Leadership e cambiamento: una questione di stile e un percorso per step

Come riuscire, nel concreto, a portare abitudini nuove all’interno di un’organizzazione? Per Manager e C-level la gestione del cambiamento è una delle sfide più intense nel mondo del lavoro di oggi, ma ci sono degli approcci di stile di leadership che, applicati al metodo di Behavioural Design, possono aiutare a raggiungere il risultato.

Il cambiamento, soprattutto a livello aziendale, ha una caratteristica: non può essere imposto. La decisione top down, senza una spiegazione, senza un’attenzione nei confronti di chi dovrà cambiare le sue abitudini, rischia di rivelarsi del tutto fallimentare, causando scontento e facendo scendere il livello di coinvolgimento dei collaboratori verso l’organizzazione e ciò che rappresenta.

Il cambiamento è un processo da realizzare insieme e questo comporta, da parte di Manager e C-level, l’applicazione di uno stile di leadership che sia rivolto proprio all’allenamento dell’adattabilità, per adeguarsi in maniera efficace alle nuove abitudini.

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Leader o ninja?

Nel suo libro Il metodo Tiny Habits, la rivoluzione a piccoli passi, BJ Fogg codifica due diversi approcci che possono facilitare il cambiamento collettivo, ed entrambi possono essere applicati da chi occupa le posizioni gerarchiche più alte nei momenti di evoluzione dell’organizzazione: il leader e il ninja.

L’approccio del leader è più esplicito, manifesto e diretto: è il metodo di chi si assume il titolo di guida del cambiamento e decide di fare da esempio per tutto il team. Chi segue questa modalità dovrà innanzitutto aver appreso il significato e le dinamiche che il cambiamento suggerito comporta e avrà il compito di metterle in pratica con gli altri, mostrandone la facilità, i vantaggi e gli effetti positivi; sarà coinvolgente e spronerà anche le altre persone del team a seguire le sue proposte. La condivisione di valori e indicazioni diventa fondamentale, così come anche la richiesta di feedback, la verifica di se e come le indicazioni date vengono effettivamente portate avanti e la disposizione ad accogliere suggerimenti per migliorare le procedure in fase di innovazione.

Il ninja invece usa un metodo più silenzioso, ma che allo stesso tempo non può passare inosservato. Il suo approccio sembra seguire la regola narrativa dello “show not tell”, e quindi mostra in prima persona il percorso da tracciare, mettendo in pratica le nuove abitudini, ma senza dire niente. Le persone che lo circondano però noteranno questo cambiamento, saranno spinte a chiedere di più e a emularlo in maniera automatica. Le competenze su cui farà affidamento sono l’empatia, l’ascolto attivo e la capacità di visione, che permettono di capire quali sono il momento e il modo giusto per iniziare a mostrare.

Quello che accomuna questi due approcci, secondo Fogg, è che sono entrambi validi ed efficaci: la scelta dell’uno o dell’altro dipende esclusivamente dalle caratteristiche del Manager, che può decidere sulla base di quali sono le sue attitudini personali, e del team, considerando le caratteristiche delle persone che lo compongono e quale delle due strade possa avere più presa.

I 7 passi per pianificare un cambiamento di gruppo

Il report 2022 di Assochange, l’associazione italiana di Change Management, ci dimostra che la capacità di coinvolgimento sia l’elemento più determinante per la riuscita (61%) o il fallimento (22%) di un processo di cambiamento.  

Avere un metodo che punti su questo aspetto è quindi fondamentale.

 Il testo di BJ Fogg elabora un percorso, da seguire indipendentemente dal fatto che si scelga un approccio ninja o leader, composto da tre fasi (selezione, pianificazione e implementazione), divise a loro volta in passi, per un totale di sette. In ogni fase ci sono delle competenze che il Manager, che sia leader o ninja, dovrà mettere in atto, seppur in maniera leggermente diversa. 

La fase della selezione è quella in cui si comincia a comunicare il cambiamento che si vuole realizzare e si delinea il metodo migliore per raggiungere l’obiettivo. I passi corrispondenti sono:

1.Chiarire l’aspirazione: il primo passo del “progetto cambiamento” è definire, prima a livello personale per i Manager e poi sulla dimensione collettiva del team, qual è l’obiettivo che si vuole raggiungere. Le competenze da mettere in atto in questo primo step sono quelle della gestione del sé e della comunicazione interpersonale: il leader sarà più esplicito e direttivo, il ninja invece tenderà a porre la questione più facendo domande che dando indicazioni.

