Negli ultimi anni diverse aziende in tutto il mondo, soprattutto colossi di multinazionali del settore del tech e del finance, hanno dovuto affrontare quello che per molti dipendenti rappresenta la paura più grande: tagli massivi del personale. Queste situazioni critiche possono portare a due scenari opposti: da un lato, un danno di immagine per l’azienda e un forte scontento sia da parte di chi va via che di chi resta; dall’altro un senso di gratitudine da parte di chi va via, con un rafforzamento della reputazione all’esterno e dei legami con le persone all’interno. La differenza tra le due opzioni la fanno due elementi principali: la comunicazione e il rispetto del portato emotivo delle persone.La differenza tra le due opzioni, oltre che la possibilità di una buona uscita, la fanno due elementi principali: la comunicazione e il rispetto del portato emotivo delle persone.
224.503 persone: secondo il report di layoffs.fyi è il numero dei dipendenti che nel mondo, nel corso del 2023, ha subito un licenziamento massivo, solo nel settore delle big tech. Una cifra altissima di lavoratori a diversi livelli di specializzazione e di gerarchia che in breve tempo, se non addirittura, nei casi più spiacevoli, da un giorno all’altro, ha dovuto dire addio al posto che magari occupava da anni.
I motivi che hanno spinto colossi dentro e fuori la Silicon Valley ad attuare quelli che si definiscono massive layoffs sono molto vari, ma l’obiettivo con cui sono stati fatti era lo stesso per tutti: mantenere l’azienda in vita. Proprio come le piante, infatti, anche le organizzazioni possono aver bisogno di una potatura importante, utile per riuscire a tornare floride e fiorenti nei mesi o negli anni seguenti; e proprio come le piante, anche nelle organizzazioni il modo in cui la potatura viene eseguita può segnare la linea distintiva tra una pianta che tornerà a fiorire e una che, invece, è destinata a fare molta più fatica a ricrescere.
A tracciare questo confine è il modo in cui l’azienda gestisce la situazione di crisi, il modo in cui si relaziona tanto al suo interno, con chi deve andare via e chi invece può restare a occupare il suo posto, quanto all’esterno, con stakeholder, clienti e attraverso iniziative di PR. Una fase di licenziamento di massa, infatti, è un momento in cui entrano in gioco emozioni che fanno scaturire comportamenti diversi, a vari livelli: essere consapevoli del portato emotivo di questa situazione permette di delineare un piano di azione attento alle persone, facendo in modo che non si sentano abbandonate in un momento di cambiamento forzato e non denuncino all’esterno (dentro e fuori dai social) una cattiva gestione di questa fase, facendo perdere credibilità all’azienda.
Ci sono delle competenze che è necessario quindi mettere in azione e trasformare in comportamenti osservabili nei confronti delle persone che lasciano l’azienda, tra cui ascolto, comunicazione interpersonale e intelligenza emotiva.
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Communication matters: licenziare non è bello, ma può essere umano
Tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023 le aziende hanno imparato una cosa sui licenziamenti di massa: come non si fa. È stato emblematico, infatti, il caso di Twitter (ormai X), che con l’arrivo di Elon Musk ha lasciato a casa migliaia di persone con un’email, senza alcun tipo di preavviso. Una mossa che oltre a causare scontento, ansia e delusione tra i dipendenti, ha anche provocato un danno di immagine notevole all’azienda.
I licenziamenti hanno un impatto emotivo fortissimo e per questo vanno trattati con delicatezza: è importante dimostrarsi comprensivi nei confronti di chi viene mandato via, parlare con chiarezza ed essere disponibili a rispondere a tutte le domande del caso.
L’essenza in questa fase, quindi, è la comunicazione: autentica, possibilmente face-to-face, con pochi giri di parole e, per quanto possibile, supportiva.
