il feedback si deve instaurare un rapporto di alleanza: una relazione che mette in una situazione di co-pensiero, da cui può nascere la creatività giusta per sviluppare nuove soluzioni per “fare meglio insieme”, ovvero il feedforward. Non c’è un colpevole, ci sono le responsabilità di tutti che tutti si impegnano a prendersi.
- il feedback è uguale per tutti: c’è un altro fattore che va tenuto in considerazione quando si dà (o si riceve) un feedback ed è quello culturale. Il feedback, infatti, non viene strutturato allo stesso modo in ogni parte del mondo, ma cambia sulla base dell’approccio che ogni cultura ha, inconsapevolmente, assimilato. Questo assume ancora più importanza in contesti internazionali, che sono sempre più diffusi e sempre più variegati. Per esempio, gli Americani tendono a dare il feedback “a sandwich”, ovvero inserendo un commento negativo tra tre o quattro molto (molto) positivi; al contrario gli Europei tendono ad essere più diretti e severi, andando dritti al punto. Questo può creare delle incomprensioni, facendo risultare ipocriti gli uni o scortesi gli altri. Per questo prima del momento di feedback può dare benefici analizzare il contesto da cui provengono i partecipanti e adeguare il proprio comportamento in modo da evitare fraintendimenti.
- feedback? non ho tempo: è un grande classico nelle organizzazioni. Il tempo è poco, le cose da fare tante e momenti di confronto come quelli del feedback rischiano di essere meno prioritari rispetto al resto. Certo, il feedback richiede tempo, riflessione, attenzione, ma sono tutti sforzi che vengono ripagati. Riuscire a gestire e calendarizzare periodicamente il feedback è utile ad avere sempre sotto controllo ciò che succede, anche a livello emotivo, nel team e a tracciare una strada comune su cui proseguire.
- feedforward, questo sconosciuto: spesso nelle aziende si parla di prospettive di crescita, ma altrettanto spesso restano qualcosa di aleatorio. Ci si concentra su ciò che si è fatto, sul presente (“intanto facciamo così”) e per quello che verrà dopo ci sarà tempo e modo di discutere: il feedforward è lo spazio protetto in cui, al contrario, si riflette su come stanno le cose e si cerca di metterle in prospettiva per il futuro, provando a capire le esigenze e le aspettative di chi lo sta ricevendo. La domanda che chi dà il feedforward deve porre è “cosa posso fare per farti crescere? Come posso aiutarti a fare meglio la prossima volta?”: in questa prospettiva il passato occuperà minore spazio della conversazione, mentre maggior parte del tempo sarà dedicato all’evoluzione, al percorso che il singolo potrà svolgere all’interno della squadra, per dare fiducia e visione a una relazione di lungo termine.

Feedback e feedforward: a richiederli di più sono i giovani
Dall’osservazione che facciamo tutti i giorni sui percorsi con i nostri Coachee, appare evidente che sono soprattutto le persone appartenenti alla Gen X (Millennials) e Gen Z a richiedere momenti di feedback e feedforward costanti, anche con una fluidità e una frequenza che può arrivare ad essere mensile, settimanale o addirittura quotidiana e non un appuntamento annuale. Per le generazioni più giovani, infatti, cresciute in un momento storico in cui il mondo del lavoro è caratterizzato da incertezza e mutevolezza, è importante avere coscienza del proprio percorso, di come si può sviluppare e di quali sono le aree su cui si può lavorare per raggiungere i propri obiettivi. Inoltre, rispetto alle generazioni precedenti, sono più disposti a riflettere su se stessi, ad adattarsi ad eventuali cambiamenti e a valutare il proprio futuro su una base temporale più a medio-breve termine rispetto a chi li ha preceduti.
La richiesta di tempo che, come abbiamo visto, è necessario per un accurato feedback e feedforward può causare degli attriti tra giovani risorse e Senior Manager, ma soddisfare questa esigenza può concorrere a tracciare percorsi di carriera più chiari, aumentare il coinvolgimento e soprattutto andare a sviluppare davvero il potenziale della persona e di conseguenza dell’organizzazione che in situazioni contrarie potrebbe restare inespresso.
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Il valore di feedback e feedforward
Ma non sono solo i giovani a trarre beneficio dell’utilizzo attivo di feedback e feedforward. La maggior parte delle organizzazioni oggi vive un momento di acuta trasformazione perché il mercato richiede risposte veloci e una capacità d’agire che colga l’attimo attraverso comportamenti nuovi. In questo scenario, interpretare un ruolo organizzativo vuol dire mettere a fuoco il bisogno di ciascun momento e la maniera costruttiva di rispondere alle richieste espresse ed inespresse degli interlocutori. Lo spazio dialogico del feedback-feedforward diventa il luogo in cui creare conoscenza e consapevolezza su come agire in un momento specifico per creare valore.
La relazione tra Manager e collaboratori, come qualunque tipo di relazione, va nutrita e feedback e feedforward sono il cibo necessario per mantenere un rapporto sano e duraturo. Il messaggio che passa quando un’organizzazione si ritaglia del tempo per ascoltare, confrontarsi e comunicare con chi è al suo interno è che l’organizzazione stessa dà valore alle persone, le vede, dà loro attenzione.
Semplicemente c’è per loro e dimostra che ci sarà anche in futuro, fornendo una prospettiva di crescita e sviluppo del potenziale.