2. Esplorare le opzioni comportamentali: una volta stabilito il “cosa”, bisogna definire il “come”. In questo caso il “come” corrisponde ai comportamenti da modificare per raggiungere l’obiettivo collettivo. Nel secondo step diventano fondamentali l’ascolto, la capacità di gestire e coinvolgere il team e la capacità di organizzare sessioni di brainstorming durante il quale tutte le persone coinvolte hanno la possibilità di esplicitare la propria idea. Leader e ninja potranno strutturare il brainstorming con attività diverse, sulla base di quanto vorranno rendere la loro figura il perno delle attività o quanto invece vorranno spingere sull’aspetto collaborativo.

3. Individuare comportamenti d’oro insieme al gruppo: dopo aver creato una lista di comportamenti potenziali, bisogna selezionare quali sono quelli che davvero si possono mettere in pratica, i “comportamenti d’oro”, che devono essere caratterizzati da forte impatto, facilità di esecuzione e alta motivazione. Uno step in cui sono fondamentali l’empatia e la capacità di dare/ricevere feedback, per capire le motivazioni delle persone coinvolte, quali possono essere gli elementi che le spingono all’azione (e a continuare ad agire) e quali invece quelli che generano resistenza.

Si arriva poi alla fase della pianificazione, quella in cui si inizia davvero a mettere in atto il cambiamento. Qui i passaggi sono:

4. Cominciare in piccolo: le iniziali azioni nuove, che siano una tantum o da reiterare è importante che siano facili e semplici. Aiutare il team a tracciare un lungo cambiamento fatto di passi piccoli e che comportano poca fatica rende meno restii a intraprendere nuove abitudini. In questa fase di messa a terra, è importante che il Manager mantenga il polso emotivo delle persone coinvolte e verifichi quali sono gli ostacoli che si presentano: nel caso del leader porrà domande dirette, in quello del ninja, invece, dovrà trovare dei modi più informali ma sistematici per individuare ciò che impedisce il verificarsi del comportamento desiderato.

5. Trovare l’innesco più efficace: l’innesco, ovvero l’elemento che spinge a modificare un’abitudine, può essere personale (quindi derivare da un obiettivo che ci si dà), ambientale (derivante da un fattore esterno da sé) o derivante da un’azione. La sfida del Manager consiste nel trovare l’innesco più giusto in base al gruppo con cui collabora. Che si usi l’approccio leader o ninja, un buon metodo per trovarlo potrebbe essere quello della domanda diretta, come ad esempio chiedere quale potrebbe essere un promemoria efficace per reiterare l’azione richiesta. La differenza tra i due approcci potrebbe risiedere nel modo in cui il Manager verifica che l’azione venga eseguita e nell’indagare i motivi per cui non viene eseguita.

Terza fase: implementazione. È il momento in cui si mettono in atto i comportamenti stabiliti e si fa in modo che questi vadano a rafforzare l’abitudine, anche a livello emotivo, in modo che possa essere reiterata. Gli step corrispondenti sono:

6. Celebrare ogni successo: che sia un’azione da ripetere o da compiere una volta sola, un Manager che riconosce lo sforzo fatto dai collaboratori contribuisce ad aumentare la soddisfazione e il senso di appartenenza al team. Anche in questo caso è centrale il feedback: quando viene dato da una persona che occupa posizioni gerarchiche alte, il senso di gratificazione ha un impatto tanto forte da essere il motore della trasformazione. Questo facilita il passaggio da azione singola ad abitudine. L’elemento che non deve mai essere dimenticato è il significato che si attribuisce al termine “successo”: una parola che necessita di una ridefinizione perché va affrontata in termini di processo, non di risultati immediati. In quest’ottica, una celebrazione piccola ma costante (più esplicita da parte del leader, più pacata da parte del ninja) acquisisce importanza al compimento di ogni piccolo passaggio che avvicina alla rivoluzione che si vuole apportare.

7. Rettificare, ripetere, espandere insieme: il cambiamento è come un paio di scarpe, bisogna provare vari modelli prima di trovare quello giusto. Questo paragone è utile perché abbassa le pretese del dover trovare al primo colpo la strada da seguire. Come abbiamo detto, il cambiamento è un processo, e questo implica che sia del tutto in divenire: si può aggiustare il tiro lungo il cammino, e magari anche accorgersi che ciò che si è fatto fino a quel momento non va bene. Ma la scoperta di una strada sbagliata è un avvicinarsi alla strada giusta. Per i Manager, ad ogni aggiustamento sarà necessario rivalutare innesco, abilità e motivazione delle persone con cui collabora fino a trovare la soluzione più adatta. L’importante è che questo lavoro venga fatto insieme.

Dai sette step di BJ Fogg, possiamo notare come più di tutto le competenze necessarie siano quelle relazionali: comunicazione, ascolto, empatia sono elementi senza i quali diventa molto difficile portare a termine in maniera efficace un processo di cambiamento.