I concetti chiave per gestire comunicativamente la situazione possono sembrare semplici, ma le notizie dell’ultimo anno e mezzo dimostrano che non sono affatto scontati:
- preparazione: per affrontare efficacemente un processo di licenziamenti di massa è necessario organizzare non solo ciò che si dirà ai dipendenti, ma anche come lo si dirà. Questo significa che il Management, in prima persona, deve avere ben presente i motivi alla base della decisione, i criteri con cui sono state scelte le persone coinvolte, le tempistiche. Partendo da questa consapevolezza, si può creare una strategia di comunicazione dentro e fuori l’azienda.
- chiarezza: una comunicazione precisa e puntuale evita il sorgere di dubbi, malcontenti o voci che portano a teorie lontane dalle realtà. In queste occasioni, quindi, è opportuno evitare giri di parole o tecniche per indorare la pillola, ma usare termini specifici, inseriti nel contesto fattuale. Meglio anche spiegare come si è arrivati a questa decisione e quali sono state tutte le alternative vagliate.
- privacy: non c’è una reazione univoca alla comunicazione di tagli del personale. C’è chi si arrabbia, chi piange, che si spaventa o chi sul momento, almeno in apparenza, non reagisce affatto. Ognuno però deve sentirsi libero di poter esprimere la propria emozione, di fare domande personali e riferimenti alla propria specifica situazione. Per questo è meglio evitare comunicazioni di gruppo, ma fare colloqui one-to-one (anche da remoto per chi non è in sede), nel rispetto della privacy di tutte le persone coinvolte.
- ascolto e confronto: le persone, a qualunque livello gerarchico, avranno dubbi e necessiteranno di spiegazioni ulteriori. Avere il Management a disposizione per chiarimenti, anche a seguito della comunicazione di licenziamento, fa sentire le persone rispettate e il lavoro svolto fino a quel momento degno di valore.
- supporto: una cattiva notizia resta una cattiva notizia, anche se data bene, questo è indubbio. Ma il modo, come dicevamo prima, può cambiare tutto. Mantenersi professionali non impedisce di dimostrare supporto, anche in termini concreti, magari aiutando a trovare un nuovo lavoro o offrendo i propri contatti. Se si dimostra attenzione nei confronti delle emozioni e della vita degli altri, le persone lo riconoscono e trasmettono la loro gratitudine anche all’esterno: rendere una situazione spiacevole il più umana possibile può così trasformarsi in un accrescimento dell’affetto e della reputazione dell’azienda.
Differenze culturali: un aspetto da tenere in considerazione
Che si tratti di realtà multinazionali o più piccole, sempre di più le aziende vedono la coesistenza di persone di provenienza e cultura differente. Queste diversità vanno tenute in considerazione nei processi comunicativi, soprattutto quando si verificano situazioni delicate, come appunto può essere quella di un licenziamento di massa.
Nel suo libro The Culture Map, Erin Meyer evidenzia come l’interazione tra persone che provengono da culture differenti necessiti innanzitutto di una consapevolezza di queste diversità e poi di un’attenzione maggiore nel modo in cui si dicono le cose.
Meyer, ad esempio, spiega che esistono due tipologie di culture: ad alto contesto e a basso contesto. Quelle ad alto contesto, come possono essere quella europea o giapponese, si esprimono attraverso messaggi impliciti, da leggere tra le righe e da interpretare correttamente; quelle a basso contesto, come la cultura americana ad esempio, al contrario sono basate sulla ripetizione, la chiarezza e la schiettezza. Sottostimare la declinazione del linguaggio in base alla persona che si ha davanti può causare delle incomprensioni o far sospettare che ci sia un non detto o un secondo fine in chi parla.
Inoltre, c’è da considerare anche il sistema di valori della cultura di cui le persone fanno parte: restando nella situazione del licenziamento di massa, la reazione di un italiano può essere molto più profonda rispetto a quella di un americano. La cultura americana, infatti, ha molto più interiorizzato il concetto di fallimento, di flessibilità, di cambiamento, motivo per cui un licenziamento potrebbe non essere percepito come qualcosa di particolarmente grave, ma come un evento che può capitare. Culturalmente gli italiani invece non sono abituati a situazioni di questo genere e potrebbero avere delle reazioni più negative.
