Room for sustainability: i risultati raccontati dai visitatori della mostra

Da quando si è conclusa Room for Sustainability, la nostra intenzione di parlare, sia tra noi che con i nostri clienti, del significato della parola sostenibilità e di come attuarla in azienda non si è fermata. Anzi, siamo sempre più determinati a portare nel nuovo anno la spinta a creare ancora più occasioni di dialogo e crescita su questo tema. Anche perché è emersa con molta chiarezza una questione precisa: le organizzazioni sentono il bisogno della sostenibilità. Abbiamo chiesto ad alcune persone che hanno avuto l’occasione di visitare la mostra quali sono state le loro impressioni e che cosa, in qualche modo, “si sono portate a casa”. Ecco cosa ci hanno raccontato Marika Amantia, Responsabile Risorse Umane e Organizzazione di Fondazione Cariplo, Martino Bosetti, Head of Product Management di Free2Move e Antonella Fretta, Senior Director di Pfizer.

  • Che ricordo hai della mostra Room for Sustainability?

Marika Amantia: La mostra Room of Sustainability ha rappresentato per me uno spazio di riflessione e di ascolto, un luogo di partenza in cui opere, immagini e parole rappresentano l’inizio di un viaggio verso nuovi stimoli, sensazioni o verso la delicata bellezza di una riscoperta. Il tema della sostenibilità risulta critico, per cui coinvolgere in momenti di riflessione e di confronto sull’argomento ritengo sia una proposta di valore.

Martino Bosetti: Innanzitutto, l’argomento è molto importante e merita di essere trattato in profondità. La mostra era molto centrata rispetto a un bisogno della società e della persona ed è stata realizzata con un bel mix tra considerazioni di rigore scientifico, creatività e sensibilità artistica, mostrando da prospettive diverse i problemi proposti.

Antonella Fretta: L’allestimento della mostra: direi geniale, ha affrontato la “Sustainability”, un argomento entrato nel nostro quotidiano spesso senza una reale consapevolezza, in modo intelligente, creativo, stimolante e multidisciplinare. Inoltre è stata una mostra “interattiva”, nel senso che poneva domande, e la visita guidata di gruppo permetteva una discussione sulle tematiche presentate, creando la possibilità di un immediato approfondimento.

  • Qual è la stanza che ti ha coinvolto di più e perché?

MA: Ogni stanza conduceva a preziosi elementi di coinvolgimento, ma probabilmente quelle che mi hanno vista più coinvolta sono state la stanza Fix it, fix it, fix it e la stanza Cut out for inclusion. Nel primo caso per la riflessione che ci ha visto ingaggiati e dibattere insieme sui temi dell’iperconnessione e sulle sfide che ne derivano, la seconda per l’esperienza di far provare una prospettiva differente: senza inclusione non è possibile implementare modelli che siano sostenibili.

MB: La stanza sulla paternità. Vedendo il risultato e l’argomento trattato dalle persone il titolo Faint voices è molto azzeccato. È un argomento che passa troppo in secondo piano rispetto ad altri e che invece va affrontato perché è in atto un grosso cambio culturale su cosa significa essere padri e contemporaneamente lavorare. Mi è arrivata una ricchezza di argomentazioni, domande e indicazioni su cui si può agire. Mi è piaciuta molto anche l’installazione sui licheni: è interessante perché è un bell’esempio. Se uno è capace di captare i segni che la natura offre, si possono trovare soluzioni da imitare. Dà anche una spinta all’ottimismo.

AF: Cut out for inclusion, in modo semplice ha portato alla consapevolezza della diversity e di come siamo travolti dalla superficialità con cui spesso si affronta questa tematica. Diversity in relazione a sustainability, anche qui un’intuizione. Ho trovato anche molto stimolante la sala How to grow, i due poster sulle competenze ed emozioni della sostenibilità, molto interessanti.

  • Tenendo presente tutte le sfaccettature che abbiamo analizzato del termine sostenibilità, quale pensi sia l’aspetto su cui la tua azienda è più virtuosa? Su cosa invece potrebbe migliorare?

MA: La mostra consente una riflessione sul concetto di sostenibilità a 360°, ed è
interessante interrogarsi su quanto i differenti temi legati alla sostenibilità debbano essere tutti posti in una reale prospettiva di sostenibilità. Sono moltissimi gli argomenti su cui la Fondazione Cariplo costituisce un punto di riferimento in termini di sostenibilità: dalla realizzazione di progetti che pongono al centro il bene comune, la crescita delle persone e l’interesse collettivo fino al contrasto delle diseguaglianze e alla promozione della sostenibilità ambientale. Anche le politiche interne dedicate ai dipendenti di Fondazione Cariplo si basano su un concetto di sostenibilità, mantenendo un focus sulla persona e su un ottimale work-life balance e ponendosi in una prospettiva di wellbeing. La sostenibilità va tuttavia costantemente alimentata: al momento stiamo infatti lavorando, tra gli altri, sui temi relativi al benessere, nell’ottica di diventare un luogo di lavoro volto alla tutela e promozione della salute.

MB: La mia è un’azienda che permette tanta flessibilità dal punto di vista contrattuale, mette a disposizione strumenti che sono pensati per chi ha famiglia, come il family working, un welfare più alto per persone con figli a carico, flessibilità sia di orari che di location. Credo che il rischio, per le aziende tutte, non solo la mia, si crei nel momento in cui si cresce tanto: a quel punto ciò che rischia di diventare insostenibile è il carico di lavoro, il peso della performance a fine anno. Penso che questo sia un tema di sostenibilità su cui l’intero mondo del lavoro dovrebbe fare una riflessione.

AF: Sicuramente grande importanza è data, nell’azienda in cui lavoro, alla diversity, in tutti i suoi risvolti. Dopo aver visitato la mostra, ho avvertito il bisogno di approfondire le tematiche dei due poster sulle competenze e sulle emozioni, la sfida è capire come porle in relazione.

  • E invece pensando a te, come persona, quale comportamento pensi che questa mostra ti abbia spinto ad adottare?

MA: Sono una persona che ama molto osservare, ascoltare, comprendere nel profondo. Room for sustainability mi ha ricordato ancora una volta l’importanza di un ascolto attivo, per una comprensione profonda, necessaria per valutare comportamenti e implementare pratiche sostenibili.

MB: La mostra mi ha fatto riflettere sul tema del rapporto tra lavoro e tutti gli altri aspetti della vita. La persona è una, ma si esprime in diversi ambiti, quindi è necessario trovare un equilibrio con tutti i suoi aspetti, attraverso strumenti che possono essere applicati sia in contesti personali che lavorativi. È venuta naturale un’analogia con la sostenibilità: spesso si considera solo quella ambientale, mentre gli altri livelli vengono trascurati; invece il modo che abbiamo di trattare un aspetto dovrebbe riflettersi sugli altri e viceversa. In più c’è un comportamento pratico che mi ha portato a mettere in atto: condividere con persone (con cui ho relazioni sia professionali che personali) questo tema, aumentando così la diffusione.

AF: Mi ha spinta ancora di più a non lasciare mai l’approccio multidisciplinare: non si possono separare competenze ed emozioni. Riconoscere nella diversità, che può concretizzarsi con un approccio diverso, un’opinione diversa, è un’opportunità di crescita personale.