La conoscenza quindi delle emozioni, che possono agire sia a livello personale che culturale, è un aspetto fondamentale da considerare quando si organizza la comunicazione di un licenziamento di massa.
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Le emozioni di chi resta
Quando viene messo in atto un licenziamento massivo, è giusto occuparsi di chi andrà via, ma anche di chi resterà al suo posto: esiste infatti una layoff anxiety, ovvero la paura, provata da chi è sopravvissuto a un licenziamento in azienda, di essere il prossimo, che si somma all’ansia della quantità di lavoro che potrebbe aumentare e alla tristezza per i colleghi, a cui magari si era legati, che sono stati mandati via. Questo può portare al deterioramento della cultura organizzativa, a una diminuzione dell’attaccamento al proprio posto di lavoro, della motivazione e anche, come risultato, della produttività.
Ma la comunicazione, anche in questo caso, può aiutare a ribaltare la medaglia: secondo il PwC’s Trust Survey del 2023 le fasi di riorganizzazione aziendale possono trasformarsi in momenti di ricostruzione della fiducia tra organizzazione e dipendenti. Per il 55% delle persone che hanno risposto allo studio, infatti, il problema non è tanto il licenziamento massivo in sé, quanto il modo in cui l’azienda lo gestisce, perché è questo aspetto che può minare il rapporto tra le due parti.
I rispondenti indicano che ciò che l’organizzazione può fare, nei confronti di chi resta, è:
- incoraggiare i Manager a incrementare la comunicazione con le persone rimanenti dei team (58%)
- essere completamente trasparenti riguardo alle ragioni dei licenziamenti e delle modalità di redistribuzione del lavoro (57%)
- organizzare riunioni per ribadire l’impegno dell’organizzazione nei confronti delle persone che rimangono (50%)
L’insegnamento da tenere a mente per il Management in questa fase è: ascoltare più di quanto si parla. Mantenere sempre aperta la comunicazione, dare spazio alle persone per esprimere i propri sentimenti e riconoscere il grande elefante nella stanza è un buon modo per placare le paure e ricreare le connessioni che i licenziamenti potrebbero avere interrotto.
Dall’altro lato, però, anche il Management stesso si potrebbe trovare in una situazione di poca chiarezza e provare la layoffs anxiety di cui si parlava prima: pure chi si trova in alto nella gerarchia, infatti, potrebbe essere vittima della situazione e ritrovarsi a dover gestire la propria incertezza personale, oltre che quella degli altri.
Per questo è importante sviluppare un’intelligenza collettiva nei momenti di crisi e ammettere che la situazione non è facile per nessuno. Nascondersi o dare prova di una presunta forza potrebbe dimostrarsi controproducente. Sviluppare un senso di responsabilità umana, stare vicino alle persone, tutti reciprocamente, può costituire un modo di attraversare la fase di crisi in maniera costruttiva.
“Quello che vedo nei Manager ed Executive che ho avuto la fortuna di seguire in questo passaggio è che a volte il senso di appartenenza verso l’azienda viene meno, ma le persone più mature dal punto di vista emotivo capiscono la responsabilità umana nei confronti della collettività e delle persone dell’organizzazione. Nei momenti di difficoltà è utile starsi vicini, se siamo tutti in pericolo, la gerarchia si azzera.”
Anja Puntari, Senior Business Coach e Partner di Performant
I vantaggi, oltre in termini di reputazione dell’azienda e di serenità dei dipendenti si possono contare anche in termini di business. Sempre lo studio di PwC, infatti, attesta che dopo dei massive layoffs ben gestiti, i dipendenti sono:
- fino a 9 volte più propensi a fare sforzi maggiori sul lavoro
- 2 volte più disposti ad adattarsi rapidamente ai cambiamenti
- 4 volte più attaccati al posto di lavoro
e si possono ridurre così ulteriori rischi di perdite di persone di valore per l’azienda o quiet quitters che hanno perso la motivazione.